L'analisi

Nelle Tlc italiane è ora di cambiare?

di Raffaele Barberio |

Crescita, investimenti, lavoro, competenze, non possono essere frutto delle sole scelte del Governo, hanno bisogno di consenso e condivisione di obiettivi, un metodo che fa forte qualsiasi percorso di rinascita.

Si è tenuto oggi a Roma il Forum sulle filiere di telecomunicazioni promosso da ASSTEL, che rappresenta l’intera industria delle telecomunicazioni italiane schierate al gran completo e alla presenza dei sindacati di settore.

Come è noto il settore delle telecomunicazioni va male in tutta Europa, ma in Italia va ancora peggio (siamo un Paese privo di politica industriale delle telecomunicazioni da almeno 15 anni), nonostante le forzate ventate di ottimismo espresse nel Forum ASSTEL.

A parte questo dettaglio non indifferente, aria da grande occasione al Forum e tanta voglia di contare, in un momento in cui il governo sembra non avere né voglia né intenzione di parlare con imprese e sindacati.

Ma è singolare che il governo che dice di voler trasformare in chiave digitale il Paese, come non ha mai fatto nessuno dei governi precedenti, si tenga alla larga, per usare un eufemismo, da qualsiasi contatto o confronto con i rappresentanti di imprese e lavoratori.

Del resto Matteo Renzi ci ha abituati a scelte drastiche: ha rifiutato l’appuntamento di Ambrosetti e si è ben guardato di andare al meeting di Comunione e Liberazione, due santuari del confronto rispettivamente con le imprese l’uno e col mondo politico l’altro.

Ora va anche bene parlare alla pancia degli italiani, ma, se si vuol fare dell’Italia un Paese al passo con la modernizzazione digitale, si dovrà pur parlare con imprese e sindacati.

Crescita, investimenti, lavoro, competenze, non possono essere frutto delle sole scelte della plancia di comando, hanno bisogno di consenso e condivisione di obiettivi, un metodo che fa forte qualsiasi percorso di rinascita.

A meno che, non vi siano altri problemi, problemi di rappresentanza, ad esempio.

In questo caso il disastro delle telecomunicazioni italiane potrebbe non essere più imputato esclusivamente ed automaticamente al solo discutibile approccio regolatorio dell’AGCOM.

E’ possibile che le rappresentanze industriali non riescano a intercettare più il cambiamento?

E’ possibile che le imprese non si siano rinnovate al passo con i tempi?

E’ possibile che alle imprese manchi quella spinta che ha consentito invece alla politica un rinnovamento che, seppur con qualche incongruenza, ha sfilacciato un patrimonio immenso di cattive abitudini che difficilmente sarebbero state cancellate in altro modo?

E’ possibile allora che ci sia un problema di uomini?

Difficile sostenerlo senza avere dubbi, ma da oggi occorre porsi il problema e verificare se anche nelle imprese non ci debba essere quel rinnovamento salutare che nasce sempre da soluzioni di continuità, quelle soluzioni di continuità di cui il settore delle telecomunicazioni sembra avere bisogno più di qualunque altro.