l'intervista

‘NetWar’, una lente d’ingrandimento su una guerra terribilmente social. Intervista a Michele Mezza

di |

Il titolo fissa l’argomento, e il sottotitolo ci informa del metodo. Net-War, in Ucraina il giornalismo ha cambiato la guerra ma la guerra sta cambiando i giornalisti, scritto per Donzelli editore da Michele Mezza. L'intervista.

Il titolo fissa l’argomento, e il sottotitolo ci informa del metodo. Net-War, in Ucraina il giornalismo ha cambiato la guerra ma la guerra sta cambiando i giornalisti, scritto per Donzelli editore da Michele Mezza che i nostri lettori conoscono da tempo, è un saggio  che usa proprio le categorie e i meccanismi dell’informazione per decifrare il conflitto militare. La guerra è un laboratorio multimediale dove si combatte per produrre notizie che affluiscono senza la necessità di mediatori..

Mezza del resto è un giornalista che oggi fa il sociologo, e non a caso guida una comunità digitale che si intitola Mediasenzamediatori.

Dopo una lunga professione alla Rai, dove per altro elaborò e realizzò il progetto di Rainews24, nel lontano 1999, allora la prima rete all news che si basava sul flusso di Internet, oggi insegna alla Federico II di Napoli epidemiologia sociale dei dati e degli algoritmi. Una materia inedita, dove appunto la cultura dei dati viene combinata con una visione sociale delle relazioni digitali.

Lo stesso metodo- i dati come rivelatori delle relazioni sociali- è applicato alla tragedia che è in scena in Ucraina.

Key4biz. Innanzitutto una notazione di linguaggio: un libro di guerra che inizia con una delicatissima poesia.

Michele Mezza. Proprio perché il libro parlando di informazione e modelli di giornalismo è costretto a misurarsi con il terribile evento in corso in Ucraina la poesia che apre l’introduzione, di quello straordinario giocoliere delle emozioni che era Gianni Rodari mi è sembrato un modo per ridare umanità anche a quella tragedia. La Luna di Kiev, scritta molti anni, come sempre con la poesia, concentra in poche parole proprio il messaggio di intensa umanità: la Luna di Kiev, dice il poeta, è la stessa Luna di Roma. E lo dobbiamo ricordare.

Key4biz. Mezza tu nelle molte citazioni che riporti nel libro  parli di una infoguerra, dove appunto, richiamando le parole di Hanna Arendt i fatti sembrano separati dalle fonti?

Infatti questa a me sembra la prima guerra in cui si producono fonti autentiche per inquinare i fatti. Pensiamo all’alluvionale flusso di filmati che ci mostrano in diretta scorci terribili dei ocmbattimenti. Ogni fotogrammo deve essere attentamente vagliato e misurato per comprenderne e certificarne l’autenticità. Lo stesso nelle ormai ocnsuete riprese satellitari che svelasno segreti che solo fino ad un paio di anni fa sarebbero sati riservatissimo patrimonio degli aqlti comandi militari. Insomma questa è una guerra che ormai che si combatte con le armi del giornalismo, e che sta cambiando appunto i giornalisti.

Key4biz. Cosa intendi per cambiamento dei giornalisti?

Se prendiamo in considerazione proprio le procedure  che sono in atto, io cito ad esempio gli illuminanti report dell’agenzia svizzera di ascolto e controllo dell’Informazione Melani, siamo ad un processo di convergenza fra giornalismo e cybersecurity. Oggi gli strumenti, i linguaggi, le forme organizzative , con cui si gestisce quella che il capo di stato maggiore russo ha chiamato Guerra Ibrida, sono esattamente quelli che utilizza un qualsiasi cronista: cloud, smartphone, riprese satellitari, video, foto istantanee, memorie e software editoriali. Oggi come giornalisti siamo contaminati da questi flussi di contenuti manomessi. E ci troviamo inevitabilmente a diventare noi stessi  logistica militare. Basta vedere quali materiali sono stati distribuiti da tv e giornali: per più dell’80% non erano prodotti dai giornalisti.

