La polemica

La Rai verso la denuncia a Mediaset per gli attacchi di Striscia la Notizia

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La Rai decide di denunciare Mediaset per la campagna considerata denigratoria di “Striscia la Notizia”. Intanto, il Pd ribadisce l’esigenza di una fondazione per la tv pubblica.

La notizia non è stata ripresa da nessun quotidiano, fatta eccezione de “il Fatto Quotidiano” di oggi, ma non può sfuggire all’occhio di un mediologo attento: l’agenzia stampa Adnkronos (non smentita) ha scritto ieri che – secondo fonti interne della tv pubblica – la Rai starebbe preparando un’azione legale contro i numerosi servizi che “Striscia la Notizia” ha dedicato agli sprechi (reali o presunti che siano) di Viale Mazzini.

In effetti, il telegiornale satirico di Canale 5 (che ieri sera vantava oltre 4 milioni di spettatori ed uno share del 15 %) continua da settimane a martellare contro la Rai, con servizi affidati all’effervescente inviato Pinuccio, che si è inventato addirittura uno pseudo-canale, ovvero Rai Scoglio24, che sbeffeggia in modo insistente la televisione pubblica (cercando sul sito web della trasmissione “sprechi Rai”, risultano 44 video e 21 notizie…).

Un dispaccio di Adn di giovedì 11 (alle ore 12:53) titolava “Rai contro Mediaset, azienda prepara azione legale dopo i servizi ‘Striscia’ su sedi estere”. Secondo l’agenzia diretta da Gianmarco Chiocci (già firma di punta de “il Giornale” con inchieste scandalistiche a piena pagina), l’azione legale Rai sarebbe rivolta soprattutto nei confronti dei numerosi servizi di “Striscia” curati da Alessio Giannone (in arte “Pinuccio”), dedicati alle sedi estere del servizio pubblico. Servizi nei quali “Pinuccio” punta il dito contro “le spese pazze” delle sedi estere Rai, New York in particolare.

Usigrai: riprovevole il silenzio Rai di fronte alle accuse di “Striscia la Notizia”

In sostanza, questa, così come altre affermazione del Tg satirico, risultano – secondo Viale Mazzini – non corrispondenti al vero e per questa ragione la Rai, con i suoi uffici legali, sta predisponendo un’azione che è in linea anche con la richiesta degli stessi corrispondenti, che d’intesa con l’Usigrai, che hanno chiesto all’azienda di smetterla con un silenzio che considerano “riprovevole”.

A quanto risulta all’Adnkronos, infatti, ieri mattina è stata inviata una email dal fiduciario dei corrispondenti, Rino Pellino, in accordo con l’Usigrai, all’Amministratore Delegato della Rai Fabrizio Salini, nella quale i corrispondenti stessi chiedono alla tv pubblica di smentire le notizie destituite di fondamento e di tutelare l’immagine dei dipendenti, oltre che dell’azienda stessa. In caso contrario, procederebbero “da soli”: “se il silenzio dei vertici aziendali dovesse proseguire, i corrispondenti valuteranno ulteriori passi anche legali per ottenere il rispetto dei propri diritti”, si legge nella missiva. Un segnale in questo senso è già arrivato da uno dei corrispondenti da New York, Claudio Pagliara, che ieri su Twitter ha annunciato di aver dato mandato ai propri legali.

L’Ad Salini: “ingiuste ed inaccettabili accuse, diffamanti falsità”

Alle 20:11 di ieri sera, Adnkronos torna sulla questione, e riporta estratti di una lettera dell’Ad Salini indirizzata ai corrispondenti all’estero nella quale, dopo aver sottolineato l’importanza strategica e professionale del loro lavoro e dopo averli ringraziati per questo, ha posto l’accento, più in generale, sul fatto che quello svolto dai corrispondenti all’estero è “un servizio essenziale per la Rai”, che la rende “centrale nel settore dell’informazione”.

