La storia

Le tappe della trasformazione digitale dal 1969 fino ad oggi

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La cosiddetta “trasformazione digitale” impregna già da diversi anni la vita di tutti noi, a tal punto da averci stimolato a cambiare non solo una serie di abitudini, ma anche comportamenti, modi di fare e di essere.

La rubrica CDTI Forum“, curata dai soci del Club Dirigenti Tecnologie dell’Informazione (CDTI) di Roma e promossa da Key4biz, si propone come un riferimento per il mondo Ict romano nell’approfondimento dei temi di maggior interesse tecnico-economico del settore. Per consultare tutti gli articoli clicca qui.

Articolo a cura di Ing, Massimo Di Virgilio, Presidente del CDTI

La cosiddetta “trasformazione digitale” impregna già da diversi anni la vita di tutti noi, a tal punto da averci stimolato a cambiare non solo una serie di abitudini, ma anche comportamenti, modi di fare e di essere. Rimandando ad un prossimo intervento una mia riflessione nello specifico, provo a svolgere qualche considerazione su ciò che c’è a monte.

1969

Senza farmi prendere la mano vado indietro, il più sinteticamente possibile, di cinquant’anni, provando a ricordare eventi accaduti nel passato, celebrando per qualche ragione, storica, economica o culturale, ricorrenze degne di essere condivise in una riflessione collettiva. Il 2019 non sfugge a questa regola. Cinquanta anni fa nasceva il primo corso di Laurea in Informatica all’Università di Pisa, tenuto dal Prof. Giorgio Levi[1]; il 20 luglio, Neil Armstrong metteva il suo piede sul suolo lunare; la NASA, per preparare la missione Apollo 11, utilizzava la P101, il primo PC al mondo, costruito dalla Olivetti sotto la guida dell’ing. P.G.Perotto; quattro Università americane si connettevano tramite i loro computer.

Le big tech americane

Guardando a ciò che avviene oggi nel pianeta dobbiamo cominciare evidenziando che tre aziende americane valgono in borsa 1 trilione di dollari ciascuna; 2,5 mld di persone sono connesse a Facebook; il Cloud è totalmente in mano ad aziende americane; AWS, l’azienda di Amazon dedicata al “cloud”, nel primo trimestre 2019 ha fatturato 7,7mld di dollari[2], con un margine di 2,2mld di dollari; numeri che parlano da soli per spiegare in maniera inoppugnabile chi governa l’innovazione nel mondo.

Nello stesso tempo dobbiamo evidenziare un’anomalia che definire, al di fuori di qualsivoglia regola, è un eufemismo: le Big Tech non pagano le tasse; ne sono talmente al di fuori da potersi esimere dal fare ciò che è vietato ai comuni mortali, senza che gli Stati riescano a farli rientrare nella norma.

In Europa

Se ci soffermiamo sulla dimensione europea, dobbiamo amaramente constatare che 525mln di abitanti, 400mln di elettori, il più grande mercato del mondo, sono in grave ritardo nel 5G, posizionando un solo un gruppo  europeo, la SAP, tra i primi 20 colossi digitali mondiali.

In Italia

Nel nostro Paese non abbiamo più aziende di TLC a capitale italiano; la più grande azienda informatica italiana fattura intorno a 1miliardo di dollari; abbiamo una accentuata e molto preoccupante emigrazione giovanile (laureata); abbiamo competenze digitali carenti (STEAM), mostrando le contraddizioni del nostro sistema formativo.

In uno scenario così complesso bisognerebbe riflettere meglio su ciò che diceva nel 1987 il premio Nobel R.Solow, quando affermava: “I computer sono dappertutto, tranne che nelle statistiche sulla produttività[3]Cosi’ come la legge di Moore per i circuiti elettronici, a livello esperienziale negli ultimi 30 anni l’informazione che il sistema informativo globale mette a disposizione di tutti è raddoppiata ogni 18 mesi, nello stesso periodo il tasso di crescita della produttività si è ridotto, lavoriamo di più per guadagnare meno, 58 professioni a rischio a causa di IA e Robot; nell’800 e nel ‘900 le rivoluzioni industriali avevano accresciuto il benessere complessivo, mentre in Italia abbiamo perso un milione di posti di lavoro stabili, lavorano più persone di quando è scoppiata la crisi del 2008;  il nostro PIL nel 2008 era di 2.391 miliardi, oggi è di 1.935 miliardi di dollari.

La fine del tutto gratis

Un ultimo punto cruciale: l’IA ha bisogno di input umani per crescere, quando tra 5-10 anni avremo fornito dati a sufficienza, non ci sarà più bisogno di noi, il “tutto gratis” sarà solo un ricordo[4]; il MIT ha calcolato che se i servizi gratuiti fossero a pagamento ci costerebbero 15-18mila $ l’anno, non è la pubblicità l’eldorado delle Big tech ma la costruzione di un monopolio sull’IA.

Termino sintetizzando alcuni ulteriori fatti: la classe media in Cina è cresciuta di 400mln di persone, tanto quanto si è ridotta in occidente, i conti della produttività non tornano, il “futuro non è roseo”, come ha detto E.Morozov, “se lo lasciamo in mano agli altri”, aggiungo io.

Articolo a cura di Ing, Massimo Di Virgilio, Presidente del CDTI


[1] M.Gasperetti, Pisa e i 50 anni di informatica, Corriere della Sera, 26 marzo 2019.

[2] A.S., Utili record per Amazon, CorCom , 26 aprile 2019.

[3] F.Grillo, “Informazione e produttività” sul Corriere della Sera (1°giugno2019)

[4] E.Morozov, “I big data non sono nostri”, di L.Traidi