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La violenza sulle donne è colpa del partner: 54,8%

Solo il 9,9% delle aggressioni da estranei. Il 53,4% delle vittime ha più di 40 anni

La violenza sulle donne è una piaga che si consuma innanzitutto tra le mura domestiche, o comunque nell’ambito delle relazioni intime. L’ennesima conferma viene dall’Istat, che ha raccolto i dati dei Centri antiviolenza (Cav) che si occupano di soccorrere ed aiutare tutte coloro che cercano di sfuggire alle aggressioni fisiche e psicologiche che subiscono dagli uomini. Ad essere responsabili del 54,8% di queste sono proprio i partner attuali, mariti o compagni, molto spesso conviventi. Nel 22,9% dei casi, invece, i violenti sono gli ex partner, che non accettano una separazione e il rifiuto a proseguire la relazione.

La violenza sulle donne: solo il 9,9% viene da estranei

Non mancano, ma sono meno, il 12,5%, le violenze perpetrate da altri familiari o conviventi, come uno zio o un padre. Solo il 9,9% dei colpevoli non ha relazioni di parentela con la vittima e sono amici, colleghi, sconosciuti. Questi sono i numeri che emergono dalle interviste alle donne che si rivolgono ai Cav, e quindi non comprendono l’enorme sommerso composto da tutti quei casi che non vengono denunciati, ma rappresentano comunque un campione rappresentativo.

Le caratteristiche della violenza sulle donne

Probabilmente è a causa del fatto che avviene in un contesto familiare che la violenza sulle donne spesso va avanti per lungo tempo prima che queste si decidano di chiedere aiuto. I dati dell’Istat e dei Cav dicono che nel 49,7% dei casi le aggressioni duravano da più di un anno: per il 22,9% delle vittime tra uno e 5 anni, per il 26,8% addirittura più di 5. Solo il 2,7% degli abusi sono rappresentati da episodi singoli, che non hanno avuto un seguito, mentre il 15% si sono ripetuti per meno di 12 mesi.

Chi li subisce mediamente non è giovanissima: il 53,4% di coloro che si rivolgono ai Centri antiviolenza ha più di 40 anni, il 24,7 più di 50. I segmenti di età più coinvolti, però sono quelli tra i 30 e i 39 e tra i 40 e i 49 anni. In questi troviamo rispettivamente il 26,2% e il 28,8% delle donne. Un quinto delle vittime, poi, ha meno di 30 anni.

A chi si rivolge chi chiedo aiuto per un caso di violenza

Sono state 19.592 le donne prese in carico dai Cav nel 2020 e 2021 e che alla fine dell’anno scorso stavano ancora facendo un percorso presso un centro. A questo sono arrivate seguendo strade molto diverse. Se il 39,6% di esse ha inizialmente chiesto aiuto a parenti, amici, conoscenti, la maggioranza è passata da vie più ufficiali. Il 29%, in particolare, si è rivolta alle Forze dell’Ordine, il 15,2% ai servizi sociali territoriali, il 5,5% al 1522, il numero verde anti-violenza, mentre rispettivamente il 3,8% e il 3,9% sono ricorsi a un consultorio familiare o a un Centro antiviolenza diverso da quello che poi le ha aiutate.

L’11,9% ha scelto di andare da un avvocato, mentre non sono poche coloro che hanno deciso, magari obbligate dalle circostanze, a utilizzare i servizi sanitari. Se per l’8,2% si è trattato di uno psicologo o di uno psichiatra, quasi una su cinque, il 19,3%, è arrivata al CAV dopo essere passata per un pronto soccorso e da un ospedale. Del resto la per la grande maggioranza, 12.907 su 19.592, la violenza subita è stata fisica, ma non sono mancati anche gli abusi di altro tipo.

Il 10% delle donne ha subìto uno stupro o un tentato stupro

Tra i casi più gravi vi sono gli stupri e i tentati stupri: sono stati denunciati dal 10% di quante sono in carico ai Centri antiviolenza. Per il 12,9% vi sono state molestie sessuali, anche on line. Di questa categoria fa parte il cosiddetto revenge porn, in grande aumento. Come è facile immaginare la violenza sulle donne comprende anche le minacce, che sono state rivolte al 47,4% delle vittime. Il 20,6%, poi, ha avuto a che fare con lo stalkingmesso in atto da parte del proprio persecutore, a volte anche attraverso la rete, caso in cui si parla di cyberstalking.

Questi atti costituiscono a tutti gli effetti violenza psicologica, che infatti ha subito l’89,4% di quante sono assistite dai Cav. Vi è anche quella definibile come violenza economica, che può andare dalla privazione di beni necessari alla costrizione a fare da prestanome: ha riguardato il 38,6% dei casi. Per fortuna sono invece molto rari, almeno sulla carta, altri tipi di abusi, come il matrimonio e l’aborto forzato (rispettivamente l’1,4% e lo 0,5% dei casi), le mutilazioni genitali (0,1%), la tratta ai fini di prostituzione sessuale o quella lavorativa (0,5%). Il forte sospetto, tuttavia, è che tali episodi rimangano prevalentemente nascosti, soprattutto all’interno delle comunità straniere. La vittima in tali casi è in uno stato di soggezione, dipendenza ed isolamento tale che molto difficilmente chiede aiuto all’esterno.

Nel 72,6% dei casi assistono anche i figli

Ad aggravare la situazione è spesso la presenza dei figli. Ne ha il 40% delle donne che vengono aiutate dai Centri antiviolenza. Tra queste il 72,6% afferma che alla violenza subita ha assistito anche la prole, e nel 21,4% dei casi i bambini o i ragazzi sono stati essi stessi vittime di abusi.

È per tale motivo che alcune si rivolgono ai Cav, per proteggere loro oltre che se stesse da un ambiente tossico. Non sempre, però, il percorso presso i Centri finisce in modo positivo, il 29% delle donne lo abbandona, magari per paura o per tornare nella famiglia da cui voleva inizialmente allontanarsi. A volte, nonostante la violenza, il legame di dipendenza, materiale o affettiva, dal proprio carnefice è purtroppo troppo forte.

La violenza sulle donne, le pene per i colpevoli

In Italia, la violenza contro le donne è punita dalla legge. La pena prevista dipende dal tipo di violenza commessa e può variare da pene detentive a pene pecuniarie. Per quanto riguarda la violenza fisica, la pena prevista è l’arresto fino a 5 anni o la multa fino a 516 euro. Se la violenza è grave, la pena può essere aumentata fino a 10 anni di reclusione.

Per quanto riguarda la violenza sessuale, la pena prevista è la reclusione da 6 a 20 anni. Se la violenza è particolarmente grave, la pena può essere aumentata fino a 30 anni di reclusione. Per quanto riguarda la violenza psicologica, la pena prevista è l’arresto fino a 3 anni o la multa fino a 309 euro. Se la violenza è grave, la pena può essere aumentata fino a 7 anni di reclusione. Se la violenza viene commessa all’interno di una relazione di coppia o in un contesto familiare, le pene previste possono essere aumentate.

I dati si riferiscono al: 2021
Fonte: Istat

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