il rapporto

Mediobanca: Telecom Italia leader Ue per redditività, ma Vodafone ha le finanze più solide

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Tra il 2010 e il 2014, cura dimagrante da 10 mld per il settore tlc italiano, che rappresenta il 2% del PIL e il 2,7% della spesa delle famiglie.Telecom prima in Ue per utile, ultima per investimenti.

Uno scenario di luci e ombre quello tratteggiato da Mediobanca R&S per il settore italiano delle telecomunicazioni, che tra il 2010 e il 2014 ha registrato una contrazione dei ricavi del 24% a 32 miliardi di euro: una contrazione complessiva di circa 10 miliardi di euro in 5 anni.

Di questi ricavi, 16,4 miliardi sono ascrivibili alla rete fissa (-4,9% sul 2013 e -18,7% sul 2010) e 15,6 miliardi a quella mobile (-10,4% sul 2013 e -28,9% sul 2010).

Tra il 2010 e il 2014, i ricavi aggregati dei principali sei gruppi di telefonia si sono contratti (su base omogenea) del 7,5% nel 2014 a 35,4 miliardi di euro, con il fatturato da telefonia mobile pari a 18,2 miliardi dai 20,1 miliardi del 2013 (-9,8%, e quello da telefonia fissa a 14,4 miliardi, -5,9%). In diminuzione anche i ricavi da vendita di apparecchi e accessori telefonici (-8,7% a 3,2 miliardi).

Nel quinquennio 2010-14 le perdite cumulate nette si sono attestate a 3,1 miliardi di euro, con le maggiori in capo a Telecom Italia (-2,6 miliardi), seguita da Wind (-1,7) e 3 Italia (-410 milioni). Minori le perdite sommate da Fastweb (-344 milioni) e Tiscali (-99 milioni) uniche società, insieme a Wind, ad avere sempre chiuso in perdita nel quinquennio.

Vodafone Italia ha realizzato utili cumulati per 2,1 miliardi di euro, anche se l’ultimo esercizio (a marzo 2015) il risultato netto positivo è stato di 83 milioni, contro i 923 milioni del periodo 2010-2011.

Il rapporto evidenza anche che dopo due anni di contrazione, il numero dei clienti mobili è tornato nel 2014 ai livelli del 2010, a quota 94,2 milioni, mentre gli accessi alla rete fissa si sono contratti dell’8,5% passando da 22,5 milioni di linee nel 2010 a 20,6 milioni. Un calo che è proseguito anche nel primo semestre 2015, quando le linee sono scese di 200 mila unità.

L’Italia si conferma comunque al terzo posto tra i Paesi europei con il maggiore tasso di penetrazione mobile con circa 1,5 sim per persona. Il rapporto si attesta al 154% a fine 2014, anche se in calo rispetto al 159% dell’anno precedente, dopo Finlandia (172%) e Russia (168%) ma prima di Germania (137%), Gran Bretagna (130%) e Francia del (125%).

In crescita gli accessi alla banda larga fissa, aumentati del 9,7% da 13,1 a 14,4 milioni e attestandosi quindi a quota 14,6 milioni a fine giugno dell’anno scorso.

Nel 2014, dice ancora il rapporto, il settore ha rappresentato il 2% del Pil, il 2,7% della spesa delle famiglie e il 5,1% degli investimenti complessivi.

Mediobanca analizza poi la situazione dei singoli operatori in rapporto anche ai competitor europei.

Telecom Italia resta il principale operatore con una quota di mercato del 59,3% nel fisso, del 47,5% nella banda larga e del 32,3% nel mobile, anche se in quest’ultimo segmento potrebbe essere scavalcata dall’operatore che eventualmente nascerebbe dal matrimonio tra Wind e 3 Italia, con una quota al 30 giugno 2015 pari al 33,8%.