Salini avrebbe quindi espresso la vicinanza e la solidarietà dell’Azienda per le “ingiuste e inaccettabili accuse” che i corrispondenti stanno subendo. Ed ha comunicato loro che “nelle scorse settimane, all’esito di una doverosa istruttoria interna complessiva”, l’Azienda ha dato mandato ai suoi “legali di procedere in sede civile e penale nei confronti dei soggetti che contribuiscono a veicolare informazioni false e diffamatorie ai danni della Rai e dei suoi dipendenti”.

Salini ha segnalato ai corrispondenti di condividere la loro sottolineatura circa il fatto che “negli ultimi tempi, il programma ‘Striscia la notizia’ ha posto in essere un’ingiustificata strategia di denigrazione dell’Azienda, dei suoi vertici e dei suoi dipendenti, mediante la diffusione di notizie talora imprecise e, spesso, smaccatamente false e lesive della reputazione della Rai e dei suoi dipendenti, con il risultato, di proporla, agli occhi degli utenti, come soggetto che sperpera il denaro dei contribuenti e, nel caso specifico delle sedi estere, cercando addirittura di minare la credibilità di strutture e servizi fondamentali per la mission di Servizio Pubblico”.

La reazione

La misura è colma, verrebbe da dire, ovvero questo sostiene – alla buon’ora – Fabrizio Salini: “pur nel totale rispetto del prezioso e importante diritto di critica e di satira, non possiamo più consentire le continue violazioni perpetrate dai servizi di Striscia la notizia, essendo la verità dei fatti diffusi presupposto ineludibile di ogni forma di manifestazione del pensiero”.

In serata, la notizia dell’iniziativa Rai diviene quasi ufficiale: infatti, il fiduciario dei corrispondenti Rai all’estero, Rino Pellino, ha dichiarato – sempre all’Adn – che “ci rincuora che l’amministratore delegato abbia espresso solidarietà nei nostri confronti e abbia deciso di agire per porre fine alla diffusione di notizie imprecise o smaccatamente false e lesive della reputazione della Rai e dei suoi dipendenti. È evidente, infatti, che si attaccano i corrispondenti per attaccare la Rai”.

La notizia non ha registrato particolare eco sulla stampa quotidiana di oggi, se non per un articolo – come abbiamo segnalato – su “il Fatto Quotidiano”.

Perché così lunga attesa Rai, prima di reagire?!

Il quesito che sorge naturale: perché questa lunga attesa da parte dell’Ad?

Perché notizia (ufficiosa) di questa iniziativa viene data soltanto dopo che i corrispondenti esteri hanno prospettato (minacciato?!) di muoversi autonomamente e dopo che si è mossa anche l’Usigrai?!

Le critiche di “Striscia” sono state peraltro distribuite a gogò, e non son state rivolte soltanto ai corrispondenti esteri.

Ci siamo domandati, su queste colonne, forse tra i primi in Italia, a cosa fosse dovuta questa inerzia, anzi passività della Rai: d’accordo, il diritto di critica… d’accordo, la libertà di satira… ma quando una iniziativa diviene, da occasionale, continuativa, si ha a che fare con una vera e propria campagna.

Che si tratti di mera ipotesi di lavoro, o di precisa strategia, non è dato sapere, anche se Antonio Ricci, sdegnato per quella che ha ritenuto una nostra offensiva insinuazione, ci ha accusato addirittura di complottismo.

Nessuna reazione da Mediaset

Nessuna reazione, a venerdì pomeriggio, da parte di Mediaset.

