Finestra sul mondo

La Spagna vuole tassare Google per finanziare le pensioni, Giustizia Usa sulle tracce del ‘numero due’ delle Farc colombiane, Macron in Australia

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore.

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Spagna, ministro Economia: tassa Google per finanziare le pensioni

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – Il governo spagnolo e’ costretto a effettuare aggiustamenti di bilancio per adeguarsi all’aumento delle pensioni e salvare la legislatura. Il ministro spagnolo dell’Economia, Roman Escolano, ha annunciato sabato scorso che l’esecutivo intende presentare al piu’ presto la proposta di una tassa sulle grandi aziende digitali in Spagna, la cosiddetta “Google tax”, che entrera’ quasi certamente in vigore quest’anno. Lo riferiscono i quotidiani spagnoli “El Pais” ed “El Mundo”, che precisano come l’aumento delle pensioni avra’ un costo di 3,3 miliardi tra il 2018 e il 2019. “La stragrande maggioranza dei partner e’ a favore di questa tassa”, ha dichiarato Roman durante la conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Unione europea (Ue) a Sofia. I 28 Paesi dell’Ue hanno discusso per la prima volta a livello ministeriale la proposta, che prevede una tassa del 3 per cento per determinati servizi digitali relativi ad aziende che fatturino piu’ di 750 milioni di euro nel mondo e piu’ di 50 milioni nell’Ue. Il governo spagnolo, tuttavia, prevede di introdurre questo tipo di tassa nel paese anche prima che ci sia un accordo a livello europeo, in linea con quanto altri paesi come Regno Unito, Italia, Francia e Germania hanno gia’ fatto.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Colombia, giustizia Usa sulle tracce del “numero due” delle Farc

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – Secondo quanto riferisce il quotidiano statunitense “The Wall Street Journal”, intelligence Usa e autorita’ colombiane starebbero portando avanti un’indagine nei confronti di Luciano Marin Arango, noto col nomignolo di “Ivan Marquez”, leader della Forza alternativa rivoluzionaria della comune, il partito nato dalle ceneri della guerriglia delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia). L’ex combattente – considerato il vice di “Timochenko”, il leader oggi con seri problemi di salute – sarebbe accusato di coordinare traffico di stupefacenti dalla Colombia agli states. Se confermato, sottolineano i media colombiani, si tratterebbe di una nuova prova da sforzo per il processo di pace nato dagli accordi siglati tra governo e Farc a fine 2016. L’intesa garantiva agli ex combattenti la possibilita’ di reinserirsi nella vita civile e politica del paese affidando a una giustizia speciale l’esame dei reati compiuti durante il conflitto armato. Ma Ivan Marquez, cosi’ come successo due settimane fa per l’altro ex guerrigliero “Jesus Santrich”, sarebbe accusato di un reato che nulla ha a che vedere con la lotta armata e che si sarebbe consumato comunque dopo la firma degli accordi di pace. Le due condizioni renderebbero possibile il ricorso alla giustizia ordinaria e, eventualmente, l’estradizione negli Stati Uniti, elemento di viva preoccupazione per le dure pene previste dal codice penale del paese nordamericano. Marquez sarebbe stato ritratto in un video impegnato in trattative per un accordo di vendita di stupefacenti con “un noto trafficante messicano”. A stringere il cerchio attorno all’ex combattente, oggi deputato alla Camera proprio grazie agli accordi di pace, ci sarebbe stato anche il suo nipote, Marlon Marin, arrestato assieme a Santrich e oggi probabilmente divenuto collaboratore con la giustizia statunitense. L’arresto di Marquez, “numero due” dell’organizzazione, significherebbe per le Farc la perdita di un altro elemento di peso dell’organizzazione e un novo motivo di polemica sulla portata delle garanzie offerte all’ex guerriglia dagli accordi di pace. Un argomento, quest’ultimo denunciato anche dall’Esercito di liberazione nazionale (Eln) altra formazione paramilitare oggi impegnata in un nuovo accordo di pace con il governo di Juan Manuel Santos.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Medio Oriente, segretario di Stato Pompeo duro contro l’accordo con l’Iran durante la sua visita in Arabia Saudita

