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Fake news, nasce l’ennesimo ‘Osservatorio’. Servirà? La Ue: “Il contrasto non delegato ai privati”

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Al via l“Italian Digital Media Observatory”, un’altra iniziativa per combattere la disinformazione e le fake news ed in questa non viene coinvolta l’Agcom, il cui Osservatorio è in sonno da oltre un anno.

La notizia non ha registrato sostanzialmente alcuna ricaduta sulla stampa quotidiana, e forse, se non fosse stata segnalata da RaiNews24 (grazie all’intervento dell’Amministratore Delegato della Rai Carlo Fuortes, che ha consentito un minimo rilancio mediatico), sarebbe finita nel vuoto infocosmico assoluto: ma così non è stato, e l’iniziativa non poteva comunque sfuggire agli occhi degli analisti più attenti delle politiche mediali…

Lunedì mattina 20 settembre è stata (ri)presentata a Roma un’iniziativa avviata nel giugno del 2020, affidata dall’Unione Europea all’Istituto Europeo di Firenze (European University Institute), che coordina un network di “hub nazionali” sull’analisi dei “social media” che dovrebbero contribuire a combattere la disinformazione in 8 Paesi dell’Unione Europea (che rappresentano 14 Paesi della Eu e dell’Eea).

La funzione degli “hub” è sia scientifica sia operativa: studiare l’impatto sulle società per diffondere pratiche positive nell’uso dei media digitali attraverso la “e-literacy” e il “fact-checking”.

L’iniziativa non è certo povera di risorse, considerando che la Commissione ha allocato ben 11 (undici) milioni di euro (con il contratto, reso noto nel maggio 2020, n. LC-01464044, una prima tranche di 2,5 milioni di euro).

La fetta destinata all’Italia ammonta ad 1,4 milioni di euro.

Molti illustri partner nell’Italian Digital Media Observatory (Idmo), ma nessuna associazione per i diritti digitali coinvolta.

In Italia, la creatura è stata denominata “Italian Digital Media Observatory” (Idmo), ed è stata affidata – non è chiaro con quale procedura selettiva – alla Libera Università Internazionale degli Studi Sociali, alias Luiss “Guido Carli”.

L’Idmo, sarà realizzato con il coordinamento dall’Università Luiss “Guido Carli” insieme a Rai, Tim, Gruppo Gedi La Repubblica, Università di Tor Vergata, T6 Ecosystems, Newsguard, Pagella Politica. Collaborano Alliance of Democracies Foundation, Corriere della Sera, Fondazione Enel, Reporters Sans Frontieres, The European House Ambrosetti.

L’iniziativa è stata presentata nella elegante Sala delle Colonne della sede centrale della confindustriale Luiss a via Pola a Roma, con un parterre di livello.

Però, come ha giustamente denunciato Stefano Bocconetti su “il Manifesto” di ieri 21 settembre, “nessuna associazione per i diritti digitali è stata invitata all’iniziativa”. E ciò basti, ad avere conferma di un qual certo approccio “dall’alto”, istituzionale assai, dell’iniziativa. A proposito di metodiche ancora tutte da capire, Bocconetti scrive: “secondo gli organizzatori – che hanno citato un’indagine alla quale ha collaborato il gruppo Pagella Politica – nel nostro paese le fake news sarebbero cresciute del cinquecento per cento. Nell’incontro però non è stato fornito alcun altro dato per provare a saperne di più. In ogni caso, anche se così all’ingrosso, sono cifre che spaventano”.

Fake news: e l’Osservatorio Rai che fine ha fatto?!

