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Meloni difende il Governo e attacca la Magistratura sul caso Almasri

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Nel giorno in cui in Parlamento prende il via l'esame della richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei tre membri del Governo indagati per il caso Almasri, la premier Giorgia Meloni torna a difendere la condotta del suo esecutivo e attacca la magistratura.

Nel giorno in cui in Parlamento prende il via l’esame della richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei tre membri del Governo indagati per il caso Almasri, la premier Giorgia Meloni torna a difendere la condotta del suo esecutivo e attacca la magistratura.

“A me non sfugge che la riforma della giustizia procede a passi spediti e, diciamo così, ho messo in conto eventuali conseguenze”. E poi aggiunge: “Io vedo un disegno politico intorno ad alcune decisioni della magistratura”, riferendosi “particolarmente” a “quelle che riguardano i temi dell’immigrazione”. È un affondo a tutto campo anche se al centro dei riflettori resta il caso Almasri.

E mentre in maggioranza prevale la cautela nel commentare l’arrivo alla Camera delle carte del Tribunale dei Ministri, è ancora Meloni a dettare la linea. “Io non sono Alice nel Paese delle Meraviglie, sono il capo del Governo e non sono neanche, diciamocelo, un Conte qualsiasi che faceva finta di non sapere che cosa facesse il suo Ministro degli Interni”. 

La posizione era stata espressa già nei giorni scorsi ma la premier tiene a rafforzarla: “Considero surreale la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei Ministri Nordio e Piantedosi e del sottosegretario Mantovano, che hanno agito nel rispetto della legge e per tutelare la sicurezza degli italiani”, una linea che il centrodestra si prepara a riaffermare in vista del voto di settembre sul caso Almasri. Tra le fila della maggioranza non sembrano emergere perplessità: nella Giunta per le Autorizzazioni di Montecitorio, e poi in Aula, la maggioranza voterà per il diniegodell’autorizzazione e quindi per difendere l’immunità dei membri del Governo. Quando, con il loro voto, dovranno stabilire se Ministri e sottosegretari abbiano agito o meno nell’interesse nazionale, i deputati non avranno dubbi. Il centrodestra serra così i ranghi nel momento in cui torna a manifestarsi qualche preoccupazione sulle possibili ricadute politiche della vicenda. A impensierire è soprattutto la voce, che continua a circolare con insistenza tra i corridoi dei Palazzi, sulla possibile apertura di un secondo filone d’inchiesta sul caso Almasri, che riguarderebbe alti dirigenti e funzionari ministeriali e che potrebbe includere anche la capo di Gabinetto del ministero della Giustizia Giusi Bartolozzi, ipotesi che allerta via Arenula dove si stanno studiando le forme giuridiche per estendere l’immunità anche alla dirigente. 

Lo scenario non è escluso dal presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli: “È ragionevole che chi concorra, cooperi e partecipi all’attività di governo e, nella fattispecie, di un ministero, nel momento in cui svolga un’attività che ha la stessa finalità e funzione in collaborazione con il Ministro, sia coperto come il ministro nell’interesse dello stato costituzionale. Questo perché è un elemento strumentale per l’esercizio di quella funzione governativa”. Ed è proprio sul ruolo della Bartolozzi che affondano le opposizioni. “È lei il vero ministro della Giustizia, Nordio è solo una comparsa: è lei che costruisce le strategie politiche, e Nordio si limita a prenderne atto. Ma a saltare sarà proprio lei, Giusi Bartolozzi, colei che invitava i dirigenti del ministero della Giustizia a comunicare su Signal”, attacca il leader di Avs Angelo Bonelli. “Sulla vicenda Almasri Mantovano, Nordio e Giusi Bartolozzi stanno trascinando il Governo in uno scandalo senza precedenti”, affonda Matteo Renzi

“Non sono certo una Meloni qualsiasi…”, ironizza il presidente del M5S Giuseppe Conte, citando la punzecchiatura della premier. E poi attacca: “Il Governo ha mentito anche al Parlamento. Perché tutto questo? Giorgia Meloni è sotto ricatto, l’intero Governo è sotto ricatto?”. Alle “bugie di governo” fa riferimento anche il capogruppo al Senato del Pd Francesco Boccia. E mentre le opposizioni attaccano la premier, invitandola a riferire in Parlamento, si preparano già alla battaglia in Giunta per le Autorizzazioni a Montecitorio che dovrà esprimersi entro fine settembre con tre distinti voti a scrutinio palese, ciascuno per ogni membro del governo coinvolto. Nel caso di un diniego, la decisione passa all’Aula della Camera, che nel mese di ottobre sarà chiamata a decidere in via definitiva se consentire o negare l’autorizzazione a procedere. 

