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‘La Web tax del Governo? Non risolve il problema’. Intervista a Francesco Boccia (Pd)

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Intervista a Francesco Boccia, deputato PD, candidato alla segreteria del partito e fautore della web tax in Italia dal 2013: ‘La Web tax inserita dal Governo nel maxi-emendamento alla Legge di Bilancio non risolve il problema. L’unica soluzione è l’obbligo di residenza fiscale in Italia per chi fa business nel nostro Paese'.

“Non risolve il problema e non vedo novità rispetto a quella approvata l’anno scorso dal Parlamento, con un emedamento da me presentato”. Commenta così Francesco Boccia, deputato PD, candidato alla segreteria del partito e fautore della web tax in Italia dal 2013, il testo dell’imposta sui servizi digitali inserito nel maxi-emendamento alla Legge di Bilancio dal Governo.
La web tax prevista dall’esecutivo gialloverde assume la forma di un prelievo pari al 3% sulle imprese che registrano ricavi complessivi non inferiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali superiori a 5,5 milioni. La tassazione si ottiene applicando il 3% all’ammontare dei ricavi tassabili realizzati in ciascun trimestre.  

Key4biz. Qual è il suo giudizio sulla web tax inserita dal Governo nel maxi-emendamento alla Legge di Bilancio 2019?

Francesco Boccia. In attesa di conoscere i dettagli, posso dire che manca di coraggio: non è come quella di mia iniziativa del 2013, poi purtroppo cancellata da Renzi, che era onnicomprensiva, perche colpiva tutte le multinazionali e imponeva l’utilizzo di partiva IVA italiana, quindi non avrebbe toccato le imprese connazionali. (Francesco Boccia, è il fautore della web tax in Italia, appunto dal 2013 quando la Commissione Bilancio della Camera, da lui presieduta, l’approvò, per poi essere bocciata da Matteo Renzi, da poco segretario del Partito Democratico, n.d.r.). 

Key4biz. L’anno scorso il Parlamento, con la Legge di Bilancio 2018, ha approvato, con un suo emendamento, la cosiddetta web tax transitoria, l’opzione volontaria di accordi di tipo fiscale tra i colossi dell’economia digitale e il Fisco italiano.

Francesco Boccia. Di quella versione, il Governo M5S-Lega ha ripreso sia il prelievo del 3% sia il gettito previsto per il primo anno, quindi non vedo novità in questa versione inserita nel maxi-emendamento alla manovra rispetto a una legge già approvata, ma non è operativa perché manca il decreto attuativo del Mef. 

Key4biz. Diverse associazioni di categorie sono contrarie alla web tax proposta dal Governo M5S-Lega. Secondo Anitec-Assinform e Confindustria digitale ‘rischia di colpire le Pmi italiane che vendono online i prodotti’ e per la Fieg ‘penalizza le aziende italiane del settore già tassate’. 

Francesco Boccia. Si lamentano perché non risolve il problema, è scritta male.

Key4biz. Secondo lei qual è la soluzione ottimale?

Francesco Boccia. Io continuo a pensare che l’unica soluzione sia l’obbligo di residenza fiscale in Italia per chi fa business nel nostro Paese, così paga le tasse in modo diretto. Questo vale per il commercio e per i servizi, per la pubblicità e l’editoria. Per tutti.

Inoltre gli aggregatori di notizie si assumano le responsabilità degli editori oppure devono riconoscere agli editori e giornalisti i giusti diritti d’autore, come avviene con le piattaforme musicali. 

Key4biz. Cambiamo tema, ma restiamo a parlare di digitale. Lei è uno dei candidati alle primarie del Pd. Da oggi è online la piattaforma ‘hackitaly’: con quale obiettivo?

Francesco Boccia. È una sfida diretta e chiara alla piattaforma Rousseau del M5S. È una “casa di vetro”, perché dotata di un codice sorgente accessibile a tutti gli utenti e algoritmi noti, a differenza di Rousseau, un sistema opaco, obsoleto e facilmente violabile. Attraverso HackItaly si potrà partecipare attivamente alla gestione della cosa pubblica attraverso una nuova rete di attivisti che stiamo reclutando in rete: sviluppatori software, ambasciatori delle idee e i tester, che costruiscono e collaudano la piattaforma. Non sarà un commentificio come la piattaforma dei 5S. Al termine del congresso doneremo HackItaly al Partito Democratico perché resto convinto che, al tempo dell’economia digitale, anche la politica deve essere al passo con i tempi.