Più che una sfida commerciale, quella lanciata da Donald Trump all’Europa con l’accordo siglato in Scozia al fianco di Ursula von der Leyen, somiglia a una rivincita geopolitica sul fallito patto con la Cina del 2019 , e a una mina vagante per la transizione energetica globale.
Energia fossile in cambio di dazi più leggeri
Il dato politico che balza all’occhio non è tanto il dazio del 15% su tutte le esportazioni europee verso gli Stati Uniti, quanto piuttosto l’impegno, ancora più audace (o avventato), da parte dell’Unione Europea ad acquistare energia americana per un valore di 250 miliardi di dollari all’anno per tre anni. Vale a dire 750 miliardi di dollari in combustibili fossili, principalmente petrolio greggio e gas naturale liquefatto (LNG), in piena epoca di Green Deal.
Un controsenso clamoroso.
Una promessa impossibile
Fortunatamente si tratta di una promessa impossibile. Chi mastica numeri lo capisce subito: l’obiettivo è irrealizzabile. L’UE non ha la capacità infrastrutturale né il fabbisogno per acquistare simili volumi, e anche se li avesse, gli USA non riuscirebbero a fornirli.
Ma c’è di più. Se l’Europa provasse davvero ad aumentare gli acquisti di energia americana fino a quei livelli, i flussi energetici globali subirebbero sconvolgimenti colossali. Non si tratta solo di geopolitica, ma di logistica, disponibilità, prezzi. In pratica, un terremoto annunciato.
Non è la prima volta che Trump rincorre cifre irrealistiche. Basti ricordare l’“accordo Fase 1” con la Cina, che prevedeva 200 miliardi di dollari di acquisti energetici aggiuntivi entro il 2021. Mai realizzati. Anzi, Pechino non tornò nemmeno ai livelli pre-guerra commerciale del 2017.
I numeri non tornano
Numeri alla mano, è possibile dare un peso a queste affermazioni. Nel 2024, l’UE ha importato:
- 3,38 miliardi di barili di petrolio (da tutto il mondo)
- 82,68 milioni di tonnellate di LNG
- Carbone metallurgico per 6,72 miliardi di dollari
Di questi:
- 573 milioni di barili di petrolio sono arrivati dagli USA (valore: 40,1 miliardi)
- 35,13 milioni di tonnellate di LNG dagli USA (valore: 21,78 miliardi)
- Carbone USA per 2,67 miliardi di dollari
Complessivamente quindi, nel 2024, le importazioni energetiche in Europa dagli USA hanno raggiunto un valore di 64,55 miliardi di dollari. Poco più di un quarto dell’obiettivo fissato dall’accordo.
Per arrivare a 250 miliardi l’anno, l’UE dovrebbe più che triplicare queste cifre, portandole a rappresentare l’85% di tutta la sua spesa energetica fossile.
Neanche gli USA ce la fanno
Sempre guardando i dati (fonte Reuters), nemmeno Washington potrebbe reggere la promessa. Nel 2024, gli USA hanno esportato:
- 1,45 miliardi di barili di greggio (101,5 miliardi di $)
- 87 milioni di tonnellate di LNG (54 miliardi di $)
- 51 milioni di tonnellate di carbone metallurgico (10,3 miliardi di $)
La somma totale fa 165,8 miliardi di dollari. É dunque chiaro che anche se l’UE si accaparrasse il 100% dell’export energetico USA, resterebbe sotto di oltre 80 miliardi rispetto all’obiettivo.
Un’illusione condivisa?
Alcune fonti vicine all’accordo parlano poi di carburanti raffinati e combustibili nucleari inclusi nel computo. Tuttavia, pur volendo inserirli nel conteggio, si fatica comunque ad arrivare alla cifra promessa. Ad esempio:
- Nel 2024, gli USA hanno esportato verso l’UE 110 milioni di barili di prodotti raffinati (come il diesel), per circa 10,9 miliardi di dollari.
Insufficienti a colmare il divario.
Una strategia del rinvio
Alla luce di queste considerazioni, l’unica domanda da porsi è: se tutti sanno che è impossibile, perché firmare un impegno del genere? L’ipotesi più verosimile è che l’UE stia cercando di guadagnare tempo. Di certo potremmo emulare il comportamento della Cina, che dal 2019 a questa parte ha solo negoziato senza mai rispettare gli accordi, forse sperando in un cambio di vertice alla Casa Bianca.
Nel frattempo, però, l’Europa rischia di pagare un prezzo altissimo, soprattutto in termini di credibilità e coerenza politica in ambito energetico, nonchè di indipendenza strategica nell’approvvigionamento delle fonti.
Il Green Deal, con buona pace degli annunci, potrebbe finire sepolto sotto un mare di greggio texano.