Person of the year per il TIME sono l’AI e i suoi architetti: Zuckerberg, Lisa Su, Musk, Huang, Altman, Hassabis, Amodei e Fei-Fei Li
Per la prima volta nella sua lunga storia, TIME ha scelto di mettere in copertina come “persona dell’anno” 2025 non un singolo volto, ma una forza che sta ridisegnando il mondo: l’intelligenza artificiale (AI), insieme ai suoi architetti. L’immagine (realizzata da Jason Seiler e Peter Crowther per il TIME) non rappresenta solo un anno, ma forse un’epoca, in cui l’AI è uscita definitivamente dai laboratori per diventare un motore centrale della politica, dell’economia e dei mercati globali.
La foto ritrae Mark Zuckerberg (Meta), Lisa Su (Advanced Micro Devices), Elon Musk (Tesla e SpaceX), Jensen Huang (Nvidia), Sam Altman (OpenAI), Demis Hassabis (Google DeepMind), Dario Amodei (Anthropic) e Fei-Fei Li (AI4ALL) su una trave sospesa nel vuoto, come quella storica che immortalava degli operai in pausa pranzo. Una foto, quella del 1932, emblema di un’epoca ormai lontana, a cui questa vuole ‘fare il verso’, come si dice, e forse a ragione.
AI e concentrazione di ricchezza estrema nelle mani di pochi, come 100 anni fa
Più di 100 anni fa una dozzina di operai consumavano il pranzo, appunto, su una trave a 250 metri di altezza (il concetto di sicurezza sul lavoro era a dir poco vago). Il titolo di quella straordinaria foto “Lunch atop a skyscraper” (pranzo su un grattacielo) non si riferiva, come tanti hanno creduto per decenni, all’Empire State Building, edificio più alto del mondo a quel tempo, ma al Rockefeller Center di New York.
Cosa hanno a che fare Zuckerberg, Musk, Huang, Altman e compagni con quegli operai in vesti logore e segnati dal duro lavoro del cantiere (per di più sospesi nel vuoto)? Niente. Ma forse un punto di incontro c’è: quegli operai lavoravano per l’uomo più ricco del mondo al tempo, John D. Rockefeller Sr., che da solo deteneva un patrimonio pari al 2% del PIL USA del 1932 (mentre altri grandi magnati come il patron dell’omonima casa automobilistica Henry Ford e il banchiere e Segretario del Tesoro USA, Andrew Mellon – una costante la presenza di miliardari nella storia dei Governi americani – dominavano settori chiave come petrolio e industria pesante).
La somma totale delle ricchezze nette di Mark Zuckerberg, Lisa Su, Elon Musk, Jensen Huang, Sam Altman, Demis Hassabis, Dario Amodei e Fei-Fei Li, sfiora i 1.000 miliardi di dollari (in crescita ovviamente). Parliamo dell’1% del PIL globale nelle mani di sole 8 persone (il PIL mondiale oggi è calcolato attorno ai 98.000 miliardi di dollari circa).
Perché l’intelligenza artificiale e i suoi ‘architetti’ sono finiti sulla copertina del TIME?
Il 2025, secondo la celebre rivista, è stato l’anno in cui non è stato più possibile ignorare l’AI. Dalla medicina alla finanza, dall’istruzione alla Difesa, ogni grande dibattito pubblico ha avuto l’intelligenza artificiale come risposta, soluzione o problema. “Qualunque fosse la domanda, l’AI era la risposta”, scrive la rivista.
TIME ricorda che questa non è la prima volta che una tecnologia conquista la copertina. Nel 1982 fu il personal computer a essere scelto come Person of the Year; nel 2006 toccò a “You”, simbolo delle comunità digitali. Scelte controverse allora, considerate oggi profetiche.
Settantacinque anni fa, nel 1950, TIME dedicò la copertina al computer Mark III, definendolo “the thinking machine”. Oggi, quasi inutile sottolinearlo, quel futuro è diventato presente, oggetto dato per scontato nella nostra quotidianità.
Il racconto simbolico di questa copertina parte comunque da Washington, gennaio di quest’anno: mentre Donald Trump tornava alla Casa Bianca e i leader politici si riunivano per l’inaugurazione presidenziale, i vertici delle Big Tech erano in prima fila. Ma lontano dai riflettori, nello stesso giorno, una società cinese poco conosciuta, DeepSeek, rilasciava un nuovo modello di intelligenza artificiale che scuoteva i mercati finanziari globali, alimentando timori e competizione.