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha lanciato una bordata contro l’Iran nella sua prima visita estera come capo della diplomazia statunitense, definendo Teheran “il piu’ grande promotore del terrorismo” a ribadendo la minaccia del presidente Donald Trump di ritiro dall’accordo sul nucleare se non verra’ modificato. E’ quanto riporta il quotidiano “Wall Street Journal”, precisando che domenica, durante una visita ufficiale a Riad, Pompeo ha dichiarato: “Siamo determinati ad assicurare che (l’Iran) non possieda mai un arsenale nucleare”. In conferenza stampa congiunta con il suo omologo saudita, Adel al Jubeir, Pompeo ha aggiunto: “L’attuale accordo con l’Iran non ci da’ questa garanzia”. Il segretario ha reso noto che gli Stati Uniti stanno lavorando con i loro alleati europei per “aggiustare” l’accordo. Tra i punti che Trump non approva, la disposizione che consente a Teheran di far ripartire il suo programma nucleari trascorsi dieci anni dalla firma dell’accordo, che risale al 2015. La Casa Bianca si e’ data tempo fino al 12 maggio per esplorare le possibilita’ di modificare l’accordo; superata quella scadenza, gli Usa potrebbero ripristinare le sanzioni nei confronti di Tehran.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Usa, sotto pressione il piano della Fed sui tassi di interesse

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – L’incontro di questa settimana delle autorita’ della Federal Reserve, (Fed, la Banca centrale statunitense) potrebbe confermare la stabilita’ dei tassi di interesse, ma segnali di maggiori pressioni sul fronte dei salari potrebbero determinare una decisione in merito all’entita’ e tempistica dei futuri rialzi. I dati che saranno divulgati il 30 aprile dovrebbero mostrare che l’inflazione e’ aumentata, avvicinandosi alla soglia del 2 per cento stabilita dalla Fed, anticipa il quotidiano “Wall Street Journal”. Nel settore del lavoro privato, i compensi e i salari dei lavoratori sono cresciuti del 2,9 per cento nell’anno terminato a marzo scorso, il maggior aumento da dieci anni secondo il dipartimento per il Lavoro. La Fed e’ vicina a raggiungere il suo obiettivo di promuovere un mercato del lavoro che sia il miglior possibile senza alimentare troppo l’inflazione. Il tasso di disoccupazione al 4,1 per cento sin dall’autunno 2017, e’ sotto il livello ritenuto sostenibile dalla Fed nel lungo termine, in contemporanea con il contenimento delle pressioni sui prezzi. Lunedi’, il dipartimento per il Commercio potrebbe annunciare un aumento dell’inflazione perche’ i dati non brillanti di marzo 2017 non rientreranno nella misurazione dei 12 mesi. Il recente aumento di costi dei servizi ospedalieri ha influito sul dato generale. Gli economisti ritengono che i cosiddetti prezzi “essenziali”, che escludono le categorie volatili di alimentazione ed energia, sono aumentati dell’1,9 per cento nell’anno terminato a marzo scorso, in rialzo dall’1,6 per cento del mese di febbraio.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Gran Bretagna, le dimissioni del ministro dell’Interno Amber Rudd scuotono il delicato equilibrio del gabinetto del premier Theresa May

