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L’Europa potrà mai diventare un campione globale dei semiconduttori?

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Il mondo sta affrontando una carenza endemica di semiconduttori ed è per questo che per l’Europa diventa cruciale investire in questi componenti fondamentali per il sovranismo tecnologico.

L’Europa potrà mai diventare un campione globale dei semiconduttori? E’ questa la domanda che si pone un’analisi di Le Figaro, che analizza il mercato partendo da un dato di fatto importante: il mondo sta affrontando una carenza endemica di semiconduttori ed è per questo che per l’Europa diventa cruciale investire in questi componenti fondamentali, per riguadagnare una sovranità tecnologica che al momento non c’è. Ad oggi, dipendiamo troppo da produttori stranieri per poter sperare in un vero sovranismo digitale.

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Sotto scacco sono diversi settori che dipendono in toto dalla presenza di un crescente numero di chip. In primo luogo, il settore automobilistico. In tensione sono anche i produttori di elettronica e di smartphone.

Semiconduttori, questione di sovranismo digitale

La produzione di semiconduttori sta diventando sempre più una questione di sovranità digitale.

E dire che l’Europa, un tempo, era all’avanguardia, mentre ora è sempre più marginalizzata e stretta nella morsa dei produttori taiwanesi ed americani.

E’ per questo motivo che la Commissione Ue, nell’ambito del Recovery Plan, vuole dare una scossa ai paesi del blocco e vuole una reazione forte in termini di investimento e cooperazione.

Il Commissario agli Affari Interni Thierry Breton ha fissato nuovi e ambiziosi obiettivi: arrivare a produrre in Europa il 20% del fabbisogno globale di semiconduttori entro il 2030, raddoppiando così la quota attuale che è inferiore al 10%.

Sarà sufficiente?

Il mondo non resta a guardare. La Cina ha lanciato un piano da 400 miliardi di dollari per riportare in patria la produzione del 70% del suo fabbisogno interno entro il 2025. Sulla stessa linea si muovono anche gli Usa. Joe Biden, in continuità con il suo predecessore Donald Trump, ha varato un piano di rilancio economico da 200 miliardi di dollari e 50 miliardi sono destinati ai semiconduttori.

Accanto ai fondi pubblici si muovono i privati. L’americana Intel ha annunciato investimenti per 20 miliardi di dollari per costruire due nuovi impianti di produzione negli Usa.

Dal canto suo, la taiwanese TSMC aveva già annunciato lo scorso anno un investimento di 12 miliardi di dollari per un impianto produttivo, sempre negli Usa.

Semiconduttori al cuore della digitalizzazione

I semiconduttori sono presenti in tutti i dispositivi elettronici, e la domanda crescerà di pari passo con l’esplosione dell’IoT, trascinata inoltre da nuovi fenomeni globali esplosi con la pandemia. Smart working, DAD, gaming spingono sempre più il processo di digitalizzazione della società.  

I player globali

Il design dei microchip è in mano a pochi grandi player globali: fra questi i principali sono Qualcomm, Nvidia, ARM, AMD e Apple.

I produttori di wafer e delle componenti elettroniche sono invece per lo più asiatici. La taiwanese TSMC concentra nelle sue mani il 50% della produzione. Ed è per questo che l’azienda taiwanese è al centro della crisi produttiva del settore delle auto elettriche, visto che non è riuscita a soddisfare l’esplosione globale della domanda. Altri big fra i produttori sono Samsung, Intel e Texas Instruments.

Nella top 20 mondiale, anche se con dimensioni di scala inferiori ai big, ci sono anche alcuni player europei. Si tratta di STMicroelectronics, Infineon e NXP. C’è da dire che lo scarto dimensionale è grande. Intel ad esempio ha un giro d’affari di 74 miliardi, mentre STMicroelectronics si ferma a 10 miliardi. Anche Soitec e Bosch fanno parte del drappello di produttori europei che dovranno trovare il modo di cooperare per raggiungere gli obiettivi di Bruxelles. Ad oggi, il 62% della produzione globale si realizza in Asia, il 21% nelle Americhe e appena il 9% in Europa.