Key4biz

L’emblematico caso del Cinema America di Roma

Nel pomeriggio di martedì 9 giugno 2020, si è scatenata una piccola “guerra” tra la potente associazione degli imprenditori del cinema, l’Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali), presieduta da Francesco Rutelli, ed una piccola ma non meno potente “lobby” venutasi a creare intorno a I Ragazzi del Cinema America di Roma, associazione presieduta da Valerio Carocci.

In mattinata, la vicenda aveva goduto dell’amplificazione mediatica grazie ad un articolo (addirittura richiamato in prima pagina) di una delle firme più prestigiose del “Corriere della Sera”, Gian Antonio Stella, intitolato “La crociata per fermare il cinema (gratis) all’aperto”. Stella simpatizza per i giovani del Cinema America e per gli altri che, in varie parti d’Italia, li hanno emulati, e (si) domanda: “Come si fa a pensare che un film di Bergman possa fare concorrenza a Man in Black 3 ?!” . La sesta edizione delle arene gratuite promosse dai Ragazzi del Cinema America, in programma dal 3 luglio al 30 agosto, è a rischio, perché “i ragazzi” non riescono ad acquisire dai distributori i diritti per proiettare le pellicole (rectius: i dvd): parlano addirittura di “ricatto”, sostenendo che le lobby del cinema vorrebbero che loro facessero pagare un biglietto agli spettatori.

In verità, al di là della battuta e della polemica scatenatasi, la vicenda è complessa e merita attenzione meno superficiale, perché può essere considerato un vero e proprio “case study” dei deficit della politica culturale italiana.

I lettori che vivono nella Capitale conoscono sicuramente la controversa vicenda, ma è necessaria una premessa per chi non abita e lavora a Roma: un gruppo di giovani cinefili ha lanciato qualche anno fa una iniziativa che ha riscosso notevole successo, ovvero proiezioni cinematografiche gratuite in piazza (la centrale Piazza San Cosimato, nel quartiere Trastevere), spesso presentate da registi e attori.

Un successo determinato ovviamente sia dalla gratuità dell’iniziativa, sia dal piacere di vedere cinema all’aperto, al fresco, nelle torride notti estive.

I ragazzi del Cinema America: un caso nazionale con eco internazionale

Il caso del “Cinema America” ha beneficiato di attenzione anche da parte della stampa e dei media internazionali (da “The New York Times” a “Le Nouvel Observateur”), e diviene una sorta di simbolo politico di una cultura “dal basso” ed autogestita.

Scontro ideologico alto: la nobile “società civile” che si oppone all’ignobile “libero mercato”. E, ancora: “gratuità” contro “pay”. Attivisti contro mercanti. Popolo contro lobby. Giovani contro vecchi. Innovatori contro conservatori. Etcetera.

In verità, questa iniziativa “di piazza” aveva radici altre: i giovani cinefili avevano occupato qualche anno prima una sala cinematografica chiusa da anni (l’America), a poche decine di metri giustappunto da Piazza San Cosimato, e ne avevano fatto un mix tra centro culturale e centro sociale occupato.

Così si autodescrivono “I ragazzi del Cinema America”: “nel 2012, un gruppo di amici ventenni salva dalla demolizione il Cinema America di Trastevere, fonda l’associazione ‘Piccolo Cinema America’, oggi ‘Piccolo America’, e inizia a colorare Roma con grandi arene estive gratuite. Da San Cosimato fino a Ostia nasce così “Il Cinema in Piazza”. Noi siamo quei ragazzi e ora stiamo lavorando per riaprire il Cinema Troisi di Via Induno”.

