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Link Tax, all’Europarlamento si vota il 5 luglio

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Il 5 luglio prossimo, alle ore 12, la proposta di riforma del copyright nell’Ue approda nell’Aula del Parlamento europeo. Sarà di sicuro bagarre tra i chi è a favore e chi è contrario alla link tax e ai filtri anti-pirateria per i contenuti protetti dal diritto d’autore.

Il 5 luglio prossimo alle ore 12 l’Aula del Parlamento europeo è stata convocata per votare la tanto discussa riforma del copyright nell’Ue. Sarà di sicuro bagarre tra chi è contrario (M5S e il partito dei Pirati) e chi è a favore (in primis Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento) del testo approvato dalla Commissione giuridica del Parlamento europeo il 20 giugno scorso. Due sono gli articoli che hanno suscitato forti critiche: l’11 e il 13.

L’articolo 11 introduce la cosiddetta Link tax o tassa sui link per andare a disciplinare la “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale”.

In sostanza si vuole far pagare alle piattaforme (FacebookTwitter, ecc..) e gli aggregatori del web (Google News) la licenza per la pubblicazione dei contenuti giornalistici protetti da copyright. La misura non piace affatto né al Governo italiano né al Garante Privacy Antonello Soro.

Vogliono mettere il bavaglio alla rete inserendo la cosiddetta link tax, ovvero un diritto per gli editori di autorizzare o bloccare l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni”, ha tuonato Luigi Di Maio, 3 giorni fa. “E soprattutto – ha precisato il vicepremier – vorrebbero garantire un controllo ex ante sui contenuti che i cittadini vogliono condividere. Praticamente deleghiamo a delle multinazionali che spesso nemmeno sono europee, il potere di decidere cosa debba essere o meno pubblicato”.

A questo, ha assicurato il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, “Ci opporremo con tutte le nostre forze, a partire dal Parlamento europeo. Siamo anche disposti a non recepire la direttiva se dovesse rimanere così com’è”.

Sulla stessa lunghezza d’onda del Governo è anche la posizione del Garante Privacy, che ha spiegato così il suo No alla link tax:In questo modo si affiderebbe altro potere ai gestori delle piattaforme che avrebbero così la possibilità di scegliere quali contenuti pagare. Il rischio è affidare a loro la selezione delle notizie da veicolare sui social’, ha messo in guardia Antonello Soro.

Invece è un fervido sostenitore della riforma del Copyright nell’Ue il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani che si è scagliato contro la presa di posizione di Di Maio: “Non sono d’accordo con Luigi Di Maio. Noi vogliamo difendere autori e artisti dallo strapotere delle piattaforme che sfruttano le loro opere senza una giusta remunerazione”, ha precisato Tajani, durante un intervento alla Conferenza organizzata al Pe nell’ambito dell’anno del patrimonio culturale europeo 2018.

Secondo il Presidente dell’europarlamento, l’Europa è “in prima linea” nel fronteggiare le sfide per tutelare e promuovere i processi creativi nell’era digitale”.

Senza un’azione decisa per preservare la nostra creatività – ha detto Tajani – a soffrirne sarà tutta l’economia del continente. La creatività necessita d’investimenti e dedizione e si spegne senza una giusta remunerazione”.

Mi auguro che la posizione del vice primo ministro Di Maio sia una posizione personale” e che “l’Italia non segua una strada piena di errori”, perché “è una posizione che va a discapito delle identità culturali e farebbe un danno enorme all’occupazione e alle imprese italiane”.

Sulla questione si è aperto un ampio dibattito in Italia e sono diverse le associazioni di categoria dell’industria cultura e creativa, dall’Associazione italiana editori a Confindustria culturale, passando per la Federazione delle industrie musicali italiane, che hanno preso posizione contro la posizione del Governo Conte e a favore dell’operato di Bruxelles.

La proposta di legge diventerebbe realtà solo con l’ok del Parlamento europeo, che è chiamata a votarla dal 5 luglio alle ore 12.

In caso di approvazione saranno poi gli Stati a decidere. Infatti la riforma dà un codice di condotta, ma poi sarà competenza degli Stati membri prendere le decisioni del caso. Del resto la direttiva lascia per definizione più libertà di manovra ai governi nazionali.