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Lo scenario apocalittico di Bernie Sanders sull’AI preoccupa i massimi esperti del settore

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Bernie Sanders avverte che la crescente automazione rischia di concentrare ulteriormente ricchezza e potere nelle mani dell’élite, riducendo i salari, indebolendo i sindacati e acuendo la disuguaglianza.

Bernie Sanders esprime profonde preoccupazioni riguardo al ruolo dell’AI nel ridefinire le dinamiche economiche e sociali contemporanee. In un’intervista con Gizmodo, il senatore del Vermont avverte che la crescente automazione rischia di concentrare ulteriormente ricchezza e potere nelle mani dell’élite, riducendo i salari, indebolendo i sindacati e acuendo la disuguaglianza.

Bernie Sanders sottolinea come, storicamente, l’aumento della produttività non abbia beneficiato i lavoratori, e teme che l’AI possa amplificare questa tendenza se non accompagnata da una forte regolamentazione politica e sindacale.

Propone la settimana lavorativa di 32 ore senza perdita di retribuzione come possibile soluzione, affinché i vantaggi dell’automazione si traducano in migliori condizioni di vita per i lavoratori e non in semplici profitti per gli amministratori delegati.

Tuttavia, le sue inquietudini vanno oltre l’economia: evidenzia anche gli effetti negativi dell’interazione costante con chatbot e robot sull’equilibrio psicologico delle persone, in particolare dei giovani, che rischiano di isolarsi ulteriormente dalla socialità umana.

Sanders si è confrontato recentemente con esperti di primo piano nel settore AI, alcuni dei quali condividono le sue paure. Un tema ricorrente è quello del ‘punto di non ritorno’, in cui la tecnologia sfuggirebbe al controllo umano, assumendo una forma dominante sulla società.

Lo scenario, già dibattuto da scienziati e imprenditori, non viene più considerato fantascienza. Sanders afferma che, come accaduto con precedenti rivoluzioni industriali, l’AI potrebbe generare disoccupazione massiva, ma con effetti potenzialmente molto più drammatici.

Infine, denuncia l’uso dell’AI come leva contrattuale per ricattare i lavoratori, similmente a quanto avvenne con le delocalizzazioni negli anni ’70, e invita i sindacati a mobilitarsi in modo deciso contro questo nuovo pericolo.

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Ricercatore AI di Meta avverte: ‘Un cancro metastatico’ sta affliggendo la cultura aziendale

Tijmen Blankevoort, ex ricercatore AI di Meta, ha pubblicamente denunciato una cultura organizzativa tossica all’interno dell’azienda, paragonandola a un ‘cancro metastatico’ che si sta diffondendo in tutto il gruppo.

In un intervento diretto e critico, ha descritto un ambiente dominato da una cultura della paura, alimentata da valutazioni delle performance iperfrequenti e da licenziamenti ciclici, che stanno erodendo lo spirito innovativo e la motivazione dei dipendenti.

La sua denuncia sottolinea come l’assenza di una direzione strategica chiara, unita a una leadership frammentata, abbia prodotto frustrazione e smarrimento tra i ricercatori e gli ingegneri AI.

Blankevoort ha osservato che molti membri del team, nonostante l’elevata competenza, si sentono incastrati in una struttura priva di una missione coerente, incapace di valorizzare l’autonomia e la creatività.

L’espansione aggressiva dell’unità AI da parte di Meta, in particolare attraverso la nuova divisione Superintelligence Labs, ha accentuato le tensioni interne.

Inoltre, il reclutamento intensivo di talenti da aziende rivali come Google e Apple ha sollevato critiche all’interno del settore, sollevando dubbi sull’etica e la sostenibilità delle strategie di crescita.

Le dichiarazioni di Blankevoort mettono in luce il rischio che, pur avendo risorse tecniche e umane di altissimo livello, Meta possa compromettere la propria capacità di leadership nel settore AI se non affronta profondamente le criticità culturali e organizzative che stanno emergendo.

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