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – Le dimissioni del ministro dell’Interno Amber Rudd annunciate ieri domenica 29 aprile minacciano di destabilizzare definitivamente il gia’ debole gabinetto del premier britannico Theresa May: lo sostiene il settimanale “The Economist”, ricordando che il suo governo si regge su un delicato ed instabile equilibrio tra i conservatori a favore della Brexit e quelli che nel referendum del 2016 si erano schierati perche’ la Gran Bretagna restasse nell’Unione Europea; Amber Rudd era il piu’ importante ministro esponente dei filo-Ue ed ora quell’equilibrio si e’ rotto e sara’ assai arduo ricomporlo. A forzare la mano al ministro dell’Interno costringendolo alle dimissioni, ricorda il settimanale, sono state due settimane di feroci polemiche sul trattamento inflitto dalla sua amministrazione alla cosiddetta “Windrush generation”: gli immigrati caraibici arrivati in Gran Bretagna tra il 1948 ed il 1971 ed i loro discendenti, a cui la recente politica tesa a creare un “ambiente ostile” per gli immigrati clandestini ha provocato innumerevoli disagi e sofferenze senza alcuna base legale. La vicenda ed il suo esito politico, scrive “The Economist”, costituiscono un doppio mal di testa per Theresa May: innanzitutto non sara’ facile trovare un sostituto di Amber Rudd, che piu’ volte si era apertamente espressa a favore del mantenimento della Gran Bretagna nell’unione doganale e nel mercato unico europeo. Verosimilmente la premier subira’ pressioni perche’ il nuovo ministro dell’Interno venga scelto tra quella stessa corrente di pensiero; ma non e’ neppure da escludere che ad averla vinta siano i “partigiani” della Brexit, soprattutto tenendo conto che il Partito conservatore non ha la maggioranza in Parlamento e che il suo governo si regge sui voti del Partito democratico dell’Ulster (Irlanda del Nord), decisamente anti-Ue. In secondo luogo il “caso Windrush” potrebbe reclamare un altro scalpo: proprio quello di Theresa May, che nel 2014 da ministro dell’Interno avvio’ quella famigerata politica di “ambiente ostile” per gli immigrati clandestini che ora e’ costato il posto ad Amber Rudd. Il Partito laborista non ha perso un minuto nell’addossare a lei la vera responsabilita’ dell’intera incresciosa vicenda: la May sperava di chiudere il caso con le dimissioni della ministra dell’Interno; il risultato invece potrebbe essere l’esatto opposto, secondo “The Economist”.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Grande distribuzione, la progettata fusione di Sainsbury’s e Asda suscita preoccupazioni in Gran Bretagna

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – L’annunciato progetto di fusione tra due delle principali catene di supermercati della Gran Bretagna, Sainsbury’s e Asda, sta suscitando preoccupazione nel paese: l’accordo, scrive oggi lunedi’ 30 aprile il quotidiano “The Times”, potrebbe risolversi in un pessimo affare per i dipendenti, per i consumatori e per i fornitori del gigante della grande distribuzione che emergerebbe da questo matrimonio. Nel fine settimana di Sainsbury’s e Asda hanno reso noto di aver finalizzato un progetto di fusione che porterebbe ad una nuova entita’ con un volume d’affari di 12 miliardi di sterline all’anno (circa 13 miliardi e mezzo di euro, ndr) ed a superare l’attuale leader del mercato britannico, Tesco; a convincere i consigli di amministrazione delle due compagnie, secondo l’opinione comune, sarebbe stata la necessita’ di contrastare la concorrenza delle catene di supermercati tedeschi Lidl e Adli, che sono sbarcati da poco in Gran Bretagna e che con loro prezzi stracciati stanno gia’ insidiando le posizioni degli operatori nazionali. Proprio questo obbiettivo pero’, secondo il “Times”, preoccupa i fornitori: la nuova entita’ frutto della fusione Sainsbury’s-Asda insieme a Tesco rappresenterebbe addirittura il 60 per cento dell’intero mercato britannico della distribuzione, dando ai giganti commerciali un enorme potere di pressione. Le piccole aziende dell’agroalimentare in particolare temono che la diminuzione della concorrenza negli sbocchi dei loro prodotti si traduca in una conseguente contrazione dei loro margini di guadagno. Simili sono le preoccupazioni che la fusione Sainsbury’s-Asda suscita tra le associazioni dei consumatori: la minore offerta che ne deriverebbe rischia di diminuire sia la varieta’ dei prodotti in vendita che la concorrenza sui prezzi da parte dei supermercati. A cio’ si aggiunge il rischio di veder scomparire migliaia di punti vendita, con gli ovvi disagi che cio’ comporterebbe: Asda attualmente ha 545 negozi in tutto il territorio britannico, mentre Sainbury’s dispone di 605 supermarket e di 809 negozi locali; e’ quindi ovvio pensare, scrive il “Times”, che una razionalizzazione delle loro due reti comporterebbe la chiusura di centinaia di punti vendita. Un tale esito infine, sottolinea il quotidiano, avrebbe conseguenze negative anche sull’occupazione: i sindacati del settore, Gmb e Usdaw, hanno chiesto un incontri urgente con i vertici dei due giganti commerciali, che attualmente insieme danno lavoro in Gran Bretagna a ben 355 mila persone (Sainbury’s ha 195 mila dipendenti e Asda ne ha 160 mila). I termini dell’accordo di fusione, ricorda il “Times”, saranno resi noti oggi alla City di Londra e poi la parola passera’ alla Competition and Markets Authority, l’autorita’ britannica per la concorrenza ed i mercati.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Francia, il viaggio del presidente Macron in Australia e Nuova Caledonia