Key4biz. Dunque cosa fare ?

Come diceva gia Umberto Eco bisogna ridefinire l’informazione a partire da dove arriva e non da dove parte. Oggi i profili dei giornalisti, ma anche la FNSI, come sindacato dell’informazione, e lo stesso Ordine dei giornalisti, devono essre riclassificati a partire proprio dall’ambiente in cui arrivano i prodotti delle redazioni , cio è la rete. Saperi, competenze, pratiche  esperienze, ma anche diritti, contratti e istituzioni della categoria, devono essere calibrati sulle dialettiche della tecnologia, sulle nuove forme di interferenza sulle fonti. I giornalisti devono saper distinguere, riconoscere, leggere il flusso dei files in velocità La CNN diceva slow new no new. Oggi diciamo slow analysis no analysis . La velocità è un aspetto della militarizzazione del mercato delle informazioni e noi non possiamo essere subalterni. Dobbiamo adeguarci, come hanno fatto i giornali americani. Io cito lo straordinario libro dell’ex direttrice del new York Times, Jill Abramson Mercanti di verità che fa la cronaca di come le redazione delle grandi testate si sono trasformate, ricambiando il sangue, con centinaia di uscite e altrettante entrate. Andiamo e vedere i curriculum dei nuovi redattori, non so se in Italia li farebbero iscrivere all’albo dei professionisti.

Key4biz. Il tema della cybersecurity sia come forma di guerra con altri mezzi, potremmo dire, sia come ambiente complessivo che avvolge il giornalismo mi pare centrale come di mostra il contributo, in appendice di Pierguido Iezzi, ceo di una delle società più impegnate nell’analisi e contrasto agli attacchi digitali?

Io ringrazio Iezzi per il tempo che mi ha dedicato, in un momento in cui era sotto pressione proprio per le sue competenze, e soprattutto per l’autorevolezza dei dati che propone nel suo intervento. In quei numeri  diciamo che i miei ragionamenti diventano concreti e riconoscibili. Cito un solo dato che mi pare emblematico che ricavo proprio dalle tabelle della società di Iezzi: dal 24 febbraio, inizio della guerra, la compravendita dei profili di elettori italiani si è quadruplicata. La domanda è chi ha comprato e perché, e ancora, non possiamo non chiederci chi invece non è intervenuto, soprattutto alla viglia delle elezioni, per impedire questa scorreria nel sistema comunicativo italiano.

Key4biz. Infine tu fai anche una riflessione proprio sulla figura dell’inviato?

Io vedo emergere, insieme ovviamente alla persistenza di straordinari esempi di inviati tradizionali, profili che definisco di inviati-broker, che lavorano con i documento prodotti dalla rete, che organizzano dove arrivano micro centri di produzione, che raccolgono e selezionano i files. Vedo esempi davvero di valori in onda: giovanissimi colleghi e colleghe che da mesi, con nervi saldi e devo dire anche un coraggio fisico non comune.,, si spingono sui luoghi e cercano di capire, ma che sempre riescono a misurarsi con il brusio della rete.  Il valore aggiunto si determina quando un flusso di documenti che con il loro progredire avvalorano un fatto, pensiamo a cosa è successo a Bucha, dove prime alcune foto, poi le testimonianze sul terreno infine le immagini satellitari hanno tolto ogni dubbio sui massacri, e permettono alla testata di elaborare visioni e analisi complesse.

Questa è la via.

Key4biz. Chiudiamo con una nota importante: tu dedichi il tuo libro, a Julian Assange e a Anna Politoskaja...

Senza di loro, lo scrivo, non sapremmo quello che sappiamo. Non sapremmo molte cose del potere, e non sapremmo fare cose nuove per saperne di più. Assange ci ha spiegato che ormai la trasparenza è un valore in se, che riguarda, come spiega una storica sentenza della corte suprema americana, proprio i diritti degli governati e non i privilegi dei governanti. La Politoskaja ci aveva informato per tempo di cosa stava accadendo , pagando con la vita il suo essere giornalista. Tutti noi siamo migliori anche per questo.