L’associazione culturale è molto cresciuta, nell’arco di pochi anni: composta esclusivamente da ragazzi tra i 18 ed i 30 anni, è nata nel settembre 2014 con l’obiettivo di tutelare e promuovere il patrimonio culturale e cinematografico, salvaguardando in primis le sale storiche romane. Dopo aver ottenuto la tutela del “Cinema America” da parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ha concentrato le proprie energie nell’ideazione del “Festival Trastevere Rione del Cinema”. Per tre estati, ha così raccolto 100mila spettatori (si tratta di una stima degli organizzatori, in assenza di biglietti) intorno allo schermo a cielo aperto installato in piazza San Cosimato, restituendo identità ad una area pedonale del Centro Storico di Roma che si era andata degradando. Dal 2018, altri due territori sono stati animati dalle notti estive del “Piccolo America”: il progetto del Festival di Trastevere si è trasformato nel più ampio “Il Cinema in Piazza”, arrivando a coinvolgere, oltre San Cosimato, anche le aree del Parco del Casale della Cervelletta a Tor Sapienza e del Porto Turistico di Roma a Ostia (un bene confiscato alla criminalità). Nell’aprile 2016, a conclusione del bando pubblico per l’assegnazione della “Sala Troisi” a via Induno (a qualche centinaia di metri da Piazza San Cosimato), l’associazione si è aggiudicata la gestione di questo rinascente cinematografo, che accoglierà anche attività culturali finalizzate alla promozione della produzione culturale e della rigenerazione del tessuto cittadino. In autunno 2020, è prevista la riapertura dello storico cinema.

Abbiamo a che fare, quindi, con una vivace associazione culturale che, nell’arco di pochi anni, ha mostrato sia una capacità di crescita notevolissima sia una capacità di acquisire consenso politico. Ed ha dato lavoro a decine di giovani.

La desertificazione cinematografica di Roma e dell’intero territorio nazionale

A Roma, nel corso degli ultimi anni, sono stati chiusi decine di cinematografi (oltre 40 sale), sia a causa della crisi del consumo di cinema in sala in sé, sia a causa di un sostanzialmente disimpegno della amministrazione comunale nel sostenere l’attività dei cinematografi con una qualche forma di sostegno.

Il fenomeno della continua desertificazione cinematografica del nostro Paese non è mai stato oggetto di adeguata attenzione.

Nel maggio del 2018, l’Anec – l’associazione degli esercenti cinematografici (che – si ricordi – non aderisce all’Anica, bensì all’Agis, l’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) – scriveva, a chiare lettere: “esprimiamo assoluta e ferma contrarietà a qualsiasi tipo di manifestazione cinematografica che prevede ingressi gratuiti, a maggior ragione per quelle Arene estive annunciate in zone in cui sono presenti Cinema al chiuso che restano attive anche nel periodo estivo”. Come dar torto all’Anec ed alle sue rivendicazioni?!

La tesi dell’Anec è corretta, anzi sacrosanta (e tale resta a distanza di due anni), ma va osservato che il fenomeno delle “arene gratuite” si è andato sviluppando nel corso degli anni, arrivando fino al paradosso estremo che lo stesso Mibact – Ministero per i Beni e le Attività Cinematografiche e per il Turismo ospita da alcuni anni, presso la bella sede della Direzione Cinema e Audiovisivo, a Santa Croce in Gerusalemme, una affollata rassegna cinematografica estiva all’aperto, curata dal Csc – Centro Sperimentale di Cinematografia.

Abbiamo sempre pensato che, in termini simbolici, questa iniziativa rappresentasse (inconsciamente, come è ovvio) una sorta di… harakiri. Pur avendo coscienza che si tratta di una iniziativa con finalità “educative”, senza alcuna finalità “commerciale”. Il problema di fondo è proprio questo, il sempre latente conflitto tra queste due dimensioni.

Concorrenza sleale o fruizione comunitaria?

Si tratta di “concorrenza sleale” oppure di stimolazione di una “fruizione comunitaria”?!

Il quesito resta nella dimensione ideologica (nello scontro tra favorevoli e contrari, tra “cultura” e “business”), dato che non risulta esistere una ricerca demoscopica o di marketing che consenta di fare luce sul fenomeno: le arene gratuite sottraggono spettatori alle sale cinematografiche o si tratta di target differenti o comunque di forme di fruizione che non interferiscono l’una con l’altra?!

Nessuno lo sa, nessuno può saperlo, in assenza di studi ad hoc.

