il nuovo pontefice

Leone XIV, il papa per la pace e per difendere i lavoratori nell’era dell’AI

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Nel suo primo discorso da Papa ha ripetuto la parola "pace" per 9 volte. 69 anni, prefetto del Dicastero per i Vescovi, è il primo papa statunitense della storia e il primo papa a leggere un discorso scritto.

Ero lì, in mezzo a migliaia di volti rivolti verso il cielo di Roma, quando Leone XIV si è affacciato dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro. Un silenzio irreale ha preceduto le sue prime parole, poi l’ovazione. In quello sguardo, in quella voce ferma e mite, c’era qualcosa che andava oltre il cerimoniale: la promessa di un pontificato nuovo capace di parlare al mondo con tenerezza.

Il nuovo Papa, visibilmente emozionato, con la voce appena incrinata e lo sguardo profondo, ha pronunciato la parola “pace” nove volte. Un segnale potente, carico di significato, che traccia sin da subito la strada del suo pontificato: basta guerre.

“Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra. La pace sia con voi!”, si è presentato Robert Francis Prevost, oggi Leone XIV.

È il primo Papa agostiniano della storia, il secondo Pontefice americano dopo Francesco, ma con una differenza non da poco. Leone XIV è nato nel nord del continente — Chicago, 1955 — ma ha trascorso una buona parte della sua vita sacerdotale e missionaria nel profondo sud, in Perù, tra i quartieri poveri di Trujillo e le periferie ecclesiali dell’America Latina.

A 69 anni si presenta con un profilo tanto solido quanto atipico: matematico di formazione, canonista di competenza, pastore di strada per vocazione, gesuita nello spirito ma agostiniano nel cuore. Il suo motto episcopale, In Illo uno unum, tratto da Sant’Agostino, parla già di unità nella diversità. E forse è questa la sua cifra più evidente: uomo di dialogo, capace di ascolto, poco incline alla polarizzazione, anche quando le tensioni ideologiche si fanno roventi. Come in questi tempi in cui la Chiesa — e il mondo — appaiono profondamente divisi.

Perché la scelta del nome

Il nome scelto da Robert Francis Prevost non è frutto del caso. Nel colloquio riservato con i cardinali, subito dopo l’elezione, il nuovo pontefice ha spiegato di essersi ispirato a Leone XIII, il Papa della Rerum Novarum, che affrontò con lucidità la rivoluzione industriale e gettò le basi della dottrina sociale della Chiesa. “Oggi – ha detto Leone XIV – siamo nel mezzo di una nuova rivoluzione, quella digitale”, che chiama la Chiesa a un ruolo attivo sui temi del lavoro, della giustizia e dell’inclusione. Ma la scelta richiama anche Leone I Magno, il pontefice che fermò Attila senza armi, solo con la forza della parola e della fede. Due figure complementari, entrambe evocative di una Chiesa coraggiosa, sociale e capace di parlare al mondo con autorevolezza.

Dalla missione in Perù alla Curia romana

Nominato cardinale da Francesco nel 2023 e chiamato a dirigere il potente Dicastero per i Vescovi, Prevost ha fatto della sinodalità e della formazione pastorale il fulcro del suo lavoro.

In Perù ha guidato la diocesi di Chiclayo, ricoprendo incarichi anche nella Conferenza episcopale locale. La sua esperienza pastorale sul campo è riconosciuta come autentica: vicario giudiziale, docente di diritto e morale, parroco in quartieri poveri, direttore di vocazioni. Un profilo completo, che ha unito dottrina e prassi, accademia e vita concreta, Curia e missione.

Un Papa che comunica (e sa usare i media)

A differenza di molti suoi predecessori, Leone XIV è personalmente attivo su X. I suoi post mescolano spiritualità e attualità, prese di posizione chiare ma mai ideologiche, messaggi di pace che si fanno virali senza scadere nel populismo.

Una delle sue uscite più commentate è stata la risposta, per quanto indiretta, a J.D. Vance, il senatore trumpiano che aveva criticato l’influenza latinoamericana nella Chiesa: “La cattolicità non ha confini. Le periferie del mondo sono il cuore del Vangelo, non una minaccia”. Un tweet che ha fatto il giro del mondo e che molti hanno interpretato come una replica anche all’universo valoriale incarnato da Donald Trump

Papa della pace, in un tempo di guerra

La sua elezione arriva in un momento drammatico per la pace mondiale. Dalla guerra in Ucraina alla crisi in Medio Oriente, fino alle tensioni in Africa e all’instabilità in America Latina, il nuovo Papa sarà chiamato a essere mediatore, voce profetica, costruttore di ponti.

La sua formazione filosofica e spirituale — agostiniana, ma anche profondamente latinoamericana — lo rende particolarmente sensibile alla sofferenza dei popoli e ai drammi sociali.

Un papa che terrà testa a Trump?

Leone XIV è già al centro della scena comunicativa globale. Se terrà testa a Trump, come ha già fatto con Vance, lo farà senza urlare. Con lo stile sobrio e deciso che lo ha sempre contraddistinto. Un Papa comunicativo, ma non populista. Pacifico, ma non remissivo. Universale, ma con solide radici nel popolo. In una parola, un Leone agostiniano.

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