Legge europea

L’Italia ‘rottama’ la tv analogica, scatta l’era DVBT2

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Approvata alla Camera la Legge europea. La palla passa adesso al Senato. Abrogati i cinque decreti sui ricevitori per la tv analogica. Il 2015 è l’anno del DVBT2.

Approvata alla Camera la legge europea per il 2014 che ora passa al Senato. Hanno votato contro Lega e Fdi mentre si sono astenuti M5S e Fi.

Il testo, che recepisce nell’ordinamento italiano una serie di norme europee evitando le procedure di infrazione da parte ella Commissione Ue, contiene una serie di novità. Ecco le novità per quanto riguarda il settore televisivo.

Le norme abrogano i cinque decreti ministeriali che hanno disciplinato nel tempo la commercializzazione in Italia degli apparecchi ricevitori per la televisione analogica.

Come si spiega nella Relazione tecnica, “l’esigenza di abrogare tale disciplina nasce dall’introduzione delle nuove tecnologie sul mercato dei ricevitori per televisione, dal completamento al 1° gennaio 2013 del passaggio alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale e dalla recente normativa di settore… Le innovazioni introdotte rendono necessario un aggiornamento e un riordino dello specifico quadro normativo e la conseguente abrogazione dei cinque decreti emanati in tempi in cui era presente la tecnica analogica”.

La norma è finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 6868/14/ENTR, nell’ambito del quale la Commissione europea ha contestato, in particolare, il fatto che il decreto ministeriale 26 marzo 1992 penalizzasse la vendita in Italia di prodotti fabbricati al di fuori dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo ma legalmente immessi sul mercato di uno degli Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo. Infatti, ai sensi degli articoli 34 e 36 del TFUE e delle direttive 2004/108/CE e 2006/95/CE di armonizzazione del settore, tali prodotti vanno trattati alla stregua dei prodotti fabbricati nell’Ue o nello Spazio economico europeo e devono beneficiare anch’essi della libera circolazione nel mercato interno europeo, senza necessità di essere sottoposti ad una previa omologazione nazionale.

Pertanto, l’articolo 1 abroga il suddetto decreto ministeriale e tutta la normativa secondaria del settore relativo alla radiodiffusione in tecnica analogica che, oltre ad essere in contrasto con la normativa armonizzata dell’Unione europea, non risponde più alle mutate esigenze del mercato, considerato il definitivo passaggio al digitale terrestre.

In particolare, vengono abrogati i cinque decreti ministeriali emanati dal 1978 al 1992 dall’allora esistente Ministero delle poste e delle telecomunicazioni.

Dalla Relazione tecnica emerge che l’abrogazione del decreto 26 marzo 1992 e del precedente decreto 6 febbraio 1978 rende possibile la libera circolazione dei ricevitori televisivi sul mercato ed elimina una situazione di incertezza per gli operatori, sollevati dall’obbligo di richiedere una certificazione di conformità dei prodotti prevista per i ricevitori analogici, non più utilizzati.

Il rilascio delle certificazioni di rispondenza dei ricevitori analogici dei televisori immessi sul mercato nazionale avviene con le spese a carico del soggetto terzo.

Con l’articolo 3-quinquies del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, è stata prevista la mera possibilità di inserire dal 2013 sintonizzatori analogici nei televisori: pertanto l’attività di omologazione degli stessi è comunque destinata ad esaurirsi, anche per il contestuale obbligo, a decorrere dal 2015, di inserire nei ricevitori televisivi non solo il sintonizzatore per lo standard digitale DVBT, ma anche la sua evoluzione DVBT2. Pertanto da quest’anno la presenza di televisori dotati ai sintonizzatore analogico sarà da considerarsi meramente residuale.

 

Diritti d’uso delle frequenze analogiche

L’articolo 3, relativo all’assegnazione di diritti d’uso di frequenze radio analogiche, è finalizzato a chiudere il caso EU Pilot 3473/12/INSO, nell’ambito del quale la Commissione europea ha rilevato che il quadro normativo vigente in Italia, costituito dalla legge n. 66 del 2001 e dal testo unico dei servizi di media televisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo

  1. 177 del 2005, non prevede la possibilità di assegnare nuove frequenze per la radiodiffusione in banda analogica.