Nelle more che qualcuno (il Ministero stesso?!) affronti in modo serio la questione, va segnalato che si tratta di arene gratuite, è vero, ma gratuite per lo spettatore, non per il cittadino, perché queste pubbliche proiezioni non sono il risultato di autofinanziamento degli organizzatori, ma esistono soprattutto grazie al sostegno della mano pubblica. Che sia ministeriale, regionale, comunale, in fondo poco importa.

Si tratta di danaro pubblico, che viene iniettato nel sistema culturale e che senza dubbio determina una azione di alterazione del “libero mercato”.

Lo spettatore non paga un biglietto, perché la sua fruizione gratuita è pagata indirettamente dalla collettività, ovvero dallo Stato.

Stella conclude il suo articolo con una domanda: “e allora ti chiedi: ma davvero, proprio adesso, in questo paese, che dopo tante chiusure chiede solo di aprire, respirare, prendere aria, le arene all’aperto rischiano di non aprire più? Davvero la sopravvivenza del cinema italiano dipende da qualche proiettore sistemato in poche piazze sparse qua e là? Mah”.

L’arena estiva gratuita: svalutazione simbolica dei cinematografi

Mah”… Rispondiamo al collega: la “sopravvivenza” del cinema italiano non dipende, evidentemente, dalle arene gratuite, ma questa forma di fruizione dei film, che certamente ha una valenza positiva nella sua socialità (anche post-pandemia), stimola un processo di svalutazione simbolica dei cinematografi (e crediamo del “cinema” in sé) nell’immaginario collettivo.

L’importanza della sala cinematografica, la sua fascinazione e magia, viene svilita da queste forme di offerta.

Siamo lontani anni (anni-luce) dalle iniziative avanguardistiche di “cinema nella città” della mitica Estate Romana ideata nel 1977 dal compianto Assessore alla Cultura Renato Nicolini (1942-2012) sotto le giunte dei Sindaci Giulio Carlo Argan e Luigi Petroselli: allora si trattava di cortocircuitare una stagione politica cupa, con una riappropriazione anche simbolica del tessuto metropolitano ed un rovesciamento delle storiche categorie di “cultura alta” e “cultura bassa”. Qui ed ora, si tratta di tutt’altro.

È vero, in queste attuali manifestazioni “di piazza”, non vengono proiettati i film delle ultime stagioni, ma classici del cinema e comunque opere famose e di successo del passato: opere che sono state trasmesse molte volte dai canali televisivi “free”, e che – certo – se riproposti in tv, non catturano audience significative. Rivisti però “sul grande schermo”, acquisiscono – nelle calde notti d’estate – una sorta di nuova vita. Peraltro, gli organizzatori di queste manifestazioni pagano comunque i distributori cinematografici, per proiettare i film (anche se talvolta si tratta di copie su dvd, con definizione di immagine non proprio eccezionale, supporti peraltro non destinati alla proiezione in pubblico), e quindi qualche (piccolo) flusso di danaro “rientra” in qualche modo nell’economia complessiva dell’industria cinematografica. Spiccioli, comunque.

Quest’anno, però, le iniziative del Cinema America e di altre nel resto d’Italia coincidono, di fatto, con la annunciata riapertura dei cinematografi, che il Governo ha deciso debba avvenire (possa avvenire) da lunedì 15 giugno.

Come è noto (ne abbiamo scritto più volte su queste colonne, vedi “Key4biz” del 12 maggio 2020, “Fase 2, quando e come riapriranno cinema e teatri”), i criteri di precauzione sanitaria imposti dal Governo sono molto rigidi, a partire dall’obbligo di distanziamento tra spettatori di un metro almeno e dall’obbligo di mascherina, misurazione della temperatura, senza dimenticare l’assurdo limite di 200 spettatori al massimo (imposto senza considerare spazi e volumetrie dei singoli cinema!). E poco importa se si tratta di normative “emergenziali” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile, di “linee-guida” della Conferenza Stato-Regioni, di suggerimenti di una qualche improbabile “task force” delle tante…

Molti esercenti si stanno quindi domandando se riaprire le sale, fino a quando resteranno in vigore criteri così rigidi e restrittivi, che rendono l’intrapresa anti-economica “ab origine”.

