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Cinecittà, a quattro mesi dall’approvazione del bilancio 2022 il documento è ancora segretato

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Qualcosa non quadra: i nuovi “studios” scendono da 17 a 9, ma arrivano comunque 300 milioni di euro dal Pnrr?! Per fare cosa esattamente? Rischio di “grande bolla” come per la manna del tax credit?

Si addensano le nebbie su Cinecittà e sui 300 milioni di euro che sono stati assegnati agli “studios” nell’economia del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” alias “Pnrr”: ieri il Ministro per gli Affari Europei, per le Politiche di Coesione e per il Pnnr Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia) ha presentato le “Proposte per la revisione del Pnrr e capitolo RePowerEu”: nel documento (classificato come “bozza per la diramazione”), non è chiarissimo cosa accadrà a via Tuscolana.

Anche se Cinecittà deve rinunciare a 8 dei 17 “studios” previsti nella precedente progettuale, andrà comunque a beneficiare dei 300 milioni di euro?!

La domanda non è peregrina.

E che comunque qualcosa non quadri a via Tuscolana è data da un’altra anomalia: a fine marzo 2023, il Consiglio di Amministrazione di Cinecittà ha approvato il bilancio di esercizio 2022, ma esso resta un documento… misterioso.

Cinecittà: fatturato 2022 di 39 milioni di euro, ma ogni anno arrivano almeno 25 milioni di euro di contributi ministeriali (il Mic è l’azionista unico)

Si sa soltanto – come da comunicato stampa – che nel corso del 2022 le attività industriali hanno registrato un fatturato di 39 milioni di euro, più che raddoppiato rispetto al 2021, che sarebbe “da ricondursi alla piena occupazione degli spazi (oltre il 75 % contro il 31 % degli anni precedenti)” e al forte incremento delle commesse per servizi di “art department” e costruzioni sceniche… Sarebbe emerso un utile netto di 1,8 milioni di euro (nel 2021 si erano invece registrate perdite per 1,9 milioni, ed 1,7 milioni nel 2020). Ma non dimentichiamo che Cinecittà beneficia di un consistente contributo annuo dal Ministero della Cultura. Secondo dati ufficiali del Mic stesso, nel 2020 sono stati stanziati 23 milioni di euro, e 25 milioni nel 2021 e 26 milioni nel 2022, ai quali si sommano risorse straordinarie per 35 milioni di euro nel 2020 (per l’emergenza Covid).

Trattasi di società generosamente sostenuta dalla mano pubblica.

Il bilancio 2022 di Cinecittà è stato approvato – all’unanimità – il 30 marzo 2023 dal Consiglio di Amministrazione. A distanza di 4 mesi, questo entusiasmante bilancio di Cinecittà non è ancora stato reso di pubblico dominio ed IsICult (che cura questa rubrica “ilprincipenudo” per il quotidiano online “Key4biz”) ha verificato che non è stato nemmeno depositato alla Camera di Commercio.

Incredibile, ma vero.

Approvato dal Cda a fine marzo, a fine luglio il bilancio 2022 di Cinecittà non è stato ancora approvato dall’azionista Ministero della Cultura: perché?!

Abbiamo quindi chiesto direttamente a Cinecittà e così ci è stato cortesemente risposto dall’Ufficio Stampa (coordinato da Marlon Pellegrini e diretto da Marcello Giannotti): “il bilancio approvato dal Cda, sarà pubblicato quando sarà approvato formalmente dall’Assemblea dei Soci. Siamo per questo in attesa della nomina del Collegio Sindacale, di competenza degli azionisti”.

Ci viene anche precisato che questa approvazione dovrebbe essere… “imminente”, anzi questione di giorni.

Cerchiamo di fare chiarezza: il bilancio ovvero – per la precisione – il “progetto di bilancio” al 31 dicembre 2022 è stato approvato il 30 marzo 2023 dal Consiglio di Amministrazione

Segnaliamo anche che “l’assemblea dei soci” è in verità la decisione autocratica del socio unico, che è il Ministero della Cultura, che esercita i diritti dell’azionista formale che è il Ministero dell’Economia e Finanze (Mef).