Dal punto di vista della redditività industriale, Telecom Italia è al secondo posto in Europa con un margine operativo netto pari al 20,6% del fatturato, dietro a BT (24,3%) e davanti a Vimpelcom, Telefonica e Orange – e al primo posto per valore aggiunto per addetto con 126mila euro, al quale si abbina un costo unitario del lavoro inferiore alla media (53mila euro). In termini di costo lavoro sul valore aggiunto, Telecom si piazza ancora al secondo posto con un rapporto pari al 41,7%, dietro solo a Iliad con il 26,7%.

Più arretrata, invece, la posizione dell’operatore storico italiano in tema di investimenti, che si attestano al 3,5% dello stock delle immobilizzazioni materiali di inizio periodo, in linea con BT (3,8%), ma al di sotto dei maggiori operatori, Iliad (19,2%), Vodafone (15,7%) e la russa Vimpelcom (14,1%).

Anche guardano all’Italia, i maggiori investimenti nel quinquennio sono stati realizzati da Fastweb (9,4% medio), 3 Italia (8,7%) e Vodafone (8% medio, con un tasso del 12,3% relativo al solo esercizio 2014-15 nel contesto di un più ampio programma d’investimenti lanciato dalla capogruppo inglese); intermedia la posizioni di Wind (6,1%). I valori più bassi sono relativi a Telecom Italia (3,9%) e Tiscali (1,3%).

Le perdite, sottolinea ancora il rapporto, hanno ridotto i patrimoni netti delle società, con il calo maggiore ascrivibile a Wind (-92,7% sul 2010, pur considerando il versamento in conto capitale da 35 milioni del 2012). Riduzioni rilevanti hanno interessato anche Fastweb (-35,3%) e Telecom Italia (-33,3%) che pure ha contestualmente ridotto l’indebitamento finanziario del 10,5%. Tiscali è  l’unica a presentare un patrimonio netto negativo in tutto il periodo, nonostante la ricapitalizzazione da 187 milioni conclusa nel 2009.

Il patrimonio netto di Vodafone Italia è l’unico a segnare un incremento, passando da 4 miliardi nel 2010 a 4,4 miliardi nel 2014.

Dal  punto  di  vista  patrimoniale,  Vodafone ha la  struttura  finanziaria  più  solida, con  la  minore incidenza  dei  debiti  finanziari  sul  patrimonio  netto  (51,8%), dopo  aver  ridotto  nel  2013/14  i  debiti  con  gli introiti della  vendita di  Verizon  Wireless  di  oltre  15  mld  di  euro.
Il  profilo  finanziario  di  Telecom  Italia appare relativamente più appesantito, con debiti finanziari pari al 159% dei mezzi propri, la stessa incidenza di Deutsche Telekom, ma meglio di BT Group (1.209%), Vimpelcom (682%) e Telefónica (185%).

“Vodafone  Italia – si legge nel rapporto – vanta debiti finanziari irrilevanti (verso una consociata  straniera) pari al 4,8% dei mezzi propri nel 2014. Vi è  poi da  segnalare  che Vodafone è l’unico gruppo con  valore  positivo del  capitale  netto  tangibile: la  società iscrive a fine 2014 mezzi propri per 4,4 miliardi a fronte di intangibles per 3 miliardi (di cui 2,2 miliardi rappresentati da licenze). Wind  ha  lo  sbilancio  più  evidente  con  mezzi  propri  per 111 milioni (787  milioni  nel  2013) ed intangibles pari a  8,3 miliardi  (di  cui  avviamenti  per  3,6  miliardi e  licenze per  2,7 miliardi),  3  Italia  ha  un  netto patrimoniale da 1,3 miliardi con 3,8 miliardi di immateriali (di cui 3,1 miliardi in licenze), Telecom Italia a 21,7 miliardi di mezzi propri ma 36,8 miliardi di intangibles, per la maggior parte relativi  ad  avviamenti  (2,6 mld  sono  le licenze). Tiscali ha patrimonio netto negativo per 169 milioni ed intangibles per 60 milioni”.

