Decarbonizzazione

Mercato elettrico, Ue divisa su stop a sussidi per centrali inquinanti. Basta prelievi dalle bollette

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Europa a rilento sulla low carbon economy e gli interessi locali frenano il percorso verso un mercato unico dell’energia elettrica più pulito e meno costoso. Coalizione internazionale per la green economy in pressing sull’Ue.

Non c’è ancora una posizione chiara da parte del Consiglio d’Europa sulle nuove regole per la promozione della low carbon economy a partire dai sussidi che dovrebbero mirare a premiare le centrali più pulite e penalizzare le più inquinanti, tra cui quelle che funzionano ancora a carbone.

La quantità di polveri sottili emesse dalle centrali a carbone, anche quelle di ultima generazione, è 70 volte superiore a quelle di una centrale a gas (dati WWF), le emissioni di anidride solforosa sono circa 140 volte superiori e quelle di biossido di azoto 4,5 volte superiori. Inoltre anche i filtri più efficaci non sono in grado di catturare il particolato ultrafine (PM 0.1), quello più dannoso per l’uomo visto che è in grado di oltrepassare la barriera polmonare ed entrare in circolo nel sangue.

Secondo studi IEA, i tre quarti delle emissioni di SO2, il 70% delle emissioni di NOx e il 90% delle emissioni di PM2.5 del settore energetico sono prodotti proprio dalla combustione del carbone.

Nel suo recente studio sull’impatto ambientale delle centrali elettriche a carbone in Europa, la Health and Environment Alliance ha calcolato il costo umano di questo inquinamento in quasi 23 mila morti premature l’anno e i costi sanitari per quasi 63 miliardi di euro.

Pomo della discordia, si legge in una nota Ansa, è la proposta della Commissione Ue, parte del ‘Pacchetto energia pulita’ dell’anno scorso, “di concedere i sussidi per i meccanismi di capacità – ovvero compensazioni economiche per tenere le centrali elettriche in stand by quando non ci sono richieste energetiche – solo a quegli impianti poco inquinanti come per esempio quelli a gas che non superino le emissioni di 550 grammi di CO2 per kilowattora”.

Contrari al provvedimento tutti questi Pasi che dalle centrali a carbone ottengono la gran parte dell’energia elettrica, tra cui Grecia e Polonia.

Ancora indecisi la Finlandia e anche la Germania, che si dichiarano favorevoli alle misure richieste da Bruxelles, ma solo a certe condizioni.

L’Italia, al momento, non ha espresso una posizione chiara sull’argomento. Nel nostro Paese, ci dicono i dati di Assocarboni, il 12% dell’energia elettrica è generato da centrali a carbone (contro il 26% dell’UE e il 40% a livello globale).

A seconda dell’esito della consultazione italiana sulla Strategia energetica nazionale, è possibile che le nostre centrali a carbone siano spente definitivamente nel 2025.

Favorevole alla proposta della Commissione è il Parlamento europeo. Un tavolo di confronto è stato già aperto e tutte le parti in gioco dovrebbero arrivare ad un accordo entro la fine dell’anno.

Forte anche il pressing della piattaforma internazionale per la promozione dell’energia pulita, “Make Power Green”, composta da 13 realtà tra cui Eni e Snam, ma anche Shell, Statoil, Total, Iberdrola, Solar Power Europe, WindEurope e Siemens.

La coalizione, infatti, chiede che il mercato elettrico europeo sia rispettoso degli impegni climatici presi dall’Ue e considera il criterio dei 550 grammi come valido strumento per ridurre l’impatto ambientale, sostenendo che le bollette energetiche dei cittadini e delle aziende non devono più andare a sostenere gli impianti inquinanti.

Un nuovo studio commissionato dalla banca britannica HSBC alla società di ricerche di mercato East & Partners, evidenzia che oltre i due terzi degli investitori istituzionali intendono aumentare gli investimenti sulla lotta al cambiamento climatico.

In Europa, in particolare, il 97% degli investitori sentiti ha detto di voler aumentare la collocazione di capitali in tecnologie a bassa produzione di carbonio e in beni favoriti dalle politiche per il clima