La protesta

Net neutrality, scatta la protesta di Netflix & Co

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Domani negli USA giornata di protesta di Netflix & Co a difesa della net neutrality. Ma chi dovrebbe pagare i costi per il potenziamento delle infrastrutture?

Un centinaio di siti americani, guidati da Netflix, hanno lanciato una campagna di protesta a difesa della neutralità della rete.

Tra questi anche Microsoft, Google e anche Facebook, che si sono detti contrari a nuove disposizioni USA che aprano la via a linee più veloci solo per alcuni siti.

Domani sarà indetta una giornata ad hoc per opporsi al rischio, a loro dire, di un internet a due velocità.

A partire da mezzanotte sui loro siti comparirà il tradizionale simbolo circolare che compare agli utenti durante il caricamento di una pagina web o un contenuto dal loro browser o anche quando la visione di un video in streaming viene interrotta perché la connessione internet è troppo lenta.

Il simbolo non rallenterà effettivamente la prestazione dei siti coinvolti nella protesta ma dirotterà i visitatori verso una pagina web dove sarà possibile firmare una petizione a difesa della net neutrality.

Netflix ha pubblicato lunedì il link sul proprio account Twitter, invitando altre web company ad aderire alla campagna sostenuta anche da alcune associazioni dei consumatori come l’American Civil Liberties Union.

La questione sulla net neutrality è abbastanza complessa e accanto alle posizioni delle web company che offrono servizi in streaming, grandi divoratori di banda, ci sono quelle degli operatori tlc che premono perché anche i player di internet partecipino ai costi per il potenziamento delle infrastrutture.

Negli ultimi tempi Netflix, per garantire ai propri utenti una maggiore qualità dello streaming, ha stretto accordi con diversi operatori come AT&T, Verizon e Comcast.

Secondo recenti stime, il traffico generato da Netflix arriva, infatti, a rappresentare un terzo di tutto quello generato negli Usa. Ma non sempre la velocità garantita è adeguata ad assicurare immagini di qualità per via della congestione delle reti, sovraccariche proprio per la crescita del traffico generato dai servizi di streaming.

A marzo, Red Hastings si era apertamente schierato contro questo tipo di accordi e in un post sul blog ufficiale dell’azienda ne denunciava le conseguenze per la net neutrality, sottolineando altresì che i costi sarebbero ricaduti sui consumatori.

Piccata era stata la risposta di Jim Cicconi, Senior Executive Vice President-External e Legislative Affairs di AT&T secondo cui è corretto che Netflix e gli altri fornitori contenuti sostengano i costi sottostanti alla distribuzione dei loro film e di altri contenuti, con la qualità che desiderano e che i clienti chiedono.

“Non è giusto che Hastings chieda che gli Isp lo forniscano capacità senza alcuna spesa, gratis”, affermava Cicconi.

D’accordo con Jim Cicconi anche il presidente di ETNO, Luigi Gambardella. “Condivido che ci sia un equivoco di fondo nel dibattito sulla net neutrality“, aveva commentato Gambardella, precisando che “pur condividendo il principio di Open Internet, non posso accettarne l’interpretazione ‘free Internet, free lunch'”.

“Credo che anche in Europa dovremmo evitare di adottare misure che vadano contro l’innovazione e contro servizi migliori e che alla fine potrebbero limitare la libertà degli utenti”.