Particolarmente convinto dell’iniziativa l’Ad della tv pubblica Carlo Fuortes: “è un dovere per la Rai partecipare a questa iniziativa. La Rai ha una capillarità nel territorio che è una straordinaria ricchezza per la possibilità di inclusione e prossimità”. Fuortes ha rivendicato che Rai ha svolto, nell’ultimo anno e mezzo, un ruolo fondamentale nel contrasto alle “fake news”, anche attraverso gli “alert fake news” curati da Rainews24, da un’idea di Antonio Di Bella e Andrea Vianello, attivo 24 ore su 24. “La pandemia ha sconvolto le nostre vite e ha prodotto nel Paese una domanda straordinaria nelle reti pubbliche e un aumento dell’attenzione nel governo della cosa pubblica e del servizio pubblico. Questo consente una prossimità col cittadino maggiore”. Si ricordi che nel marzo 2020, la Rai – nella persona dell’allora Ad Fabrizio Salini – aveva annunciato la nascita di un suo “Osservatorio permanente per combattere le fake news sul coronavirus”: in quell’occasione, veniva ricordato che (affidata ad Antonio Di Bella come Coordinatore ed a Gerardo D’Amico come Segretario Organizzativa) una simile iniziativa “è prevista dal Contratto di Servizio e dal Piano Industriale”.

Non ci risulta che questo Osservatorio Rai abbia mai prodotto documenti resi di pubblico dominio.

E, per essere precisi, va ricordato che il “Contratto di Servizio” Rai-Stato (Ministero dello Sviluppo Economico) vigente (2018-2022), prevede (prevederebbe?!), all’articolo 25 (“Obblighi specifici”), comma 1, lettera e. (iii.), un “obbligo” che non ci risulta sia stato concretamente rispettato: “attivare strumenti finalizzati a contrastare la diffusione di fake news e prevedere in proposito: l’istituzione di un osservatorio interno permanente; lo sviluppo di specifici prodotti di natura educativa e didattica; la realizzazione di iniziative di promozione riguardo ai rischi derivanti dalla diffusione di notizie false”… Dell’Osservatorio “interno permanente”, appunto, nessuna traccia pubblica: ma, forse, essendo “interno”…

Plaudono Moles, Di Maio, Gentiloni…

Ben convinto della qualità dell’iniziativa anche Giuseppe Moles, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Editoria: “avvieremo tavoli tecnici su temi dell’informazione… Le fake news non nascono oggi, ma vengono amplificate dal progresso e dall’anonimato della rete”. Il Sottosegretario che i tavoli tecnici saranno lo strumento di approfondimento su questi temi, perché le istituzioni non possono non dare il proprio contributo. Vogliamo anche studiare una campagna contro la disinformazione”.

Il Ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio ha sostenuto che “la disinformazione indebolisce l’informazione” e che “l’ondata di disinformazione e fake news cui abbiamo assistito negli ultimi anni, in Europa e nel mondo, rischia di indebolire il diritto a una corretta informazione, che è alla base dei principi di cittadinanza democratica”. Anche lui crede molto nell’iniziativa: “l’Osservatorio favorirà la collaborazione tra verificatori di fatti, accademici e tutte le parti interessate, a sostegno degli sforzi delle autorità italiane ed europee per monitorare e comprendere la natura delle campagne di disinformazione, a difesa della democrazia italiana ed europea”.

Plauso e benedizione anche da Paolo Gentiloni, Commissario Europeo all’Economia: “l’Osservatorio Europeo dei Media Digitali è un elemento importante della nostra azione per promuovere la verifica dei fatti e migliorare la capacità di comprensione e contrasto della disinformazione online. Si inserisce nell’ambito di una rinnovata attenzione da parte della Commissione europea all’importanza della libertà dei media, che la stessa presidente Ursula von der Leyen ha sottolineato pochi giorni fa in occasione del discorso sullo Stato dell’Unione”. Ha sostenuto che il fatto che l’Italia sia stata scelta per la creazione di uno degli otto hub nazionali “è un riconoscimento della qualità del consorzio italiano”.  

Cosa ha prodotto, ad oltre un anno dalla nascita, l’Osservatorio Europeo dei Media Digitali?