Via libera al Ponte sullo Stretto. Esultano Salvini e la maggioranza

Via libera del Cipess al progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina. Dopo decenni di false partenze, ricorsi e polemiche, il piano per collegare Calabria e Sicilia può passare alla fase realizzativa con l’obiettivo dei primi cantieri già in autunno e il taglio del nastro tra 7-8 anni. Sarà “il ponte a campata unica più lungo del mondo”, annuncia soddisfatto il vicepremier e titolare delle Infrastrutture Matteo Salvini. “Una tappa fondamentale dell’azione di questo governo”, afferma la premier Giorgia Meloni. Ma le opposizioni, i sindacati, le ong e i territori lanciano l’allarme sui rischi e gridano al “colossale spreco” di denaro pubblico. Il via libera del Comitato era atteso, annunciato nei giorni scorsi dallo stesso Salvini. Al Cipess partecipa anche la premier, che sottolinea l’importanza del momento: “Si tratta di un’opera strategica per lo sviluppo di tutta la nazione”. 

“Non è un’opera facile ma lo riteniamo un investimento sul presente e sul futuro dell’Italia”, aggiunge Meloni che ringrazia Salvini: “Sarà un’Italia più connessa e coesa”. “È un’emozione, non si era mai arrivati all’approvazione del progetto definitivo con l’intera copertura economica e la condivisione dei territori”, dice soddisfatto Matteo Salvini, in conferenza stampa dopo l’ok del Cipess accanto al sottosegretario alla presidenza Alessandro Morelli. Le risorse sono quelle garantite dalla manovra del 2024: 13,5 miliardi. Un risultato frutto di “un lavoro a più mani” puntualizza il leder leghista, che ringrazia i Ministri e ricorda i predecessori, Lunardi e Berlusconi. A livello procedurale però l’ok del Cipess non è l’ultimo tassello. Manca ancora la pubblicazione della delibera in Gazzetta Ufficiale e la registrazione della Corte dei Conti: solo a quel punto il ponte entrerà nella fase realizzativa. Sui tempi Salvini è comunque ottimista: “Tra settembre e ottobre conto di partire con i cantieri, lavori ed espropri”. Per l’attraversamento invece l’obiettivo è “tra il 2032 e il 2033”. 

L’opera è ingegneristicamente ambiziosa: 3,3 chilometri di campata unica, due piloni da 400 metri sulle due sponde, tre corsie stradali per senso di marcia, due binari ferroviari. E ci sarà anche “la metropolitana dello Stretto”, annuncia Salvini, un circuito ferroviario con tre fermate sul lato messinese, pensata per studenti, lavoratori e pendolari, in un’area che conta 400mila persone. Nell’opera verranno coinvolte “aziende di tutta Italia” e sarà “un acceleratore di sviluppo” per il Sud, dice il Ministro, rassicurando sul rischio di infiltrazioni mafiose: siamo “schierati h24”. Per i viaggiatori ci sarà un grande risparmio di tempo, promette: due ore e mezzo per i treni, un’ora e mezza per le auto. Sul fronte dei pedaggi la società Stretto di Messina stima “una tariffa base per le auto inferiore ai 10 euro”, con sconti per i viaggi frequenti, un’ipotesi “sensibilmente inferiore agli attuali costi”. Soddisfatta la maggioranza, che parla di opera “storica”, con FI compatta a ricordare il “sogno” di Berlusconi. 

Mattarella interviene nell’ottantesimo anniversario di Hiroshima 

L’ottantesimo anniversario dell’attacco atomico su Hiroshima è l’occasione per ripetere che il mondo, oggi come non mai attraversato da nuove tensioni, deve impegnarsi al massimo perché una catastrofe del genere non si ripeta mai più. È un appello che rilancia anche l’Italia con il presidente Sergio Mattarella: “L’uso o anche la sola concreta minaccia di introdurre nei conflitti armamenti nucleari appare un crimine contro l’umanità”, è il monito del capo del Stato, mentre papa Leone XIV avverte che la “sicurezza basata sulla minaccia della reciproca distruzione” è “illusoria”. La città giapponese, che il 6 agosto 1945 fu incenerita da un ordigno nucleare americano, come ogni anno ha onorato il ricordo di quell’evento spartiacque del XX secolo, alla presenza dei rappresentanti di un centinaio di Paesi ma alla cerimonia non hanno partecipato gli esponenti di potenze nucleari, Cina, Russia e Pakistan. Un’assenza significativa, in una fase in cui le minacce atomiche sono tornate a fare parte della retorica di alcuni Governi, a partire proprio da Mosca, sullo sfondo del conflitto in Ucraina

