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Lavorare in Germania, mini-job per 4.164.000 persone

bando

Non possono guadagnare più di 520 euro al mese e non hanno copertura sanitaria

Per i critici rappresentano la polvere sotto il tappeto della Germania, per gli estimatori si tratta di un pragmatico rimedio a disoccupazione e marginalità. Sono i mini job, quei lavori di poche ore al giorno o anche a settimana che occupano coloro che non sono riusciti a trovare un altro modo di lavorare in Germania, cioè non sono riusciti ad ottenere un contratto più tradizionale, a tempo pieno o part time.

Lavorare in Germania, come funzionano i mini job

La caratteristica principale dei mini job consiste nel fatto che non possono essere pagati più di 520 euro al mese, ovvero 6.240 euro l’anno. In precedenza il limite era di 450 euro, ma dopo l’aumento del salario minimo legale, diventato di 12 euro l’ora, dal 1° ottobre 2022 è cresciuta anche la paga per i mini job. Era dal 2013 che non avveniva una rivalutazione di questo tipo di retribuzione. C’è una soglia oraria da rispettare: non è possibile lavorare più di 10 ore a settimana, ovvero 520 ore all’anno. Moltiplicando queste 520 ore per 12 euro l’ora il risultato è, appunto, esattamente 6.240 euro l’anno. Se si passasse più tempo sul posto di lavoro la retribuzione da mini jobber consisterebbe in un salario orario inferiore a quello consentito e sarebbe illegale. Non ci sono, invece, particolari restrizioni sulla durata del contratto.

Questa è la tipologia più conosciuta di mini job, ma ve ne è anche un’altra. Si tratta di quella che prevede, invece di un limite salariale, uno relativo alla data di scadenza del contratto: non può durare più tre mesi o 70 giorni lavorativi nel giro di un anno. In questo caso non vi è un requisito legato allo stipendio, ma di fatto considerando che l’orario medio di lavoro giornaliero in Germania è di 7,82 ore, un impiego di non più di 70 giorni con salario minimo comporta entrate totali annue simili a quelle del mini job di 520 euro.

I benefici fiscali di lavorare in Germania con i mini job

E’ prevista anche una serie di agevolazioni sia per coloro che sono impegnati in mini job che per i loro datori di lavoro. Viene applicata un’imposta fissa, solo del 2%, pagata solamente dall’imprenditore, e il lavoratore è esentato dal versare contributi per malattia e pensione, coperti dallo Stato. Dato rilevante: non viene pagato neanche il premio per l’assicurazione sanitaria, come per gli altri lavori, ma essendo questa obbligatoria in Germania, il mini jobber se la deve pagare da solo, a meno che non sia incluso in quella di coniugi, genitori o altri familiari.

Naturalmente queste condizioni di lavoro in Germania valgono solo se sono rispettati i limiti imposti dalla legge. Per esempio è tollerato, se giustificato dalle circostanze, eccedere di 1.040 euro e guadagnare 7.280 euro in un anno invece di 6.240, ma non di più, altrimenti il lavoro è considerato regolare e si devono applicare le leggi in vigore per la grande maggioranza dei lavoratori tedeschi. Allo stesso modo nel caso del mini job di massimo 70 giorni lavorativi, se vi è un guadagno equivalente a più di 520 ore al mese deve essere verificato che non si tratti di un lavoro qualificato, o non possono essere applicate le agevolazioni fiscali.

Quanti sono i tedeschi con il mini job

I mini jobber in senso stretto, come si vede dalla nostra infografica, sono 4 milioni e 164mila secondo i dati più recenti, di metà 2022. Sono coloro che non hanno alcun altro impiego se non questo e non svolgono anche lavori a tempo pieno assieme ai mini job. Questi ultimi esistono, ma nel loro caso non valgono quelle condizioni di favore che abbiamo visto. In un anno sono diminuiti di circa 100mila unità; erano 4 milioni e 260mila a metà 2021, mentre nel 2019, prima del Covid, erano 4 milioni e 646mila e nel 2012 superavano i 5 milioni. In termini percentuali parliamo, nel caso del 2022, del 9,1% di tutti gli occupati, erano il 9,2% l’anno precedente e il 12% nel 2012.

Questo accade anche perché nel frattempo vi è stato un incremento del numero complessivo dei lavoratori, passati dai 42 milioni e 19mila del 2012 ai 45 milioni e 278mila del 2019, scesi provvisoriamente per la pandemia ai 44 milioni e 915mila del 2021 e saliti a quota 45 milioni e 569mila l’anno scorso. Se però vogliamo considerare anche coloro che svolgono un mini job di qualche tipo, ma allo stesso tempo pagano i contributi, quindi sono impiegati pure in un posto regolare, i trend sono diversi. A metà 2022 erano 3 milioni e 190 mila, 185mila in più che nel 2021 e 244mila in più che nel 2019. In sostanza i mini jobber con altri lavori sono aumentati più velocemente degli occupati totali, al contrario di quelli che svolgono solo mini-job. Insomma, volendo considerare tutti i mini jobber nel 2022 erano 7 milioni 454mila, contro i 7 milioni e 592mila del 2019, prima del Covid.

Studenti, lavoratori stagionali nell’agricoltura e nella ristorazione

Ma chi sono i mini jobber? Coloro che svolgono solo questo tipo di lavoro sono prevalentemente lavoratori stagionali, per esempio nell’ambito dell’agricoltura, del commercio, del turismo, che tamponano la richiesta di lavoratori durante i momenti di picco della domanda in alcuni mesi dell’anno, oppure studenti che vogliono essere più indipendenti. Il fatto che non sono coperti da un’assicurazione sanitaria, che devono obbligatoriamente procurarsi in autonomia, fa sì che si tratti spesso di persone che vivono con altri familiari che lavorano e godono di una copertura, come i più giovani, appunto.

I lavoratori atipici e a termine però sono in calo in Europa e in Italia

I mini jobs sono una peculiarità tedesca, ma rientrano nell’ambito dell’occupazione flessibile, atipica o a termine, che nei primi 20 anni di questo secolo ha visto un aumento in tutta Europa. In ogni Paese, però sono state adottate modalità e leggi diverse per favorire un aumento del numero dei lavoratori anche in presenza di una domanda scarsa di posizioni a tempo indeterminato da parte delle aziende.

In generale, comunque, non si è avuta la temuta sostituzione del lavoro di tipo classico, permanente, con quello a tempo determinato e provvisorio. I dati di Eurostat ci dicono che a svolgere quest’ultimo sono il 14% in Europa, una percentuale inferiore a quella del periodo pre-pandemico, visto che tra il 2014 e il 2019 era superiore al 15%, con una punta del 15,7% nel 2017. In Germania sono il 12,4%, anche qui in leggera riduzione rispetto allo scorso decennio, mentre in Italia il 16,9%. Pure nel nostro Paese a dispetto di quello che forse molti pensano vi è stato un calo: nel 2018 e nel 2019 erano il 17,1%.

I dati si riferiscono al: 2019-2022
Fonte: Destatis

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