Il giorno dopo, tre nomi-simbolo della nuova economia digitale – Sam Altman (OpenAI), Larry Ellison (Oracle) e Masayoshi Son (SoftBank) – si presentavano alla Casa Bianca annunciando Stargate, un piano da fino a 500 miliardi di dollari per costruire data center dedicati all’AI negli Stati Uniti. Due giorni, due segnali chiarissimi: l’AI è geopolitica, industria, finanza e potere.
Per TIME, sono questi uomini – e i team che guidano – ad aver “immaginato, progettato e costruito” l’età delle macchine pensanti. Da qui il titolo: gli “Architects of AI, Person of the Year 2025”.
L’AI come motore dell’economia globale
Il motivo profondo della scelta è economico, secondo un’analisi della Nexford University. Secondo il McKinsey Global Institute, se l’adozione dell’AI procederà ai livelli medi stimati dalle simulazioni, l’impatto potrebbe essere di circa 13.000 miliardi di dollari di nuova attività economica globale entro il 2030. Parliamo di un +16% di PIL cumulato rispetto a oggi, ovvero 1,2 punti percentuali di crescita aggiuntiva ogni anno.
Un impatto paragonabile a quello delle grandi tecnologie general purpose del passato, come l’elettricità o il motore a combustione. La crescita arriverebbe soprattutto da due fattori: automazione e sostituzione del lavoro umano; innovazione accelerata di prodotti e servizi.
Entro il 2030, sempre secondo McKinsey, circa il 70% delle aziende nel mondo avrà adottato almeno una tecnologia di AI, anche se meno della metà riuscirà ad assorbirne pienamente tutte le principali categorie.
Non è un caso che Jensen Huang, CEO di Nvidia – oggi la società con la maggiore capitalizzazione al mondo – abbia dichiarato a TIME: “Ogni industria ne ha bisogno, ogni azienda la usa e ogni nazione deve costruirla. Questa è la tecnologia più impattante del nostro tempo”.
L’AI avanza a una velocità mai vista. Secondo uno studio citato da TIME, le capacità dei sistemi di intelligenza artificiale raddoppiano quasi due volte l’anno. In poche settimane, abbiamo visto l’AI:
- contribuire a risolvere un problema matematico irrisolto da 30 anni,
- superare i modelli tradizionali di previsione degli uragani,
- aprire persino nuove frontiere nella comunicazione con i cetacei.
Compiti che richiedevano ore di lavoro umano vengono svolti in secondi. È questa accelerazione a rendere l’AI così centrale e allo stesso tempo così destabilizzante.
Il lato oscuro: lavoro, disuguaglianze, rischio sistemico
Ma rispetto al TIME, non vogliamo ignorare il prezzo di questa rivoluzione e i suoi potenziali (per alcuni esperti ‘certi’) effetti negativi sulla società nel suo insieme, in particolare il mondo del lavoro. Anzi, lo mettiamo al centro del racconto.
Lasciando volontariamente da parte gli effetti sistemici (in parte ancora sconosciuti) e sociali in particolare di questa tecnologia, dalle accuse di danneggiamenti psicologici alle cause legali per suicidi e decessi, sia tra i minori che tra gli adulti, è chiaro che il dato più dibattuto è quello relativo alle conseguenze dell’AI nel mondo del lavoro.
Secondo il World Economic Forum, entro il 2026 l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire circa 85 milioni di posti di lavoro. Freethink stima che il 65% dei lavori nel retail potrebbe essere automatizzato già entro quella data.
Guardando più avanti, PwC prevede che entro la metà degli anni 2030 fino al 30% dei posti di lavoro potrebbe essere automatizzabile, con un impatto maggiore sugli uomini nel lungo periodo (trasporti, manifattura, lavori manuali), mentre nelle prime fasi sarebbero le donne a essere più esposte, per la loro maggiore presenza in ruoli amministrativi e clericali.