Di fatto, però, l’Osservatorio era stato già presentato qualche settimana fa: l’11 giugno 2021, in effetti, nell’ambito della “Edmo Week”, era stato annunciato da Gianni Riotta (Direttore del Luiss DataLab) e da Livia de Giovanni. Ed anche in quell’occasione era stato spiegato che l’iniziativa intende contrastare il fenomeno delle “fake news” tramite una strategia basata sul monitoraggio del flusso di informazioni e sull’utilizzo di strumenti basati su intelligenza artificiale per identificare le “target audiences” più soggette a tale disinformazione, individuare i meccanismi che ne portano alla condivisione e quelli funzionali a prevenirne e contrastarne il potenziale impatto.  

Un anno prima, era stata data notizia dell’avvio del funzionamento, il 1° giugno 2020, dell’Osservatorio Europeo.

A distanza di un anno, il 26 maggio 2021, la Commissione Europea ha annunciato che gli 8 “hub” nazionali sarebbero andati a far parte del network dell’Osservatorio Europeo.

L’Osservatorio Europeo Edmo è coordinato dall’Istituto Universitario Europeo di Firenze e si avvale delle competenze della sua Scuola di Governance Transnazionale e del Centro per il Pluralismo e la Libertà dei Media.

Altri partner del consorzio sono il centro di ricerca danese Datalab dell’Università di Aarhus, specializzato nella ricerca sociale digitale; il Centro Tecnologico Greco di Atene, che fornisce il supporto tecnologico e coordina l’Osservatorio Sociale per la Disinformazione e l’Analisi dei Media Sociali (Soma); e il sito italiano di “fact checking” Pagella Politica. La struttura di “governance” di Edmo è indipendente.

In occasione di quella presentazione dell’anno scorso, Vera Jourova, Vice Presidente della Commissione Europea con delega ai Valori Democratici e alla Trasparenza, dichiarò “la disinformazione sta diventando sempre più una minaccia per le nostre società democratiche e dobbiamo combatterla. Nel farlo, difenderemo i valori e i diritti fondamentali europei, compresa la libertà di espressione e di informazione. L’Osservatorio indipendente europeo dei media digitali è un elemento importante del nostro approccio promuove il controllo dei fatti e migliora la nostra capacità di comprendere meglio la diffusione della disinformazione online”.

Nelle intenzioni dei promotori, l’Osservatorio Europeo dei Media Digitali ha il compito di mappare le organizzazioni di “fact checking” presenti in Europa, e sostenerle, promuovendo attività congiunte transfrontaliere e moduli di formazione dedicati. Inoltre monitorerà le attività di ricerca sulla disinformazione, attraverso la creazione di un archivio globale di articoli scientifici sulla disinformazione, che sarà aggiornato periodicamente. Attraverso un portale pubblico fornirà agli operatori dei media, agli insegnanti e ai cittadini informazioni e materiali. Infine, affiancherà e sosterrà le autorità pubbliche nel monitoraggio delle politiche messe in atto dalle piattaforme online per limitare la diffusione delle “fake news” e il loro impatto sui social e sulla rete.

A distanza di un anno, non risulta però che l’archivio globale ed il portale pubblico siano operativi.

L’occasione di lunedì scorso alla Luiss ha stimolato il rilancio, nell’intervento di Paola Severino (che ha guidato il dicastero della giustizia nell’esecutivo Monti ed è Vice Presidente della Luiss), della necessità di porre fine all’“anonimato in rete”, che è in verità questione altra. Dei diffusori di “fake news”, in verità, si riesce – ben scavando, e senza necessariamente avvalersi della Polizia Postale e delle Comunicazioni – ad identificare nome ed indirizzo…

Abbamonte (Commissione Europea): il contrasto alla disinformazione non può essere delegato ai privati

Interessante l’intervento di Giuseppe Abbamonte, Direttore del Media&Data Directorate della Commissione Europea, che in video chiamata da Bruxelles, ha ricordato che con le “big tech” c’è già una sorta di “codice”, varato all’epoca delle ultime elezioni, per provare a contrastare la disinformazione, ed ha rimarcato come “non si può delegare ai privati” il Governo di questo fenomeno. Ovvio, anche se non esplicitato, il riferimento – tra gli altri – al Google Safety Engineering Center (Gsec).