Un circuito nazionale come Uci ha annunciato che riaprirà comunque nei prossimi giorni il multiplex Bicocca a Milano, Orio a Bergamo, Porta di Roma nella Capitale, Luce a Campi Bisenzio – Firenze: un primo piccolo passo anche per “testare” le reazioni degli spettatori.

Molti piccoli esercenti, già feriti dall’assenza di ricavi per tre mesi, non sanno però dove sbattere la testa, avendo la certezza che il riavvio dell’offerta, a metà giugno, sarà quasi sicuramente una attività in perdita.

Qualcuno pensa di aspettare settembre, e c’è chi addirittura prevede che abbia un senso (economico) attendere gennaio 2021.

Peraltro, notoriamente in Italia il cinema “d’estate” perde spettatori, e quest’anno non potrà essere riprodotto l’entusiasmo – eccessivo – che si era registrato nell’estate del 2019, con una ripresa dei consumi nel periodo luglio-agosto grazie alla campagna promozionale “Moviement” (generosamente finanziata dal Mibact, ed alla quale abbiamo dedicato molta attenzione: si veda “Key4biz” del 3 maggio 2019, “Moviement, il progetto speciale del Mibac ha un budget complessivo di 5,5 milioni”).

Provocazione culturale o provocazione economica?

In questo contesto critico (con le associazioni degli esercenti che chiedono al Governo un allentamento delle misure sanitarie), le iniziative delle “arene gratuite” appaiono veramente quasi una provocazione.

“Provocazione culturale”, dal punto di vista di chi organizza le arene gratuite.

“Provocazione commerciale”, dal punto di vista di chi gestisce una sala cinematografica.

Martedì mattina, Valerio Giuseppe Carocci ha accusato esplicitamente “l’industria”, insieme ad altri colleghi, Fabrizia Parini del Laboratorio di Quartiere Giambellino Lorenteggio / Scendi c’é il Cinema di Milano, Lorenzo Montesi Pettinelli di Furgon Cinema delle aree terremotate del Centro Italia, Giulio Vita de La Guarimba della Calabria: “i distributori ci negano film, siamo pronti ad annullare tutta la stagione estiva”.

Denunciano: “l’Anica, associazione di categoria di distributori e produttori cinematografici, presieduta dall’ex sindaco di Roma ed ex Ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli, da più di due anni dà indicazioni scritte ai distributori italiani e alle agenzie estere di non concedere film per proiezioni a ingresso gratuito sul territorio italiano, nonostante queste riguardino esclusivamente titoli che hanno già concluso il loro periodo di sfruttamento commerciale in sala e già presenti in chiaro in tv, pay tv, streaming e dvd… Di fatto, noi – con i nostri partner e sponsor – offriamo il biglietto al pubblico, ma quel biglietto viene pagato all’industria cinematografica. Quest’anno abbiamo richiesto 263 film differenti, ottenendo 235 risposte negative”.

Gli organizzatori delle iniziative del Cinema America rivelano la loro economia: costo complessivo di circa 600.000 euro a stagione; di questi, 300.000 euro sono sostenuti da finanziamenti pubblici, mentre i restanti 300.000 vengono sostenuti da sponsor privati, incassi del bar, donazioni per le magliette, eccetera. La scorsa stagione vantano di aver avuto circa 100.000 spettatori: “per ognuno abbiamo quindi speso 6 euro, di cui 3 di denaro pubblico (ovvero, di tasse pagate da voi e noi). Crediamo che la priorità per l’uso di fondi pubblici debba essere la fornitura di servizi gratuiti per la cittadinanza”.

