Il Consiglio europeo punta all’autonomia normativa in campo digitale, reagendo alle pressioni USA
Non ci allontaniamo più di tanto da quanto già accaduto nel recente passato. L’unione europea (Ue) è determinata a difendere la propria autonomia regolatoria per quel che riguarda il settore digitale e tecnologico. Gli Stati Uniti, dal canto loro, chiedono maggiore flessibilità e soprattutto una sorta di immunità regolatoria per le Big Tech.
Nella bozza delle conclusioni del Consiglio europeo visionata da Euractiv si sottolinea piena autonomia nell’applicare proprie regole nel settore digitale e tecnologico. Più che un principio da difendere (la cui condivisione tra gli Stati dell’Unione è tutta da dimostrare) appare una reazione determinata a quanto disposto dall’altra parte dell’Oceano Atlantico.
Le accuse americane e la minaccia reiterata di dazi
In un messaggio su X dello US Trade Rapresentative, cioè il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, cioè l’ufficio occupato da Jamieson Greer, si leggeva: “Se l’Unione europea e i suoi Stati membri insistono nel continuare a limitare, restringere e scoraggiare, la competitività dei fornitori di servizi statunitensi, attraverso mezzi discriminatori, gli Stati Uniti non avranno altra scelta che iniziare a utilizzare ogni strumento a disposizione per contrastare queste misure irragionevoli”.
Non solo, si legge ancora: “Qualora fossero necessarie misure di risposta, la legge statunitense consente, tra le altre azioni, la determinazione di tariffe o restrizioni sui servizi esteri”.
L’accusa da parte degli Stati Uniti è sempre la stessa: le vostre leggi sono discriminatorie e colpiscono volontariamente le nostre aziende.
Un tema già affrontato, anche se in maniera non risolutiva, dal commissario europeo per il Commercio, Maroš Šefčovič un mese fa esatto a Bruxelles, proprio in un faccia a faccia con Greer e il segretario al Commercio USA, Howard Lutnick.
Washington ha accusato gli europei di continuare “a perseguire cause legali, imposte, multe e direttive discriminatorie e vessatorie nei confronti dei fornitori di servizi statunitensi”, con un richiamo diretto alle indagini su alcuni dei giganti tecnologici a stelle e strisce come Google, Meta e recentemente X, con una multa da 120 milioni di euro.
La lista nera
Di contro, si legge nel post su X del Rappresentante per il Commercio USA: “Le società di servizi statunitensi forniscono servizi gratuiti sostanziali ai cittadini dell’UE e servizi aziendali affidabili alle aziende dell’UE e sostengono milioni di posti di lavoro, con oltre 100 miliardi di dollari di investimenti diretti in Europa”.
Sempre nello stesso messaggio, è presentata anche una lista di aziende europee che operano negli Stati Uniti, che suona tanto come una “lista nera” di quelle società che presto potrebbero essere colpite da dazi o altre misure restrittive, come DHL, SAP, Capgemini, Accenture, Mistral e Siemens.
La Commissione per il momento continua ad indagare su X anche in relazione a una serie di altre questioni, tra cui la diffusione di disinformazione online, che devono ancora essere trattate in ambito DSA.
Secondo la bozza delle conclusioni del Consiglio, i governi europei sostengono con decisione l’istituzione di uno “Scudo democratico europeo”, un’iniziativa considerata fondamentale anche per combattere la disinformazione e le interferenze straniere, in particolare da parte della Russia.