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – Il presidente francese, Emmanuel Macron, comincia oggi un viaggio in Australia e in Nuova Caledonia. Lo riporta “Le Figaro”, ricordando che questo spostamento avviene in un momento di grandi tensioni sociali in Francia, provocate dalle riforme previste dal governo. L’entourage di Macron nega ogni volonta’ di distogliere l’attenzione dalle proteste. Parigi e Sidney vogliono rafforzare la loro cooperazione nel settore della Difesa dopo la firma avvenuta nel 2016 per la vendita di sottomarini francesi all’Australia. Nel corso della visita sono anche previsti annunci riguardanti agevolazioni a piccole e medie imprese francesi per installarsi sul territorio. “E’ la prima volta che un presidente della Repubblica (francese, ndr) si reca in Australia durante il primo anno del suo mandato” nota il quotidiano. La seconda tappa prevede un soggiorno in Nuova Caledonia, dove il prossimo 4 novembre si votera’ per il referendum di autodeterminazione. Un viaggio “sotto alta tensione” per Macron, che “e’ atteso con grande sospetto” dopo le dichiarazioni fatte durante la campagna presidenziale, durante la quale ha definito la colonizzazione un “crimine contro l’umanita’”.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Germania, la scommessa sulle rinnovabili e’ rischiosa

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – L’Agenzia tedesca delle reti ha annunciato venerdi’ scorso i risultati dei vincitori della seconda gara di appalto per lo sviluppo dei parchi eolici offshore senza sovvenzioni. L’annuncio e’ arrivato pochi giorni dopo la riunione degli operatori del settore tenutasi ad Amburgo. La rinuncia alla remunerazione garantita ai sensi della legge sulle energie rinnovabili (Eeg) del 2016 non e’ vista di buon occhio dall’amministratore delegato di “WindResearch”, Dirk Briese. La seconda gara ha visto presentati 6 progetti, 3 nel mare del Nord e 3 nel Baltico, con una capacita’ installata complessiva di 1.610 megawatt (Mw), che corrispondono alla produzione di due grandi centrali elettriche a carbone. La sovrattassa media e’ stata di 4,66 centesimi per kilowattora. L’offerta piu’ alta e’ stata di 9,83 centesimi, la piu’ bassa di zero centesimi. Tra le aziende che hanno partecipato figura la danese Orsted (ex Dong). “I risultati della gara mostrano quanto sia conveniente l’energia eolica offshore”, ha affermato Johann Saathoff, coordinatore della politica energetica del gruppo parlamentare dell’Spd. “Ora possiamo iniziare a implementare il contributo speciale per l’energia eolica offshore”, ha dichiarato. Tuttavia il ministro federale per l’Economia, il cristiano democratico Peter Altmaier (Cdu), non sembra avere fretta, e la prossima gara per l’eolico offshore e’ prevista nel settembre del 2021. Con il passaggio al sistema delle aste, scrive il quotidiano “Handelsblatt”, gli anni d’oro dell’industria eolica offshore in Germania sono probabilmente finiti. I progetti che selezionati dal governo tedesco saranno realizzati solo a meta’ del prossimo decennio. Fino ad allora molto deve esser fatto. “Alle attuali condizioni di mercato, i progetti non possono essere realizzati. Dietro le offerte a zero centesimi c’e’ il presupposto che i prezzi delle attivita’ calino, il contesto dei tassi di interesse rimanga favorevole e i prezzi dell’elettricita’ aumentino. Il rischio che i singoli progetti alla fine non siano realizzati, quindi, non puo’ essere sottovalutato”, ha detto al quotidiano “Handelsblatt” Klaus Meier, presidente del consiglio di sviluppo del parco eolico Wpd di Brema. I rischi dovrebbero essere ridotti al minimo in futuro: “Dovremmo ora discutere con i politici fino a che punto il modello delle aste debba essere adattato”, ha detto Gunnar Groebler, capo della divisione eolica del gruppo Vattenfall. Tuttavia secondo Norbert Schwieters, responsabile della dirigenza energetica presso la societa’ di consulenza PwC, il potenziale per un’ulteriore riduzione dei costi nella costruzione e nella gestione degli impianti c’e’ certamente. L’eliminazione delle centrali nucleari e a carbone, nonche’ un aumento del prezzo dei certificati di emissione, potrebbero contemporaneamente garantire un aumento del prezzo del mercato azionario. Di contro, un ritiro delle imprese ridurrebbe significativamente la capacita’ della Germania di espandere le proprie energie rinnovabili e raggiungere cosi’ i propri obiettivi climatici. Secondo PwC, una moderata remunerazione garantita potrebbe mitigare i rischi di mercato e quindi contribuire a uno sviluppo stabile e sostenibile del settore dell’energia eolica offshore in Germania, almeno per un certo periodo di tempo.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Ttip-Light”, Berlino sarebbe pronta a concessioni sul fronte delle tariffe