Va anche segnalato che i cinefili ed organizzatori culturali del Cinema America sono per lo più attivisti e simpatizzanti del Partito Democratico, e la “battaglia” per le arene estive si è colorata, nel corso del tempo, di partigianeria partitica (oltre che ideologica): è lontana – con il Governo Conte 2 – la stagione della aspra contrapposizione tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, ma qualche anno fa il Pd difese a spada tratta Carocci, mentre la giunta grillina guidata da Virginia Raggi, con Luca Bergamo Vice Sindaco (nonché Assessore alla Crescita Culturale), sosteneva polemicamente che gli spazi potevano essere sì concessi, ma previo bando pubblico…

E c’è chi ipotizza che possa essere proprio Valerio Carocci il prossimo candidato del Pd a Sindaco di Roma: rappresentante di una “società civile” pugnace. La “causa” del Cinema America è stata sostenuta con passione anche dalla ex consigliera comunale (dal 2013) e poi capo gruppo del Pd a Roma, Michela De Biase, che si è dimessa dal Consiglio comunale della Capitale nel 2018 per optare per il ruolo di Consigliera Regionale del Pd alla Regione Lazio (è peraltro dal 2014 anche la moglie del Ministro Dario Franceschini).

Nel pomeriggio di martedì, alcune agenzie (soprattutto Nova) rilanciano alcuni post ed un comunicato firmato “I ragazzi del Cinema America” che accusa ancora più pesantemente l’Anica, e finanche insinua dei conflitti di interesse da parte del Presidente (dall’ottobre 2018) della Sezione Distributori dell’Anica, Luigi Lonigro (che è anche Direttore di 01 Distribution, società controllata da Rai Cinema, ed il più convinto sostenitore della campagna promozionale per la fruizione di cinema in sala d’estate, la già citata “Moviement”).

L’Anica reagisce duramente, sostenendo che è stata oggetto di un “attacco irresponsabile”: “un comunicato firmato ‘I ragazzi del Cinema America’ sta diffondendo fake news gravissime, anche riportando cifre di fantasia che, se non smentite, porteranno a conseguenze molto serie”. Si precisa che “la Sezione Distributori dell’Anica non ha avuto alcun contatto con Carocci e i suoi collaboratori nel corso di quest’anno, né avrebbe potuto dare indicazioni commerciali alle aziende associate, che operano in base alle proprie strategie industriali, in un momento tanto difficile”. L’Anica replica che l’associazione “ha sempre guardato con simpatia all’esperienza in piazza San Cosimato, tanto da invitare Carocci alla conferenza sul rinnovamento delle sale cinematografiche ed esprimere amicizia e sostegno a questo progetto. Non esiste un solo atto, in particolare, che possa riferirsi a iniziative di segno opposto da parte di Francesco Rutelli: occorre un’immediata e formale smentita a questo proposito”. 

Segue una grande attività dei rispettivi uffici stampa, ma Anica insiste: “abbiamo preso visione della caotica e sconclusionata diffusione di vecchie email prive di intestazione, delle disinformazioni e dei resoconti di incontri avvenuti due anni fa, che nulla hanno a che vedere con il contesto attuale da parte del presidente del ‘Piccolo America’. In realtà, vi si conferma la trasparenza e la corretta condotta di Anica”. Francesco Rutelli denuncia “la diffusione di testi a noi sconosciuti o apocrifi… email private di soggetti da noi non conosciuti”.

Le agenzie battono decine di comunicati, con prese di posizione di registi come Dario Argento, che, a “Un giorno da pecora”, dichiara: “sono favorevole alle arene all’aperto questa estate. Alcuni distributori sono contrari? Io invece sono d’accordissimo. Ad esempio, sono coi ragazzi del Cinema America, ma anche coi ragazzi di Torino e di Bologna. Loro i film li danno gratis al pubblico”. Si schiera subito a favore anche lo sceneggiatore e regista Giovanni Veronesi

La “smentita” richiesta dall’Anica da parte de I Ragazzi del Cinema America non arriva.

Una querelle sintomatica

La querelle non si sopirà rapidamente, prevediamo un incremento delle polemiche nei prossimi giorni.