Eppure, quando siamo stati noi a prospettare una ipotesi di “strategia”, Antonio Ricci il 14 gennaio ha scritto a “Key4biz”: “abbiamo letto la fantasiosa teoria complottista, sostenuta nell’articolo “Formalizzato il lancio di ‘Italy is Art’ (ItsArt). Mediaset in manovra su Rai?(12 gennaio 2021) secondo la quale dietro i servizi che ‘Striscia la notizia’ dedica alla Tv di Stato ci sarebbero oscure trame ordite dai vertici Mediaset e da Antonio Ricci. “Striscia” non ha ordito nessuna ‘simpatica’ campagna di delegittimazione del servizio pubblico, per il semplice motivo che sarebbe tempo sprecato. La Rai, infatti, si delegittima benissimo da sola, grazie all’insipienza di molti suoi dirigenti, agli sprechi, alle bizzarre scelte produttive, al sottobosco politico che la infesta. ‘Striscia’ si limita a raccontare tutto questo, documentandolo, a prova di smentite. Che infatti non arrivano mai! E il diversamente loquace Ad Fabrizio Salini alle nostre domande fa sistematicamente scena muta”. Non soddisfatto, Ricci è arrivato a sostenere che “affermare che ci sia una ‘regia occulta’ tra Cologno Monzese e Roma e che ‘Striscia la notizia’ si ‘muova’ contro qualcuno, prestandosi a strumentalizzazioni e giochi di palazzo, è non solo assurdo, ma offensivo per la storia del programma. Da oltre 30 anni siamo voce libera, indipendente e distante anni luce da qualsiasi forma di potere, figuriamoci se occulto” (vedi “Key4biz” del 14 gennaio 2021, “Striscia la notizia a Key4biz, precisazione in riferimento all’articolo ‘Formalizzato il lancio di ‘Italy is Art’ (ItsArt). Mediaset in manovra su Rai?’”).

Sarà interessante affrontare questo caso nelle aule di tribunale.

Altro martellamento

Nelle more, si continua ad osservare un altro martellamento, da parte del Segretario della Commissione Vigilanza Rai Michele Anzaldi (esponente di punta di Italia Viva) che, anche lui, a cadenza quotidiana – e certamente con maggiore accuratezza e prudenza rispetto all’impetuosa “Striscia” – manifesta vibranti esternazioni critiche nei confronti della tv pubblica.

Queste sortite di Anzaldi trovano sempre accoglienza nell’eterodosso blog “VigilanzaTv” curato dal giornalista Marco Zonetti, al punto tale che qualche osservatore ipotizza un asse diretto tra Anzaldi e Zonetti: interpellato in materia, Zonetti si limita a rimarcare che il suo blog segue con attenzione tutte le vicende Rai, e che Anzaldi è oggettivamente il parlamentare italiano che segue con maggiore intensità ed assoluta continuità le vicende del servizio radiotelevisivo pubblico italiano. È questa – piaccia o non piaccia – è una oggettiva verità.

Valeria Fedeli (Pd): “accelerare la riforma della governance, una Fondazione per la Rai”

Nell’edizione odierna del quotidiano “Domani”, emerge un segno di vitalità, in materia Rai, da parte del Partito Democratico: la senatrice Valeria Fedeli (già Ministro e Capo Gruppo del Pd in Vigilanza) ribadisce la proposta di una nuova “governance” della tv pubblica. L’articolo è intitolato “Per migliorare la qualità della Rai serve una fondazione”, ma in verità, si tratta di una lettera aperta al Direttore Stefano Feltri, con la quale la senatrice reagisce ad un articolo del mediologo ed ex Vice Direttore di Rai3 nonché già membro del Cda (dal 1998 al 2002) di Viale Mazzini Stefano Balassone (“La Rai pensi a produrre nuovi contenuti per non fallire”, su “Domani” di lunedì 8 febbraio): “non posso che condividere l’auspicio che la nuova stagione politica che si aprirà con la nascita del governo Draghi possa corrispondere anche all’avvio di quel processo di riforma e rinnovamento in grado di liberare la Rai dai condizionamenti che le impediscono di assolvere pienamente alla sua funzione di servizio pubblico e di guida, per il paese, attraverso quei cambiamenti che la pandemia ha reso più rapidi e pervasivi”. E quindi conferma che, “proprio a questo scopo nel novembre scorso il Partito Democratico ha depositato una proposta di legge sia al Senato, a mia prima firma, che alla Camera, a prima firma Andrea Orlando, per una riforma della governance”.

Due proposte

Le due proposte hanno come obiettivo mettere viale Mazzini in condizione di esercitare il suo ruolo di prima azienda industriale e culturale d’Italia, strategica rispetto alla sfida dell’innovazione digitale, sia sul piano delle infrastrutture (penso in particolare alla rete unica per internet) che dei linguaggi e dei contenuti.