In quest’ottica Mattarella, nel suo messaggio di commemorazione per Hiroshima e Nagasaki, ha voluto guardare anche al presente, a uno “scenario segnato da guerre, crescenti tensioni e contrapposizioni”. Il Presidente della Repubblica ha in particolare posto l’accento sulla necessità di “non abbandonare l’architettura globale del disarmo e della non proliferazione delle armi nucleari”, che costituisce uno dei “cardini del sistema multilaterale faticosamente costruito nel secondo dopoguerra”. Per questo, ha sottolineato, l’Italia rilancia la centralità del Trattato di Non Proliferazione, ratificato 50 anni fa, ribadendo “l’obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari, con la valorizzazione completa degli Organismi internazionali di controllo predisposti a questo scopo”. Del Trattato di non proliferazione come “pietra angolare globale” ha parlato anche l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas, denunciando il ritorno a una “retorica nucleare irresponsabile, l’espansione opaca degli arsenali nucleari e nuovi attori che cercano di dotarsi di capacità nucleari”. L’obiettivo di Bruxelles in questo quadro è “sostenere l’entrata in vigore del Trattato sulla messa al bando totale dei test nucleari e preservare e riaffermare l’attuale moratoria sulle esplosioni nucleari a scopo di prova”. Inoltre, l’Ue chiede “un rinnovato dialogo strategico e misure concrete per un’ulteriore riduzione degli arsenali nucleari, dato che l’ultimo strumento di controllo delle armi nucleari rimasto, il nuovo trattato Start, scadrà nel febbraio 2026”. 

Le Regionali agitano il centrosinistra. Pressing su Decaro in Puglia

Sale il pressing su Antonio Decaro affinché sciolga la riserva e ufficializzi la candidatura per il centrosinistra alla guida della Puglia. Nelle ultime ore, sono arrivati gli inviti impliciti del presidente del M5S Giuseppe Conte e di Avs,  che hanno parlato della questione cercando anche di coinvolgere la segretaria Pd Elly Schlein. Perché spetta anche a lei fare in modo che Decaro superi le perplessità, che sono legate alle presenze ingombranti del governatore uscente Michele Emiliano e dell’ex governatore Nichi Vendola, intenzionati a candidarsi per il consiglio regionale. Lo stallo pugliese fa scopa con quello toscano, che è legato alla coalizione. I Cinque stelle, che finora in Regione sono stati all’opposizione, con un voto on line in corso in queste ore devono decidere se stare col centrosinistra e sostenere la ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani o se andare da soli. 

I vertici del Movimento hanno scelto la via della consultazione per risolvere la “forte contrapposizione” nel partito locale. In tutto, gli iscritti chiamati a esprimersi sono più di 5 mila. Nel quesito viene specificato che, in caso di appoggio al governatore, verrà firmato “un accordo chiaro e per iscritto”, con “i progetti e gli obiettivi imprescindibili” del M5S, una condizione che potrebbe rassicurare gli iscritti. Anche perché, il caso toscano non è slegato dal quadro complessivo delle regionali. E, per il momento, il M5S corre col centrosinistra in tutte le altre regioni al voto; nel caso in cui fra i cinque stelle toscani vincessero i “no” all’alleanza, la decisione di andare da soli potrebbe avrebbe ripercussioni sui rapporti con gli alleati nelle altre sfide. Per esempio: in Campania il campo largo sta lavorando alla candidatura di un esponente del M5s, l’ex presidente della Camera Roberto Fico, ma i giochi non sono chiusi. Anche per una partita interna al Pd. Il governatore uscente Vincenzo De Luca, non entusiasta della corsa di Fico, ha fatto sapere che sta pensando di presentare due sue liste e che il confronto sul candidato ci sarà a settembre. 

Mosse lette nel Pd come tentativi di ostacolare i progetti del Nazareno, che dava Fico per assodato, di alzare il tiro sulle trattative e che potrebbero far entrare in stallo anche gli altri negoziati fra De Luca e il partito, compreso quello seguito con attenzione dal governatore sull’ipotesi della candidatura del figlio, il deputato Piero De Luca, alla guida del Pd campano. Lo scenario crea diversi malumori interni. Per la Puglia, la corsa di Decaro appare ormai in via di definizione: l’annuncio potrebbe arrivare entro Ferragosto. L’assetto finale dovrebbe comunque comprendere anche il via libera alle corse di Emiliano e Vendola per il consiglio regionale. C’è poi la partita calabrese: fra gli alleati non è ancora del tutto tramontata l’idea di provare a sondare il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, per la corsa alla guida della Regione. Venerdì i leader regionali del centrosinistra si ritroveranno per discutere di programma e nomi. Per il M5s restano in ballo l’eurodeputato Pasquale Tridico, che però non pare particolarmente intenzionato, e le deputate Vittoria Baldino e Anna Laura Orrico. Per il Pd si parla del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà e del consigliere regionale Ernesto Alecci

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