Nonostante la redditività in contrazione, a Vodafone Italia spetta anche nel 2014 il maggiore fatturato per dipendente: 963 mila euro (-3,1% sul 2013 e -17,8% sul 2010), una volta e mezzo superiore rispetto al valore di Telecom Italia (356 mila euro, in riduzione rispetto ai 385 mila toccati sia nel 2013 che nel 2010) e superiore di oltre il 50% anche al fatturato pro-capite di Wind Telecomunicazioni (632 mila euro, -9% sul 2013 e -21% sul 2010), con cui condivide una similare dimensione della forza lavoro (6.283 unita’ per Vodafone Italia, 6.955 per Wind).

Quote di mercato

A fine giugno, Telecom Italia detiene il 32,3% (-0,6% sul 2010) del mercato mobile; Vodafone Italia il 26,7% (-5,7% sul 2010), Wind 22,9% (+1,8%), 3 Italia il 10,9% (+1,3%), PosteMobile il 3,7% (+1,9%), Fastweb 1,0% (+0,5%).

Le quote degli operatori Mvno sono quasi raddoppiate, passando dal 3,8% delle sim complessive del 2010 al 7,1% del giugno 2015, comunque ancora inferiori a quelle degli operatori virtuali nei principali paesi europei, in particolare della Germania con una quota stimata al 24%.

Sul fisso, Telecom Italia si attesta al 59,3% (-12,3% sul 2010), Wind al 13,3% (+2,7%), Vodafone Italia al 10,2% (+2,8%), Fastweb al 10,8% (+3,4%) e Tiscali al 2%. Mentre per il Broadband Telecom Italia detiene il 47,5% (-7,4% sul 2010), Wind il 15,3% (+0,5%), Fastweb il 14,7% (+3%), Vodafone il 12,7% (+0,8%), Tiscali il 3,2%.

Europa

Nel  mobile  i  principali  operatori  europei  sono Vodafone  (446 milioni  di  clienti  con  attività in  26 Paesi, principalmente in Gran Bretagna, Germania, Italia, Spagna e Turchia e con controllate anche in Africa e India), Telefónica (attiva in Spagna, in numerosi Paesi dell’America Latina  tramite il marchio Movistar, in Gran  Bretagna  e  Germania  tramite  O2 e in  Brasile con Vivo,  con  oltre  340  milioni  di  clienti), Orange (presente in 29 nazioni, tra cui Francia, Spagna, Polonia, diversi Paesi dell’Africa e in Gran Bretagna,tramite Everything  Everywhere, joint-venture paritetica con  Deutsche Telekom,  per  complessivi  244  milioni  di clienti) e Deutsche Telekom (in 50 Paesi, principalmente Germania e USA).

Telecom Italia, pur non avendo una significativa presenza in altri Paesi europei, genera il 30% circa del suo fatturato complessivo in Brasile dove la controllata Tim Brasil è il secondo operatore mobile con una quota di mercato del 26,4% e 74,6 milioni di abbonati agiugno 2015 (dai 51 milioni del 2010).

In termini di ricavi, la maggiore compagnia  telefonica è Deutsche Telekom con oltre 62,6 miliardi di ricavi, di cui 22,4 mld originati dalla controllata USA e 8,2 miliardi dalle vendite di apparecchi (il 13% del fatturato). Seguono Vodafone con 54 miliardi e il  Gruppo  Telefónica  con  50 miliardi, dicui 24,3 miliardi relativi  alle  attività  in  America  Latina  (per  17 miliardi dalla sola telefonia mobile).

In Francia, Orange detiene una quota di mercato pari al 33,9%; Sfr il 28,7%, Boygues Telecom il 13,9%, Iliad il 12,6%.

In Germania, Telefonica ha il 37,4%, Deutsche Telekom il 34,6% e Vodafone il 28%.

In Spagna, Telefonica si attesta al 30,7%, Vodafone al 23,4%, Orange al 23%, Yoigo al 6,7% e gli altri operatori detengono il 16,2%.

Infine nel Regno Unito, Everything Everywhere ha il 29,4%, O2 il 27,1%, Vodafone il 19,4%, 3 UK il 10,2%, mentre gli altri operatori il 13,9%.