Rinnova la denuncia Valerio Carocci: “la lobby dei distributori e delle catene di multiplex sta bloccando le concessioni dei film, perché da tre anni vuole costringerci a rendere l’evento a pagamento”. E, ancora: “siamo sotto ricatto” (si legga il post su Facebook, che ha registrato in poche ore quasi 400 “commenti” e quasi 7mila “condivisioni”). Merita essere segnalata una lettura critica, manifestata dall’esperto di economia cinematografica ed audiovisiva, nonché giovane produttore, Robert Bernocchi, che scrive “ci sono diverse cose bizzarre nel post che è stato pubblicato dai Ragazzi del cinema America” (si legga il suo dialettico post).

Gli organizzatori rivendicano il loro lavoro come “servizio pubblico” al pari di “scuole, giardini, biblioteche e musei”: questa tesi va analizzata, e destrutturata. Non ci si può però auto-proclamare “servizio pubblico”, in assenza di un riconoscimento delle istituzioni preposte: i ragazzi del Cinema America possono vantare di avere dalla loro il sostegno (patrocinio e sovvenzioni) di alcune istituzioni pubbliche, ma questo non li trasforma meccanicamente in soggetti che erogano un “servizio pubblico”.

Piera Bernaschi, Presidente di Anec Lazio (l’associazione degli esercenti), dichiara che “lasciare aperte in questo momento le arene gratuite sarebbe uno schiaffo in faccia e un insulto a tutti gli esercenti romani che stanno affrontando una situazione drammatica”.

Tutto lo scenario presenta criticità: potrebbero contestare, per esempio, I Ragazzi del Cinema America: “ma se le sale cinematografiche non aprono, a metà giugno, a causa dei troppi vincoli imposti per prevenire una ricrescita della pandemia, perché non possiamo fungere noi da ‘supplenti’, rispettando le regole sanitarie?!”. E questa domanda è sensata. Ed allora ci si dovrebbe domandare: perché il Governo non è intervenuto finora in modo più accurato e deciso per sostenere concretamente la riapertura dei cinema?! E qui la domanda è retorica, se si pensa alla paralisi assoluta che è stata imposta alle discoteche, ai locali, insomma ai luoghi del “popolo della notte”… E che dire dei vincoli, assurdi, imposti ai teatranti o agli organizzatori di concerti di musica pop-rock?!

Cosa si può trarre da questa vicenda emblematica?!

Varie considerazioni:

Si è governato, insomma, una volta ancora, in assenza di studi di mercato, analisi valutative, ricerche predittive.

Si è governato sulla base di spinte emozionali, di simpatie ideologiche, di interventi parcellizzati su singoli segmenti della “filiera”, sulla base delle spinte di una “lobby” o di un’altra.

Senza mai porsi veramente il problema di quali siano le criticità profonde del sistema cinematografico e audiovisivo nazionale nella sua interezza.

Insomma, è mancata una visione di sistema, organica e strategica, che consideri assieme cinema, televisione, web.

Sono state iniettate nel sistema risorse pubbliche a gogò (il Fondo Cinema e Audiovisivo fissato in almeno 400 milioni di euro l’anno dalla novella legge Franceschini del 2016), senza osservare i risultati perversi. Un esempio, tra tutti: nel corso del 2019, sono usciti in sala ben 193 film italiani (centonovantatre!), ma soltanto 118 hanno avuto più di 1.000 spettatori, ovvero ben 75 titoli hanno registrato meno di 1.000 spettatori (per tacere dei 10 titoli che hanno avuto meno di 100 – cento! – spettatori). Film invisibili (per i terribili meccanismi della oppressiva distribuzione) o film invedibili (per la bassa qualità di opere che non sarebbero mai nate senza la sovvenzione pubblica)?! I film che hanno avuto più di 10.000 spettatori sono stati 72. Quelli con oltre 100.000 spettatori sono stati soltanto 36 (sul totale di 193 titoli). Oltre 1 milione di spettatori, 4 titoli (quattro!). Cifre ufficiali (fonte Cinetel), sulle quali sarebbe opportuno sviluppare una riflessione di politica culturale.

E la vicenda del Cinema America finisce per essere semplicemente un epifenomeno (uno dei tanti) di una crisi profonda e radicale che non è stata finora mai oggetto dell’attenzione che merita. Eppure si tratta di dinamiche che riguardano l’intero sviluppo socio-culturale del Paese…

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