In assemblea, l’azionista unico è non a caso rappresentato dal Direttore Generale della Direzione Cinema e Audiovisivo (Dgca) del Ministero della Cultura (Mic), Nicola Borrelli.

Cinecittà precisa che attende la nomina del Collegio Sindacale, ma è curiosa informazione, dato che nel bilancio di esercizio 2021 (pag. 122) si leggeva che il Collegio Sindacale che era allora in carica era stato nominato dall’Assemblea tenutasi il 12 giugno 2020 e “rimarrà in carica fino all’approvazione del bilancio 2022”. Il che non sembra essere, per ragioni ignote… Fino al 1° marzo 2023, il Collegio Sindacale risultava presieduto da Anna Maria Ustino, designata dal Mef.  

Si segnala che nel 2022, questi erano state le fasi del bilancio per l’esercizio 2021: bilancio approvato dal Cda il 31 marzo 2022, approvato dal Collegio Sindacale il 14 aprile 2022, benedetto in stessa data dalla società di revisione EY…

Cosa è accaduto quest’anno (2023), per giustificare un ritardo così lungo?

Un ritardo che non rispetta nemmeno le previsioni del Codice Civile, dato che la legge prevede come termine per l’approvazione del bilancio 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio. Rispetto a questo termine standard, è possibile la proroga a 180 giorni solo in casi eccezionali.

Ma, nel caso in ispecie, qui siamo a 210 giorni

Si ricorda che in quel bilancio d’esercizio 2021 si leggeva (pag. 57) “il piano presentato per un valore di investimenti pari a circa 260 milioni di euro è stato accolto positivamente dalla commissione Europea che ha deciso di celebrare l’approvazione ufficiale del Pnrr a Cinecittà il 22 giugno 2021 durante la visita di Mario Draghi e Ursula Von Der Leyen”.

Per la precisione, si dovrebbe trattare di 263.450.000 euro. Il resto dei 300 milioni dovrebbe essere assegnato al Centro Sperimentale di Cinematografia (vedi “Key4biz” del 24 luglio 2023, “Centro Sperimentale di Cinematografia ovvero dell’ipocrisia di una qual certa ‘sinistra culturale’”): nel bilancio 2022 del Csc (approvato il 2 maggio 2023), si legge di 37.200.000 euro attesi dal “Recovery Plan”. Abbiamo già segnalato le perplessità provocate dalla curiosa operazione Cinema Fiamma per 6,5 milioni e soprattutto dalla grandiosa piattaforma per l’e-learning con un budget di 7 milioni di euro…

Cosa precisa il documento presentato ieri dal Ministro Fitto, rispetto a Cinecittà? “Circostanze oggettive che richiedono una ridefinizione degli obiettivi”. Questa ri-definizione appare oscura

Veniamo al documento presentato da Fitto ieri pomeriggio alla “Cabina di Regia” sul Pnrr…

I riferimenti a Cinecittà sono contenuti in poche righe.

Le proposte di modifica, nella revisione complessiva, sono 11 e soltanto 1 riguarda il Ministero della Cultura ovvero Cinecittà giustappunto (vedi pag. 22):

“1. M1C3 – Investimento 3.2: Sviluppo industria cinematografica

(Progetto Cinecittà; Ministero della Cultura)

Le proposte di modifica presentate alla Commissione europea relativamente alla IV rata di pagamento, concernente traguardi e obiettivi in scadenza nel primo semestre 2023 (Q1 e Q2 2023), sono due e riguardano soltanto aspetti formali e non sostanziali.

La prima consiste nella correzione del numero di investimento presente nella sezione “C.3. Descrizione delle riforme e degli investimenti relativi al prestito”.

La seconda consiste soltanto nel cambio di denominazione del soggetto attuatore, da “Istituto Luce Studios” a “Cinecittà S.p.A.” Tale modifica ha consentito di avere una descrizione più chiara del traguardo e dei relativi indicatori qualitativi.