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – Stando al quotidiano “Welt am Sonntag”, il governo federale tedesco sarebbe pronto a concessioni per giungere a un accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione europea (Ue) (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti Ttip). L’obiettivo sarebbe quello di giungere a una versione “light” dell’accordo, che tante polemiche ha suscitato da entrambi i lati dell’Atlantico, anche per questioni di trasparenza. Concedere agi Stati Uniti di Donald Trump il ricorso a barriere tariffarie a protezione di alcune categorie di merci potrebbe spingere Washington a rivedere la propria opposizione all’accordo, ma al contempo susciterebbe il malcontento di alcuni partner europei come la Francia, contraria ad un Ttip in formato ridotto. La disputa ruota attualmente intorno alle tariffe Usa sulle importazioni di acciaio e alluminio. La Ue cerca un’esenzione permanente da questi provvedimenti e ne’ il presidente francese Macron, ne’ il cancelliere tedesco, la cristiano democratica Angela Merkel (Cdu), hanno ottenuto assicurazioni in proposito da parte del presidente Usa. Il commissario europeo per il Commercio, Cecilia Malmstrom, e’ in trattative con il segretario del Commercio Usa Wilbur Ross. Il presidente del Consiglio dell’Unione europea Donald Tusk ha recentemente invitato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a riprendere i colloqui sul Ttip, fermi da piu’ di un anno. All’interno della Ue i negoziatori sono stati accusati di mancanza di trasparenza. “Non si puo’ semplicemente scongelare l’accordo sul Ttip”, ha gia’ contestato il politologo dei Verdi Buetikofer, lamentando l’assenza di collegialita’ e democraticita’ del processo negoziale.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Ue, la collera della Francia verso i paesi contrari alla web tax

30 apr 11:07 – (Agenzia Nova) – Nel corso dell’Ecofin informale di Sofia sono emerse le posizioni sfavorevoli di alcuni paesi europei nei confronti del progetto di una Web Tax da applicare alle aziende che operano in rete. Una situazione che ha scatenato la collera della Francia, che considera questa misura come una sfida fondamentale per il suo progetto europeo. Secondo il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, in gioco c’e’ “l’indipendenza dell’Europa e la sua capacita’ di proteggere i suoi interessi”. Il titolare di Bercy ha mostrato una “collera fredda” e ha invitato i paesi a “prendere il loro destino in mano”. Tra gli stati contrari a questa misura c’e’ l’Irlanda, il Lussemburgo e Malta. Ultimamente anche Danimarca, Finlandia, Svezia e Regno Unito si sono mostrati reticenti. Il ministro delle Finanze lussemburghese, Pierre Gramegna, ha evocato il rischio di possibili rappresaglie statunitensi in un periodo segnato dal braccio di ferro tra Bruxelles e Washington sui dazi commerciali. Il quotidiano economico sottolinea l’atteggiamento evasivo mostrato dalla Germania. Il presidente francese, Emmanuel Macron, vuole arrivare alle elezioni europee con delle prove tangibili del suo impegno nell’Unione europea.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata