il buco con le Asl

Nel Dpcm anche Immuni: “In caso di positività, Asl obbligata a caricare il codice chiave”

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In vigore da oggi l’obbligo per le Asl di autorizzare l’invio del codice monouso di un utente dell’app Immuni risultato positivo.

Per cercare di chiudere il buco tra Immuni e molte Asl, da Nord a Sud, il Governo ha inserito nel Dpcm con le norme anti contagio da Covid, in vigore da oggi, l’obbligo per le Asl di autorizzare l’invio del codice monouso di un utente dell’app Immuni risultato positivo. Il premier Giuseppe Conte non ha annunciato questa novità nella conferenza stampa, in cui non ha mai nominato Immuni.

Nel Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si legge: “…

all’articolo 3, comma 1, dopo la lettera a) è inserita la seguente: a-bis) al fine di rendere più efficace il contact tracing attraverso l’utilizzo dell’App Immuni, è fatto obbligo all’operatore sanitario del Dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale, accedendo al sistema centrale di Immuni, di caricare il codice chiave in presenza di un caso di positività.

Cosa vuole dire, concretamente?

Concretamente è stato resa obbligatoria la fase 2 che vedete in questo screenshot tratto dall’app Immuni.

Fino a ieri, molti utenti di Immuni si sono sentiti dire dalle Asl, dal Veneto alla Liguria fino a Matera, come abbiamo raccontato:

  • Mi dispiace, non siamo in grado di inserire il suo codice nel database. L’app Immuni non è attiva al momento in Veneto
  • In Liguria: “Immuni? non sappiamo cosa bisogna farne”
  • In Basilicata: “l’Asl di Matera non conosceva la procedura per autorizzare l’invio del codice tramite l’app“

Da oggi, stando al Dpcm non dovrebbe più accadere. Ma dalla notte al giorno, magicamente, sono stati colmati tutti i gap nel sistema sanitario territoriale?
A tal riguardo sarebbe interessante poter verificare se il tempo intercorso tra la notifica di positività e l’esecuzione della procedura di sblocco si ridurrà nelle prossime settimane (questo può essere calcolato a partire dai dati che memorizza l’app, in termini di differenza tra la data di rilevamento del contatto stretto e il giorno in cui la notifica gli viene presentata).

La piattaforma informatica che mette in relazione i soggetti positivi, che usano Immuni, con gli eventuali contatti è pronta e utilizzabile in ogni Asl?
E un’ultima domanda.
Per caso qualcuno sta conteggiando, in qualche sistema informativo nazionale, quante sono le persone che richiedono un tampone in seguito a notifica dalla app Immuni per capire: 1) quante persone agiscono coerentemente con l'”imperativo morale” a cui accennava il premier Conte e, mentre si isolano al proprio domicilio per tutto il tempo necessario, cercano di appurare la propria condizione di positività/contagiosità; 2) quanto tempo intercorre mediamente tra questa richiesta e l’effettivo esito; e, infine, 3) il tasso di falso positivo (e quindi la specificità) di questa strategia?

Su circa 9 milioni di download dell’app Immuni, (non viene comunicato il numero di chi la usa effettivamente),  solo 567 utenti sono riusciti a condividere le informazioni di positività tramite l’applicazione. Un flop. Di Governo-Regioni e sanità digitale.