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Netflix e la pandemia: uno strano modello di crescita

Contrordine: le cose per Netflix non sembrano andare più così bene, anche se, forse, per poco. Dopo il boom dei nuovi sottoscrittori nel primo semestre del 2020, i dati presentati per il terzo trimestre hanno deluso. La (purtroppo momentanea) fine della pandemia ha comportato una diminuzione della crescita di abbonati, anche se è prevedibile che la seconda ondata porterà a una nuova crescita di chi, rimasto a casa per i vari lockdown o coprifuochi, scopre il mondo della tv streaming con un abbonamento mensile.

Netflix: crescita di 15,8 milioni di abbonati

Nel primo trimestre Netflix ha fatto segnare una crescita di 15,8 milioni di abbonati a livello mondiale, nel secondo 10,1 milioni e nel terzo “solo” 2,2 milioni: un dato ancora inferiore rispetto a quello atteso (2,5 milioni). Le riaperture estive insomma hanno cambiato la dinamica dello streaming, ma Ted Sarandos, Co-CEO di Netflix, non si fascia la testa, dicendo di aver considerato la pandemia come un’opportunità momentanea e non un fattore su cui basare la propria crescita a lungo termine.

Anche perché secondo il businessman non è vero, come hanno sostenuto molti analisti, che i lockdown porteranno a un cambiamento permanente delle abitudini. «Sicuramente il desiderio dei consumatori di vedere film a casa è aumentato e siamo stati in grado di soddisfarlo. Ma ad un certo punto le sale riapriranno e la gente tornerà al cinema. Lo spero. Sono un grande fan e mi piace moltissimo andare al cinema». Se sia un sincero auspicio, mera diplomazia o addirittura scaramanzia non è dato sapere, ma vedendo i dati del contagio in Europa (incidentalmente, una delle frontiere dove le potenzialità di crescita per Netflix sono ancora oggi più alte) è molto probabile che l’azienda creata da Reed Hastings si troverà di fronte una nuova opportunità.

Netflix: troppo “content” o troppo poco?

Riguardo alla qualità dell’offerta, non aiuta il fatto che la pandemia rende difficile, e in qualche caso impossibile – basti pensare alle serie che di norma prevederebbero riprese con assembramenti in luoghi affollati: per fare un nome The Crown, tra incoronazioni, discorsi alla nazione e altri potenziali scene di massa – girare nuovi episodi, nuove stagioni o nuove serie tout court. Il catalogo di Netflix, così come quello degli altri servizi come Prime Video o TIMvision o NOW TV o così via, è pensato per un uso “normale” da parte degli spettatori: uno o due episodi in media alla sera, e non tutte le sere. Con la gente costretta in casa, con le cene al ristorante e le serate in discoteca sempre più impraticabili, il consumo aumenta e così il rischio di “bruciarsi” da parte di chi, grazie al binge watching (e alla voglia di dimenticarsi per qualche ora la situazione là fuori), magari finisce col digerire un’intera stagione in una settimana o anche meno. Esaurire il catalogo significa, ovviamente, stufarsi e disdire l’abbonamento: ecco perché per Netflix la fidelizzazione è importante almeno quanto la crescita dei nuovi sottoscrittori, e forse ancora di più. Per il 2021 sono previste la quarta stagione di Stranger Things, uno dei titoli di maggior successo della piattaforma, e la seconda di The Witcher. Ma ci sono stati anche molti tagli di serie, anche di alto profilo e molto apprezzate dalla critica, che non erano viste da abbastanza spettatori o erano troppo costose, come Glow (complicata da girare anche perché, essendo una serie sul wrestling femminili, impone contatti ravvicinati tra le attrici) e I Am Not Okay With This. Finanziariamente comprensibile – inutile spendere milioni di dollari per programmi che non rendono, soprattutto ora – ma a rischio di rendere ancora più striminzito il catalogo delle novità. I dati in ogni caso sono chiari: se nel 2015 una nuova serie su Netflix poteva sperare di durare 2,8 stagioni, il dato è sceso a 2,47 nel 2016, a 2,27 nel 2017 e a 1,80 nel 2018. E pensare che un tempo si potevano ordinare due stagioni di House of Cards senza nemmeno avere ancora un minuto di girato, figurarsi il dato sugli spettatori.

Una delle possibilità è che questa situazione, nel tentativo di mantenere un fatturato costante, si traduca in un aumento del costo di abbonamento, come è già successo in Italia e pochi giorni fa in Canada (su SOStariffe.it è sempre possibile trovare le offerte migliori per i servizi di tv in streaming). Secondo diversi analisti il prezzo di un servizio come Netflix è ancora al di sotto di quanto gli utenti sarebbero disposti a pagare, ma la situazione è anche diversa da qualche anno fa: ora l’azienda deve fare i conti con Amazon Prime Video, Disney+, Apple TV+, HBO Max e tutti i servizi che spuntano mese dopo mese per aggiudicarsi la propria fetta di spettatori e introiti.

Come si muove la concorrenza: il calcio

Un’altra grande incognita è quella degli sport professionistici, e questo in Italia vuol dire, ovviamente, il calcio in primo luogo. Al momento il campionato e le coppe europee continuano, anche se i positivi al coronavirus sono in continuo aumento e gli isolamenti causano situazioni assai complicate dal punto di vista giuridico e sanitario (come la partita tra Juventus e Napoli, vinta dai bianconeri 3-0 a tavolino per la mancata partecipazione dei partenopei, costretti a non partire dalla ASL dopo la positività di Zielinski). Molto, quindi, dipenderà dall’evolversi della situazione.

Di certo anche su questo punto la concorrenza non sta a guardare: è di pochi giorni fa la notizia che dalla prossima stagione sarà possibile guardare le migliori 16 partite del mercoledì sera di Champions League anche su Amazon Prime Video per il triennio 2021-2024. Un colpo non da poco per il colosso di Jeff Bezos, considerando che per molti tifosi 16 partite potrebbero essere più che sufficienti, tanto da poter disdire l’abbonamento a servizi che offrono tutto il torneo (come Sky Sport, in esclusiva, in Italia). Anche perché secondo le prime indiscrezioni le partite della massima competizione d’Europa non richiederanno costi aggiuntivi per la loro visione: basterà come sempre avere un abbonamento ad Amazon Prime, insieme a un’app per smart tv (o smartphone, o tablet) o all’Amazon Fire Stick. Ma con la situazione corrente, fare previsioni per il futuro è ancora più difficile del solito.

Fonti

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