Innovazione e cooperazione: Meloni porta in Europa il Mediterraneo come snodo tecnologico
In vista del Consiglio europeo del 18 e 19 dicembre, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha delineato nelle sue dichiarazioni alla Camera dei Deputati una cornice strategica nella quale l’Italia punta a rafforzare il proprio ruolo nelle principali partite europee su industria, transizione verde e innovazione tecnologica. Il filo conduttore è la ricerca di un equilibrio tra sostenibilità ambientale, competitività industriale e autonomia strategica.
Uno degli elementi centrali della visione italiana, anche se non sarà tema del Consiglio, è il rafforzamento del dialogo con i Paesi del Golfo, considerati partner chiave non solo sul piano energetico, ma anche su quello delle infrastrutture e delle connessioni digitali. È un passaggio importante, perchè va inserito nella più ampia strategia energetica e geopolitica europea, con il nostro Paese che ovviamente si candida a primo interlocutore con i Paesi oltre la frontiera meridionale dell’Unione.
L’idea di creare un nuovo foro di cooperazione tra Mediterraneo e Golfo nasce dalla consapevolezza che queste due aree, insieme, presidiano alcuni dei principali snodi del commercio globale e delle reti energetiche e digitali.
In questo quadro, l’Italia intende proporsi come piattaforma di interconnessione: diplomatica, logistica e infrastrutturale. Una funzione che, nelle intenzioni del Governo, può tradursi in opportunità per lo sviluppo di corridoi digitali, reti energetiche integrate e progetti comuni su innovazione industriale e tecnologie strategiche.
“Nell’Italia il Golfo vede sempre di più una porta verso l’Europa, una porta diplomatica, fisica e geografica per le grandi interconnessioni infrastrutturali, logistiche, digitali ed energetiche, ma anche una porta politica per costruire uno spazio di cooperazione orientato allo sviluppo economico e tecnologico“, ha dichiarato Meloni.
Transizione verde e neutralità tecnologica
Sul fronte green, la posizione italiana si articola attorno al principio di neutralità tecnologica, considerato essenziale per accompagnare il percorso di decarbonizzazione senza compromettere la base industriale europea.
“L’approccio italiano continua a fondarsi sul principio di neutralità tecnologica e su una visione pragmatica. Posizioni che cominciano a farsi spazio, a partire dalle proposte presentate ieri dalla Commissione europea nell’ambito del nuovo pacchetto automotive, fortemente richiesto dall’Italia“, ha detto Meloni.
L’obiettivo dichiarato è rendere la transizione compatibile con la struttura produttiva dei diversi Stati membri, evitando approcci uniformi in settori caratterizzati da forte eterogeneità tecnologica.
Nel settore automotive, questa impostazione si traduce nel sostegno a un mix di soluzioni: elettrico, batterie di nuova generazione, biocarburanti avanzati e altre tecnologie a basse emissioni.
“Ben venga il superamento del tutto elettrico per auto e furgoni al 2035“, ha sottolineato la Premier italiana.
L’Italia ha lavorato in sede europea per introdurre maggiore flessibilità normativa, in particolare per i veicoli pesanti, le piccole e medie imprese e le flotte aziendali, contribuendo al dibattito che ha portato la Commissione europea a rivedere alcuni elementi del quadro regolatorio.
“È proprio sul pieno recepimento di questi principi che si concentreranno i nostri sforzi negoziali nei prossimi mesi – ha chiarito Meloni – a partire da una piena attuazione della neutralità tecnologica senza appesantimenti burocratici eccessivi e senza limiti sproporzionati per i biocarburanti, che devono poter rappresentare una concreta prospettiva industriale anche oltre il 2035 e non soltanto un piccolo correttivo al precedente impianto normativo“.
Competitività industriale e politica europea
Il tema della competitività attraversa trasversalmente la strategia italiana. Il Governo sottolinea la necessità di evitare che la transizione verde si traduca in una perdita di capacità produttiva o in una riduzione degli investimenti industriali sul territorio europeo. Da qui l’attenzione per strumenti come l’alleanza europea sulle batterie e per politiche industriali che rafforzino le filiere tecnologiche interne all’Unione.
In parallelo, l’Italia si è impegnata nei negoziati europei per semplificare alcuni obblighi amministrativi legati alle politiche climatiche, con l’obiettivo di ridurre il carico burocratico sulle imprese e favorire investimenti in innovazione e ricerca, piuttosto che in adempimenti procedurali.
