l'analisi

Le migrazioni e il caos globale reale tra distopie mediatiche ed elettorali

di Luciano Pilotti – ESP, Università degli Studi di Milano |

Il fenomeno strutturale ed esplosivo delle migrazioni è davanti ai nostri occhi con gli approdi quintuplicati sulle coste di Lampedusa in un quadro caotico perché mantenuto entro perimetri emergenziali da una politica o assente o impotente o incapace.

Il fenomeno strutturale ed esplosivo delle migrazioni è davanti ai nostri occhi con gli approdi quintuplicati sulle coste di Lampedusa in un quadro caotico perché mantenuto entro perimetri emergenziali da una politica o assente o impotente o incapace. L’isola bellissima che “galleggia” tra Nord e Sud del mondo e sfortunata per l’accoglienza che deve erogare ad una umanità in fuga pur non avendo ne le risorse (umane e materiali) nè gli spazi appropriati.

Un fenomeno che va affrontato con politiche di integrazione e accoglienza che seppure selettive dovremmo condividere per umanità e civiltà (oltre che per le risorse necessarie) con l’Europa ma che stentiamo a focalizzare anche per incertezze e fratture nella maggioranza.

Infatti, la Presidente del Consiglio Meloni ha portato Ursula von der Leyen a toccare con mano il disastro di Lampedusa ed è riuscita a farle dire che “L’Europa deve decidere chi fare entrare”, ma senza dire come e con quale redistribuzione necessaria tra i partner, a partire da Germania e Francia che vogliono fare da soli. Mentre Salvini nello stesso giorno portava in (semi) trionfo a Pontida l’acerrima nemica di Ursula (oltre che di Macron e di Scholtz), Marine Le Pen. Dopo che i memorandum con Saied in Tunisia di solo qualche settimana fa sembrano sbriciolarsi di fronte alle “inaccettabili” condizioni dell’autocrate con “rimbalzi” su un conflitto libico che non vede fine immerso in istituzioni incapaci di offrire soluzioni credibili e sostenibili anche per i conflitti europei sulle vie d’uscita.

Due frontiere mediterranee caldissime quale “punta dell’iceberg” del tragico e bellicoso vulcano africano, dal Sudan al Niger con decine di colpi di Stato e milioni di persone costrette a fuggire verso nord in Europa (anche per climate change e carestie) proprio attraverso il ponte di salvataggio di Lampedusa nel cuore del Mediterraneo. Le soluzioni non sono facili, ma certo quelle proposte meloniane prima delle elezioni sono improponibili (blocco navale e respingimenti per i “non rifugiati” che tuttavia possono essere definiti tali solo se accolti).

Ora – al Governo – servono soluzioni solide e non mediatiche che rispondano a due esigenze fondamentali dato che fermare le migrazioni è impossibile e irrealistico oltre che disumano: contenere il processo e guidarlo verso una accoglienza rispondente a civismo ed umanità, condividendolo con tutta l’Europa.

Inoltre, con riguardo alla politica interna, dopo aver selezionato i “rifugiati” (che certo non è facile non sapendo dove certificarli) è essenziale sapere che l’immigrazione è anche una opportunità strategica (da 80mila anni e da prima dei Sapiens ma anche in epoca moderna, vedi USA, Canada, Nuova Zelanda o Australia e l’Europa stessa che non sarebbero le regioni ricche che sono senza immigrazione): (a) per l’impiego nelle nostre aziende manifatturiere che sono alla ricerca di forza lavoro per lavori che gli italiani non vogliono più fare, (b) per il contributo al sistema pensionistico e sanitario (usando meno delle risorse che conferiscono) e (c) per la ripresa della natalità (visto il tasso di denatalità di tutto l’Occidente visto un welfare familiare povero e inadeguato).

Aprire CPR in tutta Italia tenendo “recluse” queste persone per 18 mesi (senza formazione adeguata) per poi rispedire i “non rifugiati ” nel loro paese a costi peraltro elevatissimi non è umanamente accettabile, né realistico, né utile. Infatti, senza accordi (peraltro costosissimi) con i paesi di provenienza non si potranno “rispedire” queste persone da dove provengono costringendoli in questi “non luoghi”, crogiuoli di criminalità e devianza.