Infatti, il servizio di radiodiffusione sonora in onde medie (OM) analogico a modulazione di ampiezza (AM) è stato esercitato dal concessionario del servizio pubblico mediante gli impianti registrati presso l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT).

Negli ultimi anni la Rai ha iniziato a ridurre la propria presenza nel settore, lasciando in tal modo potenzialmente libere risorse di frequenze che potrebbero essere utilizzate dall’Italia per essere assegnate ad altri soggetti, secondo le regole stabilite dall’UIT e dagli accordi internazionali stipulati in tale contesto.

Tuttavia, il quadro normativo vigente non prevede la possibilità di assegnare nuove frequenze per la radiodiffusione in tale banda. Pertanto, si è reso necessario provvedere con un intervento normativo che consenta questa possibilità e ne disciplini le modalità, anche al fine di evitare l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.

In particolare, con riferimento alla citata delibera, sono stati considerati i seguenti punti:

1) un percorso efficiente di sfruttamento della risorsa richiederebbe innanzitutto un’attività di pianificazione che tenga conto del vincolo del coordinamento internazionale delle frequenze e che, per lo specifico, deve fare riferimento agli atti finali della Conferenza di Ginevra 1975 dell’UIT, e in secondo luogo l’adozione di un provvedimento che fissi i criteri e le procedure di assegnazione dei relativi diritti d’uso;

2) un utilizzo della banda delle OM per il servizio di radiodiffusione sonora, in tecnologia sia analogica sia digitale, deve essere valutato in relazione alle tipologie di esigenze prospettate dai soggetti interessati al servizio radiofonico in tali bande, dando tuttavia preminenza alle soluzioni tecnologiche che consentono uno sfruttamento più efficiente della risorsa e l’introduzione di servizi innovativi;

3) gli attuali vincoli normativi che impediscono l’ingresso di nuovi soggetti nel mercato risultano ampiamente comprensibili se riferiti alla radiodiffusione analogica nella banda VHF (la banda 87,5-108 MHz), dove la situazione di oggettiva congestione delle utilizzazioni in atto rende di fatto impossibile ipotizzare l’ingresso di nuovi soggetti. Tuttavia, in caso di disponibilità di nuove risorse, come avverrebbe se si rendesse disponibile attraverso una pianificazione la banda delle OM, lo stesso vincolo non troverebbe giustificazione ma, al contrario, si ritiene che dovrebbe essere valutata l’opportunità di stabilire una riserva per i soggetti nuovi entranti;

4) la preminenza del servizio pubblico nell’impiego della banda delle OM deve essere tenuta in debito conto, armonizzandone le esigenze, anche in via prospettica, con l’eventualità di un uso della stessa banda da parte di soggetti privati.

Limiti orari per la pubblicità televisiva

L’articolo 5, relativo ai servizi di media audiovisivi, è finalizzato all’archiviazione del caso EU Pilot 1890/11/INSO, nell’ambito del quale la Commissione europea ha contestato l’erroneo recepimento della direttiva 2007/65/CE sui servizi di media audiovisivi, posto che, con riferimento ai limiti orari per la pubblicità televisiva, l’articolo 38, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come modificato dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, e dal decreto legislativo correttivo 28 giugno 2012, n. 120, introduce un’eccezione aggiuntiva rispetto a quelle previste dall’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13/UE, prevedendo che i brevi messaggi pubblicitari rappresentati da anteprime di opere cinematografiche di nazionalità europea di prossima programmazione non siano considerati ai fini del calcolo dei limiti massimi per la pubblicità.

Con la presente disposizione si adegua pertanto la disciplina dei trailer di opere cinematografiche, contenuta nel citato testo unico sui servizi di media audiovisivi e radiofonici, alla previsione dettata dalla direttiva 2007/65/CE, assicurando che l’esclusione dai limiti di affollamento pubblicitario avvenga solo nei casi in cui tali filmati non abbiano natura strettamente pubblicitaria e siano, pertanto, chiaramente distinguibili dal resto della programmazione, anche pubblicitaria.