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L’identità culturale europea come fattore della crescita e dell’integrazione europea

L’insieme dei valori e dei principi, propri del “modello culturale e sociale europeo”, è stato progressivamente smantellato e è stato relegato in posizione secondaria rispetto agli obiettivi della “unione economica”, focalizzandosi sugli obiettivi strettamente economici come quelli del “mercato unico” (o la mobilità di merci, servizi, capitali e lavoratori) e della “stabilità monetaria e finanziaria”. Questo, per inciso, sta mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza dell’euro.

Il Manifesto per una “nuova politica industriale e regionale” che è pubblicato nel libro del Gruppo di Discussione “Crescita Investimenti e Territorio”: “Investimenti, innovazione e nuove strategie di impresa: quale ruolo per la nuova politica industriale e regionale ?”, Milano: Egea, 2017, indica che il processo di integrazione europea va rafforzato ridefinendo le strategie di politica economica europea. Il libro è disponibile gratuitamente sul sito:  http://economia.uniroma2.it/dmd/crescita-investimenti-e-territorio.

Il Gruppo di Discussione “Crescita, Investimenti e Territorio” è un think-tank indipendente composto da più di 50 noti economisti ed esperti, sia del mondo accademico sia di altre istituzioni, e nelle sue pubblicazioni ha proposto le linee guida di una “nuova politica industriale e regionale”, che mira alla ripresa dell’economia europea e italiana.

Storicamente il processo di integrazione europea ha mirato a impedire il risorgere del nazionalismo ed evitare i conflitti e le guerre tra i paesi europei. Inoltre, ha mirato alla creazione di un unico ampio mercato che permettesse di raggiungere le economie di scala in nuove produzioni industriali. Ora,  in una fase di crisi economica e di sviluppo post-industriale o dell’economia della conoscenza e dei servizi, l’Unione Europea deve soprattutto valorizzare l’identità politico-culturale comune, che è la base per una maggiore integrazione anche istituzionale e non solo commerciale e finanziaria.

Infatti, una moderna economia della conoscenza e dei servizi non può svilupparsi nei paesi europei senza un sistema comune di norme e di istituzioni.

La valorizzazione dell’identità comune a scala europea promuove un maggiore senso di appartenenza comune, contrasta il processo in atto di frammentazione dell’Unione Europea e la mancanza di fiducia che spinge all’uscita dall’Euro e dall’Unione Europea.

I due problemi della crescita economica e dell’integrazione europea sono collegati. La valorizzazione dell’identità europea richiede l’investimento nella cultura, nella formazione, nei beni storico-culturali, nei servizi sociali e in una più equa distribuzione dei redditi e della ricchezza. La riscoperta di valori comuni tra i cittadini europei può rappresentare il volano di uno sforzo comune di lungo termine, che stimola gli investimenti comuni e la crescita economica dei singoli paesi. Pertanto, ripresa della crescita, orientamento al futuro e valorizzazione dell’identità culturale europea comune sono tra loro strettamente collegati ad una nuova politica economica, industriale e regionale.

Una nuova politica economica europea deve mirare non solo alla crescita economica ma anche a rafforzare il senso di appartenenza comune e quindi investire su quei beni e servizi comuni, come il patrimonio storico culturale europeo, che permettono di rafforzare le tradizioni europee. Si tratta quindi di potenziare quelle produzioni moderne che meglio rispondono ai valori largamente condivisi in Europa, come quelli di: sostenibilità ambientale, giustizia sociale, sicurezza e qualità del lavoro, valorizzazione delle capacità individuali, qualità del tempo libero e qualità della vita. In particolare, la tutela dell’identità culturale europea richiede di proteggere il territorio contro i disastri naturali, investire nella cultura e nella formazione dei giovani, sviluppare nuovi prodotti e servizi che rispondono ai nuovi bisogni di una popolazione con livelli di cultura sempre maggiori.

 

E’ necessario un cambiamento della politica economica europea che, da un lato, deve essere orientata ad obiettivi di medio e lungo termine e non solo agli obiettivi di sostenibilità finanziaria, che spesso sono stati un vincolo alle politiche nazionali e, dall’altro, deve mirare a promuovere un comune senso di appartenenza e il consenso su nuove programmi di intervento in settori di comune interesse.

Le politiche economiche europee devono rilanciare gli investimenti e l’innovazione non solo perché aumentano la produttività e la crescita economica e creano nuova occupazione qualificata, ma anche perché sono indispensabili per creare le capacità produttive o le infrastrutture e i servizi, che permettono di rispondere ai bisogni crescenti dei cittadini europei di cultura, istruzione, salute, sostenibilità ambientale, uguaglianza delle opportunità, solidarietà verso i più deboli e giustizia sociale e che sono coerenti con il “modello sociale e la cultura europei”.

