“Quando c’era Steve Jobs” è la frase più usata dagli utenti Apple malati di passatismo, sul modello di quelle che dicono i nostalgici in genere. Quando c’era Steve Jobs sì che i prodotti della Mela erano sempre innovativi.
Quando c’era Steve Jobs, i keynote – maglioncino a collo alto nero, mani giunte in una posa tra il monaco buddista e un cattivo a caso dei fumetti – erano uno spettacolo. Quando c’era Steve Jobs, la one more thing che chiudeva gli eventi era qualcosa di davvero ghiotto, non come oggi (e comunque sono stati quasi abbandonati: dopo la presentazione, effettivamente rivoluzionaria, del primo chip M1 nel 2020, nel 2023 è stato lanciato l’Apple Vision Pro, ancora un oggetto misterioso per la maggior degli utenti, e poi più nulla).
Ma quello che finora era stato più che altro il mormorio collettivo degli incontentabili ora è aumentato di volume, perché l’evento per la presentazione dei nuovi iPhone, Apple Watch, AirPods Pro è stato giudicato tutt’altro che entusiasmante. Sì, c’è l’iPhone Air, bell’oggetto, sottilissimo: ma tutto qui? Mentre Samsung sfotte Apple un giorno sì e l’altro pure, e non del tutto a torto (“fateci un fischio quando introducono anche loro gli smartphone pieghevoli”, dice l’ultima campagna), anche quella strana categoria di persone che cambia telefono ogni anno sta cominciando ad arrendersi. Negli stessi giorni sono stati ufficialmente introdotti MacOS Tahoe e iOS 26, con una nuova strombazzata interfaccia, “Liquid Glass”, che sembra piacere poco. Molto poco.
Qualità altissima (a caso prezzo), ma la rivoluzione non c’è
Chi la sa lunga dice: che pretendete, ormai i dispositivi hanno raggiunto l’apice. È ovvio che a Cupertino si ricicli ogni volta la frase “il miglior iPhone di sempre” anche se si limitano ad aggiungere un colore nuovo. Sta di fatto che le aspettative per l’evento di settembre erano alte e in molti si sono sentiti traditi. Gli iPhone 17 Pro e Pro Max – che costano come uno scooter, più o meno – porta in dote il chip A19 Pro, più potente ed efficiente, un display OLED Super Retina XDR ancora più luminoso e una nuova fotocamera da 48 megapixel anche per la lente ultrawide, con zoom ottico fino a 8x, ma niente che faccia salutare sulla sedia.
L’iPhone Air è obiettivamente molto elegante (anche se lo spessore della fotocamera stona non poco), ma con dei compromessi che per tanti non sono accettabili su un telefono che costa a partire dai milleduecento euro (sui comparatori di SOSTariffe.it, in ogni caso, si possono trovare le offerte di telefonia mobile con cui acquistare i nuovi prodotti a rate). Gli Apple Watch introducono le notifiche sull’ipertensione e tutto sommato poco altro.
La cancellazione del rumore dei nuovi AirPods 3, a sentire i primi utenti che l’hanno provata, cambia livello troppo spesso ed è fastidiosa. Intendiamoci: sono tutti dispositivi al top della gamma, e forse proprio per questo rimane poco spazio per inventare.
Ma considerando quanto costano, tra dazi e cambio “alla Apple” – l’Air, per dire, costa 999 dollari negli Stati Uniti, circa 840 euro; qui costa 400 euro in più – per molti non vale davvero più la pena di cambiare.
Apple: vetro liquido, addio alla linearità?
E poi c’è Liquid Glass, che a parte poche voci isolate sembra essere un mezzo disastro. Annunciato come un restyling in pompa magna dell’interfaccia dei dispositivi Apple, ha un’idea di fondo precisa e ambiziosa – trasformare ogni elemento dell’UI in un materiale “vitreo”, semitrasparente, fluido, capace di riflettere e rifrangere ciò che si trova dietro, adattandosi in tempo reale alla luce, al contesto e persino al tema chiaro o scuro scelto dall’utente – e un risultato che, almeno in queste prime versioni, sembra deludente. Una via di mezzo tra una skin di Winamp e l’aborrito skeumorphism di Scott Forstall (avversato da quel genio di Jony Ive, ormai lontano da Apple da anni e più interessato a fare video un po’ imbarazzanti di reciproci salamelecchi con Sam Altman).
Certo, non c’è più il flat design che aveva un po’ stancato, si può parlare di un bel feel “tattile” quando si naviga tra una finestra e l’altra, ma le buone notizie sembrano essere finite. Tanti, tantissimi hanno lamentato problemi di leggibilità, con testi e notifiche che si confondono sullo sfondo, e più di qualcuno ha definito il nuovo stile “troppo carico”, barocco, pesante (sui dispositivi meno recenti le animazioni sono spesso molto lenti) e tanto elaborato da distrarre, altro che aiutare la concentrazione, come Apple vorrebbe.
Rallentamenti e rettangolo stondati
Ancora una volta, insomma, Apple sembra posizionarsi più sul terreno della spettacolarità visiva che su quello della funzionalità pura, sollevando dubbi su quanto la sua nuova estetica sia davvero al servizio dell’esperienza utente. Perfino Wired, che di solito non è particolarmente critico, parla di uno dei design più divisivi di sempre, e designer e sviluppatori hanno fatto notare come l’idea stessa di “interfaccia che sparisce” rischi di essere un’illusione estetica che danneggia l’usabilità.
C’è chi paragona Liquid Glass al periodo in cui Ive decise di togliere ogni colore dalle icone di macOS: doveva servire a semplificare e a non distrarre, ma in realtà complicò la vita agli utenti, costretti a decifrare simboli tutti uguali. Anche oggi, l’effetto vetro fluido, uniforme e quasi indistinto rischia di cancellare quelle differenze visive che permettono di riconoscere a colpo d’occhio un’app da un’altra.
L’obiettivo, tra i rettangoli stondati e i giochi di trasparenze che possono ostacolare la leggibilità, è chiaramente quello di arrivare a un minimo comune denominatore tra il look degli iPad – sempre più utilizzati anche come portatili, grazie all’eccezionale integrazione con la Magic Keyboard – e quello dei MacBook e dei Mac. Non è detto però che unificare sia sempre un vantaggio, però, soprattutto quando i dispositivi hanno delle specifiche che è meglio tenere presenti.
Una volta Apple era tutta sobrietà, design lineare, scelta del monocratico per la sua eleganza e non per limiti tecnici. Ora ci sono le icone che, quando si cambia schermata su iPhone nei dispositivi più vecchi (ma ancora pienamente supportati), fanno apparire il contorno luminoso una frazione di secondo dopo. Una frazione, certo: ma fastidiosa. Che abbiano ragione una volta tanto i passatisti?