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Le prime 5 aziende farmaceutiche italiane per fatturato

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Le aziende farmaceutiche sono ormai da mesi sotto i riflettori mediatici di tutto il mondo. Ma forse non serviva una pandemia per far emergere il potenziale economico e scientifico di queste realtà internazionali. Tanto è vero che a crescere di più “grazie” all’epidemia non sono state le multinazionali. Infatti, trattandosi di un nuovo tipo di virus, i reparti di ricerca e sviluppo delle grandi case farmaceutiche erano nella maggior parte dei casi più indietro rispetto ad altre aziende più piccole. Anche se gli ingenti investimenti hanno fatto poi recuperare il gap. Noi abbiamo voluto fare il punto delle aziende farmaceutiche operanti in Italia, guardandone il fatturato e le principali caratteristiche di mercato.

La classifica delle prime 5 aziende farmaceutiche italiane

L’industria farmaceutica italiana, nel 2018, ha toccato un fatturato di 25,9 miliardi di euro, destinati a raggiungere i 31 miliardi al termine del 2019. A trainare il settore sono 13 grandi imprese a capitale italiano, le cosiddette Fab13: Dompè, Menarini, Molteni, Zambon, Abiogen Pharma, Angelini, Recordati, Chiesi, Italfarmaco, Mediolanum, I.B.N. Savio, Kedrion, AlfaSigma. Queste sole hanno contribuito nel 2018 al fatturato totale con 11,6 miliardi di euro.

La classifica delle aziende farmaceutiche italiane

Come si vede nel grafico le prime 5 sono in ordine MenariniChiesiAngeliniRecordati e Bracco. Il Gruppo Chiesi vanta più di 4mila brevetti internazionali, tanto da essere la prima azienda farmaceutica italiana nel 2019 per deposito di brevetti in Europa.

I vaccini anti Covid stravolgeranno il mercato farmaceutico

Quanto detto finora, però, fornisce una fotografia di come le aziende farmaceutiche si presentavano prima dell’epidemia. I vaccini stravolgeranno anche i numeri sui fatturati visto che si stima la corsa al vaccino porterà in cassa ai Big Pharma un guadagno assicurato compreso tra i 120 e i 150 miliardi di dollari. E questo considerando solo le stime relative al 2021. Tra varianti e mutazioni del virus, la sensazione è che ogni anno le Big Pharma dovranno impegnarsi a creare farmaci “aggiornati”, o comunque capaci di tenere lo stesso passo delle rilevazione epidemiologiche. Nel medio-lungo periodo, quindi, potranno irrompere sul mercato vaccini nuovi, mai sentiti o innovativi. Al momento, infatti, abbiamo imparato a conoscere un solo un pugno di aziende: PfizerBioNTechAstraZenecaModerna e Johnson&Johnson. Non è detto che, nel prossimo futuro, continueremo a utilizzare i loro vaccini.

Le aziende farmaceutiche italiane migliorano le performance

L’Italia è protagonista in Europa sia per quanto riguarda la produzione che per l’innovazione. Gli investimenti, infatti, negli ultimi cinque anni sono cresciuti più della media europea. Le aziende farmaceutiche in Italia che nel 2011 investivano in ricerca e sviluppo, e in particolare nelle biotecnologie, 9 anni fa erano soltanto il 30%, ma negli anni a seguire la crescita è stata esponenziale. Appena 5 anni dopo, il numero di case farmaceutiche era già arrivato al 78% e 3 anni dopo lievitava del 24,4%, toccando quota 97%, come si può vedere nel grafico qui sopra. In generale, le aziende farmaceutiche che hanno deciso di investire in ricerca e sviluppo in Italia erano 1.650 nel 2018. La crescita è stata progressiva: nel 2016 erano 1.470, nel 2015 erano 1.415 e nel 2012 se ne contavano 1.230 in tutta Italia.

Il business delle industrie farmaceutiche italiane

Il nostro Paese importa 13,5 miliardi di euro di miscele di medicinali già dosate e 8 miliardi di euro in sangue umano e animale. Sono le due voci più significative dell’import delle case farmaceutiche in Italia. Al terzo posto troviamo i prodotti farmaceutici, ma il valore dell’importazione crolla a 452,3 milioni di euro. Seguono le miscele di medicinali non dosate (281,3 milioni di euro), medicazioni confezionate per uso medico (146,4 milioni di euro) e infine ghiandole ed estratti per un valore di 134,2 milioni di euro. Complessivamente, nel primo semestre del 2019 l’import è cresciuto come l’export ma in misura ridotta, cioè del 10,5%.

Ultimo aggiornamento a marzo 2021

Fonte: Farmindustria, UN Comtrade