Qualche pagina dopo si legge (vedi pag. 54):

“M1C3 – Investimento 3.2: Sviluppo industria cinematografica

(Progetto Cinecittà)

Importo complessivo: 300.000.000 euro

L’investimento ha l’obiettivo di potenziare la competitività del settore cinematografico e audiovisivo italiano.

Le prime revisioni all’investimento hanno riguardato la IV richiesta di pagamento, relativa alla firma dei contratti per interventi di costruzione e ristrutturazione di alcuni teatri di posa (M1C2-20, T2-2023) e si sostanziano nella correzione di alcuni errori materiali: nella parte descrittiva dell’allegato alla Cid l’investimento era erroneamente identificato come “Investimento 3.1” in luogo di “Investimento 3.2”; il soggetto attuatore, ossia Istituto Luce Cinecittà Srl, a seguito di una trasformazione societaria è attualmente denominato Cinecittà Spa.

Per quanto concerne il target finale dell’investimento relativo al numero complessivo dei teatri (M1C3-21, T2-2026), sono emerse circostanze oggettive che richiedono una ridefinizione degli obiettivi.

In primo luogo, il significativo aumento del costo delle materie prime e delle fonti energetiche a seguito della guerra tra Russia e Ucraina ha aumentato notevolmente i costi per la costruzione dei teatri di posa previsti.

Ciò ha portato all’incremento del prezziario regionale e quindi all’aumento dei prezzi a base d’asta.

Inoltre, contrariamente alle previsioni originarie, Cassa Depositi e Prestiti non è entrata nell’azionariato di Cinecittà e, conseguentemente, non si è verificato il previsto conferimento del terreno su cui avrebbero dovuto essere costruiti nuovi teatri di posa.

In considerazioni di queste circostanze, oltre al rinnovo dei quattro teatri preesistenti potranno essere realizzati solo 5 nuovi studi rispetto ai 13 previsti.

Conseguentemente, l’importo originario dell’investimento potrà essere ridotto.

Fitto (Pnrr): “Conseguentemente, l’importo originario dell’investimento potrà essere ridotto.”

E qui qualcosa non quadra, nel passaggio conclusivo del documento di ieri: “Conseguentemente, l’importo originario dell’investimento potrà essere ridotto.”

Anche altre considerazioni non convincono: “contrariamente alle previsioni originarie, Cassa Depositi e Prestiti non è entrata nell’azionariato di Cinecittà e, conseguentemente, non si è verificato il previsto conferimento del terreno su cui avrebbero dovuto essere costruiti nuovi teatri di posa”.

Per quanto è dato sapere, Cassa Depositi e Prestiti non ha potuto “conferire il terreno” semplicemente perché sono emersi vincoli urbanistici sul cosiddetto “Pratone” di Torre Spaccata…

Per l’acquisto di questi terreni era stato annunciato a suo tempo un accordo nell’ordine di 17,8 milioni di euro, e Cdp sarebbe entrata anche nell’azionariato di Via Tuscolana…

L’ipotesi “espansione” verso Torre Spaccata viene ormai meno: i nuovi “studios” saranno 9 invece di 17.

La domanda è: il budget assegnato dal Pnrr resta comunque immutato?!

Oppure i terreni verranno comunque acquisiti, ma senza la chance di costruirvi gli studi: per farne praterie nella prospettiva di una nuova stagione di western all’italiana?!

Sabato scorso (22 luglio), il sempre ben informato ed accurato Andrea Biondi, sul quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” scriveva: “alla fine l’affare fra Cinecittà e Cdp sui terreni di Torre Spaccata (in cui peraltro sono emersi vincoli archeologici) a Roma è vicino a saltare. Si tratta dei terreni adiacenti a Cinecittà e individuati come necessari per la costruzione di nuovi studiosa Roma oltre che arcano per l’espansione della cittadella del cinema da 400mila mq. La proprietà dei terreni è di Cdp. E al piano iniziale, che prevedeva un conferimento da parte della Cassa Depositi e Prestiti per avere in cambio il 49 % di Cinecittà, è subentrato un altro progetto: l’acquisto per 17,8 milioni di euro per 31 ettari (sugli oltre 50 disponibili). L’operazione è inserita nel Pnrr. Ma la revisione del Piano di Ripresa e Resilienza porterà a una correzione sul progetto. Che una volta diventata definitiva finirà per rendere superfluo l’acquisto di quei terreni con i quali il progetto di avrebbe visto 8 studios aggiuntivi. Per Cinecittà, tornata in utile un anno prima del previsto, con il Pnrrsi prevedono quindi 5 teatri da costruire ex novo entro il 2026, 4 teatri da ampliare o ammodernare entro il 2026, per ulteriori 12mila metri quadrati di capacità produttiva. Tutte le gare sono state affidate entro il termine, che era stato previsto, del 30 giugno 2023”.