I primi effetti negativi sull’occupazione già evidenti, altri sono attesi nel 2026
Un rapporto di Goldman Sachs parla di numeri ancora più impressionanti:
- 300 milioni di posti di lavoro equivalenti a tempo pieno potenzialmente sostituibili a livello globale,
- due terzi dei lavori negli Stati Uniti e in Europa esposti in qualche misura all’automazione,
- circa un quarto delle mansioni completamente svolgibile dall’AI.
Lo stesso report stima però anche un possibile aumento del valore annuo della produzione globale del 7%, segno di una trasformazione che distrugge e crea allo stesso tempo.
Altri studi rafforzano il quadro:
- MIT e Boston University, citati da Forbes, stimano fino a 2 milioni di posti di lavoro manifatturieri persi entro il 2026;
- McKinsey Global Institute avverte che almeno il 14% dei lavoratori globali dovrà cambiare carriera entro il 2030 a causa di AI, robotica e digitalizzazione.
Non a caso, anche Donald Trump ha sintetizzato il clima di incertezza con una frase diventata virale: “Se succede qualcosa di davvero brutto, date la colpa all’AI”. Di fatto, l’AI è uno dei principali fattori alla base della cosiddetta disoccupazione tecnologica.
Le parole espresse dal presidente della Federal Reserve (la Banca centrale americana), Jerome Powell, suonano come un monito: “Il mercato del lavoro statunitense potrebbe essere ancora più debole di quanto si pensasse in precedenza“, in riferimento ai dati snocciolati dall’amministrazione Trump negli ultimi mesi. L’accusa è che Washington potrebbe sovrastimare la creazione mensile di posti di lavoro per ovvi motivi politici: “è un po’ curioso che i titoli sui licenziamenti di migliaia di dipendenti, da parte di grandi aziende, con l’intelligenza artificiale citata come una delle ragioni principali alla base dei tagli, non si siano finora tradotti in un aumento evidente della disoccupazione“.
Perché proprio ora l’AI?
Mettere l’intelligenza artificiale – e i suoi architetti – in copertina significa riconoscere che non c’è più ritorno, né possibilità di restare fuori. L’AI sta ridefinendo crescita economica, produttività, lavoro e potere, concentrando enormi risorse nelle mani di pochi leader industriali, in una dinamica che ricorda l’età dei “robber barons”.
TIME non celebra né condanna: racconta una svolta storica. L’AI stupisce, spaventa, promette ricchezza e genera disuguaglianze. Sta trasformando il presente e ampliando i confini del possibile.
Per questo, nel bene e nel male, gli Architects of AI sono la Person of the Year 2025. Non perché abbiano tutte le risposte, ma perché hanno costruito la macchina che ora pone le domande a tutta l’umanità. Pensavano di doverle porre noi all’AI, ma molto probabilmente è la tecnologia a porle a noi, facendole emergere piano piano dall’inconscio collettivo turbato da questa velocità impressa dall’innovazione alla nostra storia.
(Sinistre) Similitudini storiche attorno ad una trave
Tornando all’immagine del 1932, con cui abbiamo aperto questo articolo, fu scattata da autore ancora oggi ignoto nel pieno di quella che è passata alla storia con il nome di Grande Depressione. Una crisi drammatica che mise in ginocchio gli Stati Uniti, togliendo lavoro a più di 15 milion di americani.
Quella foto rappresenta però anche un riscatto, una voglia di cambiare pagina, in una città, New York, che ha sempre avuto il ruolo di motore dell’innovazione e del cambiamento. Di lì a poco il Paese sarebbe ripartito con un nuovo ciclo di crescita e benessere.
Oggi in molti si aspettano dall’AI la stessa impennata, in momento storico di grandi cambiamenti, turbolenze economiche e commerciali, tensioni geopolitiche crescenti e paura per il futuro sempre più incerto e avvolto dalle nebbie della guerra (o delle guerre).
Altri, invece, si attendono dall’AI un’onda d’urto finanziaria di portata epocale, visti i pericoli e gli allarmi di una possibile bolla finanziaria legata a questa tecnologia chiave per il nostro tempo.
Sono tanti i punti in comune tra quello che accadeva più di 100 anni fa e oggi, speriamo che davvero la Storia non si ripeta mai (la fine degli anni ’30 portano al capitolo forse più buio della storia dell’umanità), ma sappiamo che presenta però pattern ciclici con grandi similitudini, una di queste è proprio la concentrazione estrema di ricchezza nelle mani di pochi individui.
