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Manifattura 4.0, rischio crollo investimenti in Italia (e non per colpa del coronavirus)

La propensione ad investire nel manifatturiero italiano sta diminuendo rapidamente, sia da parte del mercato interno, sia estero. Il settore delle macchine industriali ha subito un crollo netto nel quarto trimestre 2019, con un calo del 16% rispetto all’anno passato.

Un dato che allarme e preoccupa tutto il settore, perché avvenuto ben prima il diffondersi del coronavirus, l’epidemia in Cina e il drastico stop agli approvvigionamenti e alle forniture di componenti e semilavorati provenienti dalle aree asiatiche più colpite dall’emergenza sanitaria.

Il dato Ucimu degli ordini di macchine utensili sul mercato interno ha registrato un arretramento del 21,2%, rispetto al quarto trimestre del 2018. Sul fronte estero gli ordini sono calati del 13,8% rispetto al periodo ottobre-dicembre 2018.  Su base annua, l’indice totale segna un arretramento del 17,9% rispetto all’anno precedente. Il risultato è stato determinato dal calo registrato sia sul mercato interno (-23,9%) sia su quello estero (-15,4%).

Nella “Congiuntura Flash – Febbraio 2020”, Confindustria si attende minori investimenti in macchinari, almeno nella prima metà del 2020: “La debolezza degli investimenti, la componente tradizionalmente più volatile della domanda interna, si è riflessa immediatamente nella fiacchezza del PIL nel corso del 2019. Inoltre, la carenza di investimenti riduce l’accumulazione di capitale fisico, frenando la crescita economica anche nel medio-lungo termine”.

In un comunicato congiunto di imprese e sindacati diffuso ieri, si chiede che “oltre alle misure urgenti che il Governo ha adottato, o si appresta ad adottare, di necessario sostegno alle imprese e al reddito dei lavoratori, questo è il momento per costruire un grande piano di rilancio degli investimenti nel Paese che contempli misure forti e straordinarie per riportare il lavoro e la nostra economia su un percorso di crescita stabile e duratura“.

Gli investimenti

La dinamica deludente degli investimenti nel 2019 è dovuta a vari fattori: “la ridotta fiducia a livello domestico, specie nel manifatturiero; la flessione degli ordini e delle attese di domanda per le imprese; l’offerta di credito bancario sempre più selettiva, che ha condotto in calo i finanziamenti; il difficile e incerto scenario internazionale. L’ultima incognita ad aggiungersi, a inizio 2020, è stata il coronavirus”.

Si conferma quindi una progressiva riduzione della propensione a investire: “Il consumo italiano di sistemi di produzione si sta riportando su valori fisiologici tipici del nostro mercato. D’altra parte, non potevamo aspettarci che la domanda italiana mantenesse ancora i ritmi di crescita a cui ci aveva abituato nel triennio 2016-2018”, ha affermato Massimo Carboniero, presidente Ucimu-Sistemi per produrre.

Dobbiamo scongiurare un nuovo blocco degli investimenti che, di fatto, riporterebbe il nostro manifatturiero indietro di anni, vanificando quanto di buono è stato fatto con il Piano Industria 4.0 con il rischio di interrompere il processo di trasformazione tecnologica in atto nell’industria italiana”, ha precisato Carboniero.

Una questione non solo di strategie e risorse, ma anche di tempo: “Riteniamo che le nuove misure di credito di imposta previste nella Legge di Bilancio 2020, in sostituzione di super e iperammortamento, siano tecnicamente adeguate allo scopo di sostenere l’aggiornamento dei macchinari e la trasformazione in chiave digitale dell’industria italiana. Ciò che non è adeguato è la loro temporalità sempre legata ai soli 12 mesi”, ha aggiunto il presidente Ucimu.

Chiediamo alle autorità di governo di ragionare subito su un nuovo piano triennale per l’innovazione che, capace di supportare gli investimenti in tecnologie di produzione, abbia il credito di imposta, secondo le differenti declinazioni (aliquote), come misura portante”, ha dichiarato Carboniero.

Lo scenario internazionale

Dalla generale instabilità economica e politica, di numerose aree del mondo, alla conclamata difficoltà della locomotiva tedesca che fatica a ripartire, appesantita dal grande interrogativo rappresentato dallo sviluppo in chiave elettrica del settore automobilistico, la condizione dei mercati internazionali non è favorevole all’Italia e all’Europa.

In aggiunta, c’è da tener in massima considerazione il peso delle sanzioni che interessano le esportazioni in importanti mercati di sbocco per chi opera nei settori manifatturieri, primi fra tutti Russia e Iran, il rallentamento della Cina prima e dopo l’arrivo del virus covid-19 e il reiterato atteggiamento protezionistico di alcuni importanti paesi come gli Stati Uniti.

Uno sbocco è rappresentato dall’India e dai Paesi Asean (Association of South-East asian nations), nazioni al momento non schiacciate dall’epidemia coronavirus e impegnate in un rapido e deciso processo di sviluppo industriale e infrastrutturale, che però necessitano di un’adeguata industria locale di sistemi di produzione e automazione e di acquisire dall’estero tecnologie di ultima generazione. Necessità che possono essere soddisfatte dalle imprese italiane.

Ultima e futura frontiera dell’industria 4.0, infine, saranno i Paesi dell’Africa Sub-sahariana, “dove si può intervenire fin da subito tramite progetti di cooperazione internazionale per stimolare l’industria manifatturiera locale – si legge nella nota Ucimu – e sostenere e coordinare la nascita di un polo formativo destinato a istruire tecnici locali su macchinari e tecnologie italiane”.

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