Lo scenario complessivo ci sembra comunque ancora poco chiaro.

Abbiamo dedicato al “dossier Cinecittà” molta attenzione, e rimandiamo a quanto abbiamo pubblicato su queste colonne qualche giorno fa: vedi “Key4biz” di mercoledì della scorsa settimana 19 luglio, “Cinecittà: superate le criticità del Pnrr, ma i nuovi studios passano da 17 a 9”.

Va osservato che, se il 27 aprile scorso era stato lo stesso Ministro Fitto ad evidenziare “criticità su Cinecittà”, a distanza di tre mesi l’allarme sembra rientrato. Ma la “soluzione” al “problema” non è ancora ben comprensibile.

Si segnala che due settimane fa, ovvero il 12 luglio, la Commissione Europea ha ufficializzato in una nota di aver ricevuto dall’Italia la richiesta di modifica “di una serie specifica di tappe fondamentali e obiettivi del suo piano per la ripresa e la resilienza, corrispondente a dieci misure incluse nella quarta richiesta di pagamento”.

L’esecutivo comunitario “valuterà ora se il piano modificato soddisfa ancora i criteri di valutazione del regolamento del Pnrr. Se la valutazione della Commissione è positiva, presenterà una proposta di decisione di esecuzione del Consiglio modificata per riflettere le modifiche al piano italiano. Gli Stati membri avranno quindi fino a quattro settimane per approvare la valutazione della Commissione. L’approvazione delle modifiche proposte dall’Italia consentirebbe quindi all’Italia di presentare rapidamente la sua quarta richiesta di pagamento e continuare l’effettiva attuazione del suo piano per la ripresa e la resilienza”.

Dalla rimodulazione del Pnrr presentata ieri, emerge che 9 misure vengono definanziate, per ben 16 miliardi di euro, ma l’area “cultura” non subisce modifiche

Questo è quel che emerge dalle dichiarazioni del Ministro Fitto di ieri: in generale, vengono “definanziate” 9 misure per un ammontare complessivo di 15,9 miliardi.

Questo prevede la proposta di modifica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza armonizzato con il RepowerUe, approvata dalla “Cabina di Regia”, che Fitto presenterà alle Camere martedì prossimo, 1° agosto 2023, per essere formalmente recapitata alla Commissione Europea entro la fine di agosto.

Nel dettaglio, le rimozioni riguardano interventi per la valorizzazione del territorio e l’ efficienza energetica dei Comuni per ben 6 miliardi, progetti di rigenerazione urbana per 3,3 miliardi, piani urbani integrati per 2,5 miliardi, gestione del rischio di alluvione e del rischio idrogeologico per 1,3 miliardi, idrogeno in settori “hard-to-abate” da 1 miliardo, servizi e infrastrutture sociali di comunità per 725 milioni, promozione di impianti innovativi – incluso offshore – per 675 milioni, valorizzazione dei beni confiscati alle mafie per 300 milioni, tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano per 110 milioni.

Nel complesso, sono state modificate 144 misure su 349, per permettere al Pnrr di marciare più velocemente e centrare i prossimi target.

Non sembra un gran bel risultato, oggettivamente.

Anche se Fitto ha sostenuto che il Governo cercherà di realizzare comunque le iniziative progettate, ma con fondi altri rispetto al Pnrr.