La Vice Direttrice de “la RepubblicaStefania Aloia ha ricordato anche la responsabilità dei grandi mezzi di informazione, che una qualche colpa potrebbero avercela: forse le “fake news” prosperano anche perché i media tradizionali “mainstream” sono sempre meno credibili?!

Tutto ciò premesso, si resta in attesa di leggere i report prodotti dall’italico “hub” Idmo.

Fake news: e che fine ha fatto l’Osservatorio sulla Disinformazione Online dell’Agcom?!

E peraltro non ci sembra che l’iniziativa italiana veda il coinvolgimento di una struttura istituzionale preposta, qual è l’Osservatorio sulla Disinformazione Online, promosso dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che ha pubblicato nel giugno del 2020 la settima edizione di un rapporto di ricerca (la terza dell’anno), dopo la prima del marzo 2019 (si tratta di 1 soltanto dei ben 6 “Osservatori” promossi da Agcom – e specificamente dal Ses ovvero il Servizio Economico Statistico – con risultati operativamente e qualitativamente altalenanti), e di cui, a distanza di un anno e mezzo, non si ha peraltro più notizia…  

In Idmo, è invece coinvolto – come abbiamo già segnalato – Pagella Politica, che ha promosso il progetto di “fact checking” Facta, diretto da Giovanni Zagni, che si occupa di bufale, notizie false e disinformazione (il sito è online dal marzo dell’anno scorso).

Come dire?!

Osservatori – più o meno istituzionali, più o meno clandestini – che nascono, e che muoiono, spesso – ahinoi – senza che nessuno se ne renda conto…

Cui prodest?

Se si naviga sul sito web del network europeo Edmo, al di là del simpatico slogan che campeggia nella homepage (“United against disinformation”), non si percepisce la concreta operatività dello strumento ed i documenti messi a disposizione della comunità ci sembrano pochi assai e piuttosto deboli.

Il rischio latente è che sia stato creato un (altro) Osservatorio dalle grandi ambizioni, con una struttura burocratico-istituzionale sganciata dalle esigenze della comunità e deficitaria di logiche “bottom up” ovvero di partecipazione plurale e democratica.

Una sorta di creatura che possa consentire alla Commissione Europea di sostenere che il fenomeno delle “fake news” è… monitorato (liberandosi la coscienza da sensi di colpe per eventuali inadempienze cui potrebbe essere chiamata?!), senza poi di fatto intervenire in modo operativamente concreto.

Si tratta di quelli che potremmo definire “osservatori schermo”: vere e proprie “foglie di fico” istituzionali: paradossalmente, al di là delle belle intenzioni e dei pubblici proclami, finiscono per divenire scatole vuote e cortine fumogene che non contribuiscono a conoscere in modo profondo e vero i fenomeni che pure dovrebbero esplorare.

È il caso, esemplificativamente, in Italia, dell’Osservatorio dello Spettacolo del Ministero della Cultura, e, a livello europeo, dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo del Consiglio d’Europa, e, ancora, Centro per il Pluralismo e la Libertà dei Media del Parlamento Europeo e curato dall’Istituto Europeo di Firenze…

Si tratta di laboratori di ricerca – finanche sedicenti indipendenti – che non avranno mai il coraggio di assumere posizioni particolarmente critiche, ovvero di sostenere che – spesso o anche soltanto talvolta – “il principe (il loro sovvenzionatore e committente) è nudo”… Affrontiamo queste delicate tematiche da molti anni (ci limitiamo qui a ricordare un nostro intervento di… sette anni fa su queste colonne: “Eccone un altro: ma servono davvero tutti questi Osservatori”, su “Key4biz” del 20 novembre 2014) ed ormai prevale profondo scetticismo, di fronte ad ogni neonata creatura…

Ci auguriamo di essere contraddetti dai fatti.

Clicca qui, per leggere il 1° rapporto prodotto dall’Edmo, “Edmo Public Report: June 2020 – March 2021”, European Digital Media Observatory, Firenze, 2021.