La leva strategica del digitale e delle infrastrutture
Nel discorso della Presidente emerge anche il tema delle connessioni digitali come fattore abilitante della competitività europea. L’attenzione è rivolta alle infrastrutture, alla logistica digitale e alle reti che collegano Europa, Mediterraneo e Golfo, in un contesto in cui la sovranità tecnologica e la resilienza delle catene del valore stanno diventando priorità strategiche per l’Unione.
L’Italia intende inserirsi in questo percorso valorizzando la propria posizione geografica e il ruolo nelle grandi interconnessioni, con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di uno spazio economico e tecnologico più integrato.
Nel complesso, la linea italiana si colloca all’interno di un dibattito europeo in rapida evoluzione, nel quale digitale, transizione verde e politica industriale sono sempre più interconnessi. La sfida sarà tradurre i principi enunciati — neutralità tecnologica, semplificazione, cooperazione internazionale — in politiche capaci di sostenere l’innovazione e rafforzare la competitività europea nel medio-lungo periodo.
Una svolta conservativa sempre più evidente, un’occasione persa per dare voce alle generazioni future
L’Europa sta effettivamente ricalibrando in senso più “conservativo” la transizione verde, con una serie di allentamenti e rinvii su norme chiave, spesso giustificati come “semplificazione” e riduzione degli oneri per le imprese. In vista del Consiglio europeo del 18‑19 dicembre, questo avviene in parallelo a nuove priorità su sicurezza energetica, Difesa e competitività, che stanno ribilanciando l’agenda rispetto alla stagione del Green Deal puro.
Negli ultimi mesi ONG e think tank hanno denunciato una vera e propria ondata di deregolazione che sta “annacquando” il Green Deal, con un’accelerazione dalla primavera 2025. Si parla di una strategia di “semplificazione” che, nei fatti, riduce obblighi ambientali e di sostenibilità lungo le catene del valore.
Un fronte cruciale è la legge UE sulla deforestazione (EUDR), approvata nel 2023 per garantire che i prodotti venduti in Europa non provengano da aree deforestate. Il Parlamento europeo ha appena votato un accordo politico che ne “semplifica” vari elementi e ne posticipa l’applicazione per le imprese, rallentando di fatto l’impatto della norma. La palla ora passa al Consiglio per l’adozione formale.
Il nostro Governo è ovviamente a favore di questa strada, che si traduce in un posticipare azioni chiave per tutelare risorse ambientali fondamentali per il benessere delle prossime generazioni.
Parallelamente, la Commissione ha annunciato il ritiro della Green Claims Directive (direttiva sul greenwashing), altro pilastro del Green Deal, proprio a ridosso di un’intesa finale con Consiglio e Parlamento. Analisi politiche leggono in questa scelta la risposta alle pressioni dei gruppi industriali e di una maggioranza più conservatrice nel nuovo Parlamento.
WWF, ClientEarth e altre ONG interpretano questo approccio come una saldatura fra PPE, conservatori e talvolta estrema destra, con una convergenza su narrativa “pro‑competitività” che mette in secondo piano la scienza climatica e gli obiettivi di lungo periodo. La retorica è simile a quella vista in Francia (richiesta di “pausa regolatoria” di Macron) e, a livello globale, al clima di allentamento regolatorio rafforzato anche dal disimpegno ambientale dell’amministrazione Trump negli USA.
I prossimi due giorni del Consiglio si propongono infine di ridisegnare la strategia europea su vari punti chiave, tra cui quello climatico e ambientale: meno norme climatiche ambiziose, più enfasi su competitività, sicurezza energetica e difesa, con un Green Deal “ridimensionato” e reso compatibile con le priorità di una maggioranza europea più conservatrice. Una visione molto più ristretta ed egoistica della precedente, che sembra prendere sempre meno in considerazione le nuove generazione, accontentando quelle vecchie.
Il “declino” di cui parla Meloni non si affronta difendendo posizioni di privilegio acquisite nel tempo, da chi oggi è al vertice di settori chiave della nostra economia e della politica, ma favorendo la crescita ed il benessere di chi viene dopo, lavorando ad inserire l’Europa nei nuovi scenari e nei nuovi equilibri globali che si stanno stabilendo proprio in questo momento.
