il commento

L’audio di Casalino, l’opinione di Stefano Rolando

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Stefano Rolando, professore universitario di ruolo a Milano e per dieci anni in passato Capo del Dipartimento per l'informazione e l'editoria di Palazzo Chigi ha postato oggi sul "caso Casalino" questa nota.

Chi scrive è stato per dieci anni capo della comunicazione istituzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con numerosi governi e con il massimo grado della carriera amministrativa, operando in stretta sintonia – pur nelle diverse funzioni – con i portavoce dei Presidenti che si sono succeduti.

Posso assicurare che, nel caso di un episodio come quello in cui è incorso il portavoce attualmente in carica, di inequivocabile natura e di dominio pubblico, con qualunque dei Presidenti che si sono al tempo succeduti, l’interessato avrebbe aspettato non più di 24 ore per essere convocato non già dallo stesso Presidente, ma – per segnalare quasi l’automatismo procedurale dell’Amministrazione – diciamo dal Vice-segretario generale che gli avrebbe rivolto più o meno queste parole di rito: “In relazione ai noti accadimenti, La prego – di intesa con i nostri Superiori – di voler conferire con i suoi stessi famigliari, al fine di valutare nel modo più discreto e a lei favorevole, il caso di anticipare con un atto volontario l’inevitabile provvedimento di ritiro delle deleghe ovvero della fiducia conferita”.

Allora come oggi non appartenente a partiti, ma in diversa funzione comunque al servizio di istituzioni, posso altresì dire che quel “provvedimento” non sarebbe stato tanto causato da espressioni gergali inusuali per quella funzione (forse in conversazione privata tollerabili) e nemmeno da giudizi politicamente netti (che, per quel ruolo potrebbero essere considerati da qualcuno legittimi), ma dall’evidente imperizia dimostrata nel trattamento delle sue competenze così da pregiudicare l’istituzione servita.

Vorrei aggiungere che una copertura definitiva di carattere “politico” del collaboratore avrebbe – e per ora ha – l’evidente significato di dichiarare che l’episodio non costituirebbe un “faux pas” del collaboratore stesso, spiacevole ma incauto e necessariamente sanzionabile, con numerosi precedenti storici, ma una programmata fuoriuscita di volontà della stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, con evidente conflitto istituzionale innescato con un’altra grande e complessa parte dell’Amministrazione dello Stato (come si va palesando), fino a creare condizioni non risolvibili con semplici passaggi procedurali e forieri di ben altri rischi.