Nè si potranno perseguire gli scafisti nell’intero globo terracqueo, né tantomeno attivare blocchi navali di respingimento, in quanto rimanendo in acque internazionali le nostre navi non potranno che accogliere le persone che arrivano sui “barchini” per poi sbarcarle nei nostri porti. Dunque si rischia un puro effetto mediatico con distopie di “galleggiamento” in attesa delle (ancora lontane?) elezioni europee del giugno 2024.

È del tutto evidente che le soluzioni non possono (né devono) escludere fattori solidaristici, inclusivi e politiche di integrazione come in Germania e Francia che hanno accolto cinque volte i nostri rifugiati. Paesi con i quali abbiamo comunque la necessità di collaborare perché le politiche di accoglienza e integrazione abbiano successo, mentre il mondo ci guarda e con una Russia che soffia sui fuochi di conflitto nazionalista-sovranista europeo in attesa di un suo indebolimento politico agendo sulle sue fratture interne.

Nè lo “scambio politico” (e iniquo) con la Turchia di Erdogan con l’Europa che ha pagato oltre 6 mil.di per frenare e filtrare questi rifugiati si è rivelato lungimirante per l’uso ricattatorio che ne è stato fatto dal rais turco. Per integrazione si intende peraltro anche ius soli e ius scholae per quegli immigrati che già risiedono e lavorano in Italia da anni, spesso connettori integrazionisti di ricongiungimento familiare. Insomma serve un modello di integrazione, accompagnando e seguendo queste popolazioni in cerca di una “speranza di vita ” in modo personalizzato per poterli poi inserire senza fratture nel rispetto delle leggi europee.

La scuola dovrà poi svolgere la propria preziosa funzione educativa di integrazione fin dai primi anni di vita nel rispetto delle leggi e della Costituzione come condizione fondamentale. Ma anche nel caso di rimpatrio metterli in condizione di agire per il bene comune e mantenendo buoni rapporti con l’Italia con la prospettiva un giorno di poterci tornare con più strumenti utili e sottraendoli ai ricatti delle tante criminalità (non solo dei mari). Perché – in generale – dobbiamo considerare un dato di fatto che quando arrivano queste persone sono tutte da ritenere “illegali” finché non ci daremo forme di “canali legali” da attivare per l’arrivo “scavalcando la rete criminale degli scafisti/schiavisti e la fragilità politico-istituzionale di questi paesi.

“Canali legali” (traghetti e navi) che certo costerebbero meno (umanamente e finanziariamente) degli attuali canali “casuali” e di quelli proposti nei due DL del Governo che violano la Costituzione per esempio con una detenzione di 18 mesi senza processo e con totale assenza di rispetto della persona in attesa di riconoscimento e valutazione (che in Germania è massimo di 3 mesi e senza centri di detenzione).

Pensiamo per esempio alla condizione dei tanti minori anche non accompagnati e con alle spalle esperienze tremende di dolore e violenza inenarrabili che certo non possono essere equiparati agli adulti e per i quali vanno creati canali distinti e separati per la loro accoglienza in strutture protette.

Persone adulte e ragazzi o bambini che vanno accolti nel rispetto di minime norme di civiltà e umanità e provando ad insegnare loro la nostra lingua e le nostre leggi (rispettando le loro religioni e culture purché compatibili con le nostre norme di convivenza) perché possano prima possibile entrare nelle nostre comunità, nelle nostre scuole e nei nostri mercati del lavoro con strumenti adeguati e “mappe di sopravvivenza” nel rispetto e nella responsabilità con una civiltà (giuridica e dei diritti) alla quale non dobbiamo mai rinunciare.

Perché se è chiaro che non possiamo accogliere tutti sappiamo anche che dobbiamo accogliere di più e meglio anche come fattore primario di sicurezza.

Sapendo infine che dovremo intervenire come Europa e intero Occidente con investimenti adeguati in Africa per infrastrutture, sanità e scuole (a quando un Piano Marshall Africa anche per non “regalare” questo enorme continente alla Cina e ripartendo da una riforma ONU più inclusiva?) per mitigare le condizioni di uscita (breve termine) e offrire opportunità di una crescita condivisa (medio-lungo termine) quale faro di soluzioni sistematiche e diffuse altrimenti potremo solo rincorrere gli effetti negativi nell’emergenza e questo non può essere né umano, né civile e dunque nemmeno efficiente.