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Mediaset: Lite su Premium? Se ne esce per vie legali. Smentita Vivendi: ‘Non usciamo da Telecom Italia’

La smentita di Vivendi

 

Vivendi smentisce le indiscrezioni diffuse ieri da Bloomberg, secondo cui il gruppo francese starebbe meditando la cessione del 24% in Telecom Italia per puntare invece sul vero sogno di Vincent Bolloré, ovvero la creazione di un polo unico europeo dei media, con Mediaset come partner strategico.

Piersilvio Berlusconi attacca

 

Nel contempo, oggi Piersilvio Berlusconi ribadisce a Milano, dopo l’incontro con gli investitori, che dalla battaglia legale in corso con Vivendi dopo la rottura su Mediaset Premium, con successiva scalata del gruppo transalpino fino al 30% del Biscione, si esce soltanto “con le vie legali”.

Berlusconi oggi è sembrato meno possibilista sulla riapertura del dialogo con i francesi dopo l’apertura di due giorni fa e ha precisato che “Non c’è nessuna novità, non c’è stato nessun contatto tra Vivendi e Fininvest, né tra Vivendi e Mediaset – ha detto Berlusconi – Noi abbiamo subito un danno enorme, non tanto per la mancata vendita, ma per il danno che le attività di Premium hanno subito”, ha aggiunto.

“Non è una situazione semplicissima. Ma – ha sottolineato – dalle relazioni che vediamo mi sembrano più preoccupati loro. Noi qui siamo e qui rimaniamo”.

Insomma, lo stallo permane e Mediaset punta sui tribunali per ricevere ristoro dopo la rottura del deal per l’acquisto di Premium da parte di Vivendi, che rischia una maxi multa (la richiesta di risarcimento danni di Mediaset è nell’ordine di 1,5 miliardi di euro).

La situazione al momento sembra bloccata. “Tra i vari danni che ci ha causato Vivendi c’è anche il fatto che cedere Premium ad altri soggetti sia più difficile”, anche se “non impossibile”. Ma, ha precisato l’ad, al momento “non ci sono negoziati in corso”.

E proprio Premium resta la nota più dolente per Mediaset, con circa 200 milioni di perdite nel 2016, più del doppio rispetto al rosso di 84 milioni nel 2015. Sulla ay tv del gruppo pesano i circa 600 milioni di euro all’anno spesi per i diritti del calcio (380 milioni per le 8 migliori squadre della Serie A e 220 milioni per la Champions League).

Piano strategico 2017-2020

 

 Le nuove linee guida del piano strategico 2017-2020 presentato due giorni fa a Londra dicono che il calcio passerà in secondo piano e che sarà affrontato in maniera “opportunistica”. Termine un po’ vago, che tradotto potrebbe indicare la volontà di Mediaset di partecipare (al limite) all’asta per i diritti della Serie A, o quanto meno di ospitare le partite di Sky sulla sua piattaforma, rinunciando invece a quella della Champions League per il triennio 2018-2021, anche se dalla stagione 2017-’18 l’Italia tornerà ad avere quattro squadre qualificate.

Mediaset Premium, quanto vale senza calcio

Mediaset Premium senza calcio avrà un giro d’affari ridotto di circa il 90% a 80 milioni di euro con 600mila abbonati (dai 2 milioni attuali) e una spesa media mensile per cliente che passa da 24 a 8 euro. E’ questo lo scenario 2020 fornito dal gruppo – secondo quanto ricostruito da Radiocor Plus – due giorni fa, nel corso della presentazione delle linee di sviluppo al 2020. Il management di Mediaset, guidato da Piersilvio Berlusconi, ha presentato agli analisti un nuovo modello di Premium che prevede una drastica riduzione dell’esposizione ai diritti del calcio, soprattutto per quanto riguarda la Champions League che non vedrà Mediaset in corsa per le licenze, e una generale “cura dimagrante” del business pay. Questo porterà il giro d’affari di Premium dagli attuali 600-680 milioni (tra abbonati e raccolta pubblicitaria) a circa 80-90 milioni con un abbattimento dei costi stimato in 800 milioni dal 2018, quando scadranno le attuali licenze Champions e Serie A: 700 milioni di risparmi riguarderebbero i diritti e i costi di produzione, 100 milioni altre voci di spesa. In questo scenario base, Premium raggiungerebbe il break even.
Sul via libera al piano 2020 pesa il rischio di veto da parte di Vivendi, che con la sua quota poco inferiore al 30% è il secondo azionista dietro a Fininvest con il 40% circa.

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