Nessun ritocco ai capitoli che riguardano la cultura, quindi, se non la “limatura” su Cinecittà…

Nella serata di ieri, alcuni esponenti dell’opposizione – Stefano Patuanelli, Ketty Damante e Mariolina Castellone, componenti M5s della Commissione Bilancio del Senato – hanno dichiarato: “il M5s ha chiesto al Governo, per il tramite della presidenza della Commissione Bilancio del Senato, di consentire in tempi rapidi alle Commissioni competenti di analizzare le proposte di taglio e rimodulazione dei progetti Pnrr e la proposta del capitolo aggiuntivo RepowerEu. Il quadro che va delineandosi è a dir poco allarmante. Prima la terza rata ‘zoppa’, priva cioè di 500 milioni destinati alle residenze universitarie; poi l’annuncio odierno di 16 miliardi di euro di progetti Pnrr definanziati, tra cui quelli dedicati al contrasto del dissesto idrogeologico, dei rischi alluvionali e dedicati all’efficientamento energetico dei comuni. Non possono tranquillizzare mere promesse di futuro recupero di queste risorse. Anche perché su tutto domina un inaccettabile ritardo nella messa a terra delle risorse Pnrr nel 2023, con soli 2 miliardi spesi su 33 come da ultimo certificato dal Servizio Studi della Camera su dati dello stesso Governo”.

E… la riduzione del canone Rai non può rientrare nel Pnrr

Da segnalare che nella mattinata di ieri giovedì 27, il Ministro dell’Economia e Finanze (Mef) Giancarlo Giorgetti (Lega), in audizione di fronte alla Commissione di Vigilanza Rai presieduta da Barbara Floridia (M5s), ha tra l’altro chiarito che la prospettata eliminazione del pagamento del canone Rai (prospettiva tanto cara al leader della Lega Matteo Salvini) non può rientrare nel Pnrr.

Siamo lieti della precisazione, ma a questo punto sorge il dubbio che il Piano sia stato considerato dal Governo quasi come una… manna, spendibile su ogni fronte…

Ha dichiarato Giorgetti che si sono svolte diverse interlocuzioni con la Commissione Europea al fine di verificare se l’eliminazione del pagamento del canone Rai potesse rientrare nella realizzazione dell’obiettivo del Pnrr, in particolare della terza rata, “che prevede proprio la progressiva rimozione dell’obbligo per i fornitori di riscuotere oneri non collegati al settore dell’energia”. Ha detto il Ministro che “tali interlocuzioni hanno portato a ritenere che tali oneri potessero permanere in bolletta e nella legge di bilancio 2023, seppure si tratti di una presunzione di carattere tecnico, è stato previsto un meccanismo di progressiva eliminazione degli altri oneri impropri, come quelli relativi alla denuclearizzazione non più presenti in bolletta da quest’anno”. Ed ha precisato: “nonostante gli esiti di tali interlocuzioni e gli effetti in termini di riduzione del ‘tax gap’ che l’introduzione del canone in bolletta ha determinato è, comunque, necessario interrogarsi su nuovi possibili modelli di finanziamento del servizio pubblico anche guardando all’esperienza degli altri Paesi”.

Evitiamo ulteriori commenti.

Tralasciamo l’ardita ipotesi del canone Rai nel Pnrr…

In sostanza, è evidente che non assumono alcuna priorità i “ritocchi” che riguardano Cinecittà, nell’economia complessiva del Pnrr, ma qualche dubbio su quel che sta accadendo ed accadrà a via Tuscolana emerge comunque.

Non resta che sperare che dalla lettura del bilancio 2022 di Cinecittà si possa avere conferma di quanto viene continuamente dichiarato, con grande enfasi, ovvero che gli “studios” lavorano a pieno ritmo, che la domanda europea anzi mondiale è tale da richiedere una accresciuta capacità di accoglienza delle troupe di produzioni straniere, e correlati investimenti ad altissimo tasso tecnologico.

E che quindi questi 300 milioni (che in verità sono comunque meno, perché 37 milioni sono destinati al Centro Sperimentale di Cinematografia: vedi supra) siano ben giustificati dalle esigenze del dirompente anzi “esplosivo” mercato audiovisivo mondiale. Anzi galattico. Il “tax credit” italiano è così “appealing” da attrarre forse anche produzioni… aliene!