La valorizzazione dell’identità comune rappresenta la base per lo sviluppo di politiche comuni a scala europea che rilancino gli investimenti nelle diverse città e regioni in svariati comparti: trasporti, energia, ricerca e innovazione, formazione, qualità del lavoro. Questo stimolerebbe  lo sviluppo di nuove produzioni e sosterrebbe la crescita dell’occupazione, soprattutto dei giovani, e faciliterebbe l’innovazione e la mobilità dei cittadini tra i diversi Paesi europei.

Pertanto, le istituzioni europee devono definire un grande programma di sostegno alla crescita che stimoli i governi e le imprese private dei diversi paesi, regioni e città a realizzare nuovi progetti di investimento privati e pubblici e di innovazione. Il “mercato” da solo non è in grado di dare risposte al problema della crescita e della disoccupazione.

Una nuova politica economica e una nuova politica industriale e regionale devono partire dall’espansione della domanda interna nell’ Unione Europea, dalla soddisfazione dei bisogni e dei cittadini, dallo sviluppo delle capacità produttive interne, degli investimenti materiali e immateriali, nuove competenze e conoscenze e quindi la creazione di maggiore occupazione qualificata.

L’obiettivo della piena occupazione richiede la creazione di nuove produzioni e nuove imprese, che mirino a rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini nel territorio. In particolare, nuovi investimenti materiali e immateriali sono necessari per innalzare la produttività e i salari e quindi far crescere la domanda interna per consumi.

Gli investimenti devono focalizzarsi sulle aree urbane, che rappresentano i nodi geografici, economici e culturali dell’economia europea e possono essere un grande laboratorio per lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e occupazione.

Le nuove produzioni non sono solo quelle manifatturiere, ma anche la costruzione di infrastrutture e l’offerta di servizi privati e pubblici che rispondono ai bisogni di abitazione, mobilità, cultura e tempo libero, salute, formazione superiore, risparmio energico e ambiente e territorio, dato che questi servizi trainano nuove produzioni manifatturiere, che in futuro potranno essere la nuova base d’esportazione europea.

La “nuova politica industriale e regionale” deve, in sintesi, stimolare la creazione di nuova conoscenza, la fiducia nel futuro, la volontà di intraprendere delle imprese e promuovere lo sviluppo delle reti di innovazione e di conoscenza tra i diversi attori nei diversi sistemi di innovazione nazionali, regionali e locali. L’innovazione è il risultato di uno sforzo collettivo di tutti gli attori che fanno parte del sistema di innovazione locale, nazionale e europeo e si basa sull’apertura delle imprese alla collaborazione e se necessario alla fusione con altre imprese. La nuova politica industriale e regionale in Europa dovrebbe essere basata su una stretta collaborazione bottom-up tra istituzioni locali, nazionali e comunitarie.

Contrariamente alle recenti tenedenze centralizzatrici, risulta necessario potenziare le istituzioni intermedie, adottare moderne forme di governance multilivello, assicurare un maggiore decentramento delle decisioni politiche e rafforzare le capacità progettuali delle istituzioni pubbliche locali e le loro capacità nella fornitura di nuovi servizi pubblici, di migliore qualità e più efficienti.

In conclusione, la ripresa dell’economia europea e la fiducia nel futuro di una più solida integrazione europea devono iniziare da una “nuova politica industriale e regionale” centrata su un grande programma europeo di investimenti innovativi, che parta dal territorio e si concentri sulla rete delle centinaia di città e regioni europee delle diverse dimensioni, ove operano le imprese e vivono i cittadini.

La partecipazione dei cittadini è essenziale per stimolare grandi progetti di investimento pubblico-privati, stimolare la loro domanda da parte dei futuri utilizzatori e la loro disponibilità a sostenere i relativi costi economici. Solo una forte identità comune o la consapevolezza nel valore di un comune patrimonio culturale stimola la fiducia, spinge le imprese private a cooperare tra loro e le istituzioni a prendere iniziative nuove e a coordinare la progettazione e realizzazione dei grandi progetti di investimento. Senza un’identità comune non c’è la volontà ad investire nel futuro e il continuo conflitto impedisce l’innovazione.

In questa diversa prospettiva, le politiche dell’Unione Europea dovrebbero focalizzarsi sull’Europa dei territori e delle città, dato che da sempre le città e le regioni sono state la culla della cultura e della ricchezza europea: dalle polis greche, passando per le città del rinascimento italiano, le città della lega anseatica sino alle odierne reti di città a scala transnazionale ed europea. L’Italia è stata un paese fondatore e può contribuire in modo determinante a definire una nuova strategia per lo sviluppo futuro dell’Unione Europea, capace di unire i diversi paesi.

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