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L’AI rilancia il gas naturale, ma la corsa alle turbine mette in crisi il processo di decarbonizzazione

L’intelligenza artificiale sta riscrivendo le dinamiche del mercato energetico con il settore del gas in pieno fermento, trainato dalla crescente fame di elettricità dei data center che alimentano l’AI generativa. A raccontarlo è il Financial Times in un lungo approfondimento.

Dal declino annunciato al ritorno del gas

Nel grande stabilimento della Mitsubishi Heavy Industries (MHI) a Takasago, in Giappone, centinaia di tecnici lavorano a ritmo serrato per assemblare turbine da 100 tonnellate, grandi quanto un aereo di linea. Fino a pochi anni fa, spiega il quotidiano economico inglese, quello stesso impianto era semivuoto: con l’avanzata delle energie rinnovabili e gli impegni globali per le emissioni zero, il gas naturale sembrava avere i giorni contati.

Nel 2017, Siemens aveva annunciato 6.900 licenziamenti, prevedendo un mercato limitato a 110 turbine l’anno contro le 400 che l’industria poteva produrre. Un suo dirigente arrivò a dichiarare che “le turbine a gas erano morte nel 2022”.

Oggi lo scenario è capovolto. Secondo la società di consulenza Dora Partners, nel 2025 gli ordini globali saliranno a 1.025 unità, di cui 183 di grande capacità, il livello più alto dal 2011 e quasi il 50% in più rispetto alla media degli ultimi cinque anni.

Le tre aziende che dominano il settore – MHI, Siemens Energy e GE Vernova – stanno spingendo la produzione al massimo, dopo anni di stagnazione.

AI e data center: un nuovo boom energetico

Il motore di questa rinascita è la fame di energia dei data center che alimentano l’intelligenza artificiale. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti prevede che entro il 2028 i data center consumeranno tra il 6,7% e il 12% dell’elettricità nazionale, contro il 4,4% del 2023.

Per sostenere la potenza di calcolo necessaria a far funzionare modelli come ChatGPT o i supercomputer di Google e Meta, servono centrali a gas capaci di fornire energia stabile 24 ore su 24.

Negli Stati Uniti si sta assistendo a un ritorno massiccio delle centrali termoelettriche: la società Entergy, ad esempio, sta costruendo tre nuovi impianti in Louisiana per alimentare il gigantesco campus Hyperion di Meta. In parallelo, il progetto Stargate – l’iniziativa da 500 miliardi di dollari promossa da OpenAI e SoftBank – prevede infrastrutture energetiche dedicate, comprese centrali a gas di nuova generazione.

Turbine esaurite e consegne bloccate fino al 2030

Le turbine, che richiedono anni di progettazione e assemblaggio, sono ormai prenotate fino al 2027, e i tempi d’attesa per nuovi ordini superano i tre anni.

Le aziende stanno cercando di espandere la produzione, ma i fornitori sono già sotto pressione per la forte domanda del settore aerospaziale e militare. MHI punta a raddoppiare la produzione in due anni, ma senza costruire nuovi stabilimenti, per evitare di trovarsi con capacità in eccesso se il boom dovesse frenare.

GE Vernova ha dichiarato di essere già sold out per il 2026 e il 2027, mentre Siemens Energy, che due anni fa vendeva appena una turbina all’anno negli Stati Uniti, oggi è vicina a quota 200.

Un effetto domino sull’Asia e sui paesi emergenti

Questa corsa all’approvvigionamento ha effetti diretti sull’equilibrio geopolitico globale. I paesi industrializzati — Stati Uniti, Europa e Medio Oriente — si stanno accaparrando la quasi totalità della produzione, lasciando i mercati emergenti in fondo alla lista d’attesa.

l Sud-est asiatico è la regione più penalizzata: secondo l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA), il Vietnam non riuscirà a raggiungere i 22,5 GW di capacità installata a gas previsti per il 2030, partendo dagli attuali 1,6 GW. Anche le Filippine e l’Indonesia si trovano nella stessa situazione.

In Vietnam, solo una delle centrali in costruzione è riuscita a ottenere un contratto per la fornitura della turbina. L’effetto collaterale potrebbe essere devastante: molti paesi dell’Asia meridionale, tagliati fuori dal GNL e con reti elettriche ancora deboli, potrebbero tornare a investire nel carbone, spesso con tecnologie fornite dalla Cina.

Il ritorno della geopolitica energetica

La nuova geografia energetica disegnata dall’AI apre spazi anche per la Cina, che pur non dominando la produzione di turbine (oggi al 3% del suo mix energetico) potrebbe rafforzare la propria influenza nella regione fornendo tecnologia a carbone ai paesi rimasti indietro.

Il Giappone, da parte sua, cerca di contrastare l’espansione cinese con l’iniziativa Asian Zero Emission Community, lanciata nel 2023, che finanzia infrastrutture energetiche nella regione. Tuttavia, più di un terzo dei 158 accordi firmati prevede ancora tecnologie fossili, segno di una transizione tutt’altro che lineare.

Per ora, i dati sono chiari: nel 2025 gli Stati Uniti rappresenteranno quasi la metà degli ordini mondiali di turbine a gas. Il resto del mondo dovrà adattarsi a un nuovo scenario, in cui l’intelligenza artificiale non solo consuma energia, ma ridisegna le sue fonti e i suoi equilibri globali.

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