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Manovra, la tassa sulle sim aziendali non è ancora esclusa

Non è ancora esclusa l’introduzione di una tassa sulle sim aziendali per finanziare la manovra di bilancio. All’appello mancano ancora 5 miliardi di coperture, ma il tempo stringe. Se ne saprà di più, con certezza, domani dopo che il Governo avrà inviato la bozza della manovra alla Ue entro il 15 ottobre sintetizzato nel Documento programmatico di bilancio (Dpb). Ma per ora, nonostante le smentite di rito, l’ipotesi di una tassa sui cellulari aziendali, con un aggravio di 6-10 euro mese per ogni dipendente, da cui trarre un miliardo di euro per finanziare la manovra, non è ancora tramontata, nonostante le proteste di aziende del settore, sindacati e anche di alcuni politici. Il testo definitivo si avrà probabilmente il 20 ottobre, dopo la presentazione in Parlamento fissata per il 20 ottobre, termine peraltro non definitivo.  

“Un nuovo tributo a carico delle linee mobili ‘business’, oltre ad aggravare la situazione attuale, arrecherebbe un danno gravissimo alla diffusione delle tecnologie digitali nelle imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, tra i professionisti, gli artigiani e i commercianti”, ha protestato Asstel, aggiungendo che un tributo sulle sim aziendali “arrecherebbe un danno gravissimo alla diffusione delle tecnologie digitali nelle imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, tra i professionisti, gli artigiani e i commercianti: un effetto pesantemente negativo per tutti coloro che lavorano e creano sviluppo. E ostacolerebbe la diffusione delle soluzioni digitali più innovative (Internet of Things) che prevedono l’impiego di un grande numero di SIM, con un volume unitario di traffico di limitate dimensioni e valore: un servizio che diventerebbe del tutto antieconomico con l’imposizione di un simile tributo”. 

C’è da dire che l’introduzione della misura era stata già smentita dal vice ministro del Tesoro Laura Castelli: ”Tassare le Sim ricaricabili preoccupa molto sia noi 5 stelle che le aziende di telecomunicazioni, nonché i consumatori, anche per il grave impatto che avrebbe sullo sviluppo del settore e sull’occupazione. Anche le preoccupazioni alternative di tassare ulteriormente ls clientela business, da più parti sollevate, trova la nostra contrarietà. Saremo fermi su questo”.

Settore Telecomunicazioni che negli ultimi anni soffre, come dimostrano i dati appena pubblicati dall’Agcom che ha riscontrato una flessione del 2,6% dei ricavi complessivi del comparto negli ultimi 4 anni e la perdita di 1.700 posti di lavoro. Sulla industry delle Tlc pesa la concorrenza sempre più agguerrita degli OTT, da Amazon a Microsoft passando per Google e Facebook, in servizi un tempo presidiati dalle telco e gli ingenti investimenti necessari per la realizzazione delle nuove reti 5G, per le cui frequenze gli operatori hanno sborsato lo scorso anno la bellezza di 6,5 miliardi di euro.

Manovra, Brunetta: mancano coperture, qualcuno sarà scontentato

“Il Governo giallo-rosso non sa ancora dove trovare le risorse per coprire la manovra, a sole 48 ore dalla scadenza del termine per la presentazione del Draft Budgetary Plan, ovvero le tabelle contenenti la quantificazione della finanziaria, alla Commissione Europea. Secondo le ultime notizie di stampa, infatti, mancherebbero all’appello addirittura cuneo fiscale e le spese indifferibili, tra le quali il rinnovo dei contratti pubblici, ed evitare l’aumento dell’Iva. Misure alle quali si sarebbero aggiunte nelle ultime ore quelle del salario minimo e del fondo per le famiglie. Se queste risorse non fossero trovate, il Governo sarebbe costretto a chiedere ancora maggior deficit all’Europa”. Richiesta che “verrebbe sicuramente respinta”. Lo scrive in una nota Renato Brunetta, deputato e responsabile economico di Forza Italia.

“Per colmare questo gap, la componente renziana dell’Esecutivo ha proposto cosi’ l’abolizione completa della quota 100, la misura introdotta dal precedente Governo Lega-Movimento 5 Stelle per superare la riforma Fornero, che si è rivelata tanto costosa quanto inutile per aumentare la crescita del Pil. Una misura molto discussa che ora potrebbe essere messa da parte. Il problema è che il Movimento Cinque Stelle non ne vuole proprio sapere, non perché è convinto della sua efficacia, ma perché teme di perdere il proprio consenso elettorale. Il rischio di creare nuovi esodati è, infatti, molto concreto”. Inoltre, “sulla questione delle manette agli evasori, si è scatenata una dura battaglia tra la componente del movimento pentastellato più giustizialista e quella più moderata. Per non parlare, infine, del rischio concreto di un aumento delle tasse, da quella sulle sim aziendali alla sugar tax, dal taglio delle detrazioni fiscali, equivalenti ad un aumento della tassazione diretta al taglio della flat tax per i professionisti. Un aumento della pressione fiscale sembra però ormai certo, data la mancanza di alternative. Il rischio è quello che il Governo italiano si presenti a Bruxelles con una manovra scoperta, che farebbe aumentare il rapporto deficit/Pil per il 2020 a quasi il 3,0%, con conseguente aumento del debito, già a livelli record. Inaccettabile, per la Commissione. Di conseguenza, molte delle promesse fatte dall’Esecutivo nelle ultime settimane non potranno essere finanziate. Quali? Bisognerà aspettare ancora poche ore e finalmente sapremo chi sarà stato scontentato”.

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