È questa la “Hollywood” d’Europa che auspicava anni fa il Ministro Dario Franceschini?!

O si tratta piuttosto di una simpatica “filiale” della Hollywood americana sovvenzionata dal generoso Stato italiano?!

C’è chi continua a temere però che il “mix” tra generoso “tax credit” italico (che tanto attrae le produzioni straniere) e le reali condizioni di mercato di Cinecittà (l’accresciuta domanda è correlata al tax credit appunto, più che al mercato internazionale) possa paradossalmente accrescere il rischio di una “grande bolla”

Ed emerge sullo scenario Tarak Ben Ammar (Eagle Pictures): concorrenza o convergenza con Cinecittà?

E va segnalato che potrebbe emergere un nuovo importante “player” sullo scenario: l’intraprendente imprenditore italo-franco-tunisino Tarak Ben Ammar, proprietario tra l’altro della Eagle Pictures (che distribuisce anche il prodotto Sony in Italia; si ricordi che Eagle è controllata da Prima Tv spa) ha annunciato la realizzazione di nuovi “studios” a Roma, con un investimento di circa 50 milioni di euro (si ricordi che nel febbraio del 2022 ha acquisito gli “Studios de Paris” tramite la partecipata francese della Eagle, con un investimento di 30 milioni di euro). Ed ha anche annunciato che li vorrebbe chiamare “Cinecittà 2”.

Questo investimento sarebbe determinato dalla enorme richiesta di teatri di posa: “non ce ne sono abbastanza per le grandi produzioni internazionali che si stanno facendo”. Gli “studios” del Regno Unito e della Francia sarebbero a livelli di saturazione, e quindi tutti guardano all’Italia.

L’Amministratore Delegato di via Tuscolana, il sempre prudente Nicola Maccanico, ha così reagito sabato scorso (22 luglio): “sono felice che Tarak Ben Ammar abbia intenzione di investire in Italia, la competizione è sempre uno stimolo e può portare ad una crescita complessiva del mercato. Detto questo, Cinecittà non prevede di cedere il proprio marchio, e per quanto riguarda l’ipotesi di una collaborazione industriale non c’è alcun contatto e non è in corso alcuna interlocuzione”.

Sarà vero?!

Segnaliamo “en passant” che non ci sembra che Cinecittà abbia mai pensato a tutelare al meglio il proprio marchio, dato che “Cinecittà 2” è già il nome di un centro commerciale limitrofo agli “studios” e peraltro esistono anche diverse società altre, in Italia, che recano paradossalmente il nome “Cinecittà” nella propria denominazione sociale (basta una visura nel Registro delle Imprese di Infocamere, per averne sconcertante conferma)…

Comunque ieri l’altro a Maratea, per il Marateale (ovvero in occasione del ritiro del “Premio Internazionale Basilicata” XV edizione) Tarak Ben Ammar ha anche annunciato una sua idea di scuola di formazione per il cinema, a Roma, per far crescere una nuova generazione di maestranze: “la produzione di cinema in Italia, anche con grandi produzioni internazionali, sta andando benissimo… quello che manca è avere tanti nuovi giovani formati per il set. Spero che questo progetto, di cui sto parlando in questi giorni, con la Regione Lazio decolli…”. L’interlocutrice di Ben Ammar è Lorenza Lei, già Direttrice Generale della Rai e da qualche settimana Responsabile Cinema e Audiovisivo della Regione guidata dal Presidente Francesco Rocca (Lei ha assunto l’incarico che Nicola Zingaretti aveva affidato a Giovanna Pugliese)…

La situazione appare effervescente… ma nebbie e misteri si addensano su via Tuscolana, tra Cinecittà e Centro Sperimentale di Cinematografia.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]

Clicca qui, per il documento “Proposte per la revisione del Pnrr e capitolo RePowerEu”, presentato dal Ministro per gli Affari Europei, per le Politiche di Coesione e per il Pnnr Raffaele Fitto, Roma, 27 luglio 2023

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.