La proposta depositata dal Pd in entrambi i rami del parlamento prevede di affidare la “governance” a una fondazione che garantisca “l’autonomia del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale dal potere politico ed economico”, verifichi “il valore pubblico della programmazione”, assicuri “la gestione efficiente della Rai-Radiotelevisione italiana Spa e di tutte le società controllate”.

Va comunque segnalato che, ad oggi, 12 febbraio 2021, il disegno di legge n. S.2011, “Disposizioni in materia di servizio pubblico radiotelevisivo”, di cui è prima firmataria giustappunto la senatrice Fedeli, agli atti dal 6 novembre 2020, risulta formalmente ancora “da assegnare” alle Commissioni parlamentari competenti.

Secondo Fedeli, “guardando anche alle migliori e più innovative esperienze europee, la sfida è quella di “restituire” alle cittadine e ai cittadini che pagano il canone una Rai che svolga davvero un servizio pubblico, forte e fiera della propria identità e mission”. La senatrice auspica “una Rai competitiva rispetto agli altri soggetti commerciali perché capace di differenziarsi da essi, di interpretare le nuove condizioni del presente e di stare da protagonista nello scenario futuro, recuperando autonomia, indipendenza, capacità e rapidità decisionale”.

Fedeli tocca anche uno specifico “punto dolens”, ovvero la sottoutilizzazione delle risorse femminili in Rai: “così la Rai può e deve tornare autorevole e valere, lo dico senza mezzi termini, quello che costa, ossia quasi 2 miliardi di euro l’anno di risorse pubbliche. Risorse che vanno investite da una parte per valorizzane finalmente competenze interne e femminili – anche e soprattutto nei ruoli apicali occupati da donne al momento solo per il 24 per cento – superare gap di carriera e di retribuzione”.

Utilizzare meglio le risorse interne e superare il “gender gap” della Rai

Sullo specifico argomento (il “gender gap”), merita essere ricordato che il 10 novembre 2020 l’Ansa aveva anticipato la notizia di una lettera, a firma dell’Ad Fabrizio Salini, che stava per essere inviata a tutte le strutture dell’azienda, affinché si arrivasse al più presto a un “riequilibrio di genere”.

La tematica è stata oggetto di alcune ricerche promosse dall’Ufficio Studi Rai, diretto da Andrea Montanari (già alla guida del Tg1). Il 17 dicembre, l’Ad ha annunciato, nel corso del Cda, l’istituzione di un Tavolo Tecnico Interdirezionale sul ‘Gender Gap’ in Azienda, alla luce di un dossier prodotto dall’Ufficio Studi.

Ufficio Studi Rai che – seppur ancora sottodimensionato a livello di budget e risorse – a metà gennaio di quest’anno ha reso di pubblico dominio una parte dei propri lavori interni, con l’edizione del tomo “Coesione Sociale. La sfida del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale”, pubblicato da Rai Libri (brand di proprietà della controllata Rai Com spa), una operazione scientifica di approfondimento tecnico ed al contempo di sensibilizzazione politica non soltanto infra-aziendale.

La “Coesione sociale”, possibile nuovo faro per una auspicabile nuova Rai

Notoriamente, il concetto di “coesione sociale”, intesa come strumento imprescindibile per l’inclusione di tutti i generi e le fasce della comunità nazionale nella fruizione del servizio pubblico, da utenti e da lavoratori, ha assunto, nell’Unione Europea, la valenza di ideale a cui tendere e attraverso cui orientare e valutare le scelte di “policy”.

Al fine di rispondere al meglio a questa indicazione, l’Ufficio Studi Rai ha condotto, con il supporto di alcuni partner esterni (Istat, Luiss, Commissione Europea), un inedito percorso di ricerca sul tema, attraverso una definizione del concetto di coesione sociale, dal singolo alla comunità; un’analisi delle diverse misure nazionali e internazionali in tema di coesione sociale, benessere e sostenibilità; un’analisi di come la coesione sociale sia perseguita all’interno del “Contratto di Servizio” Stato-Rai; una ricognizione delle normative dei Paesi europei ed extra-europei in tema di coesione sociale; un’indicazione di metodologia per monitorare il perseguimento della coesione sociale all’interno del “broadcasting” pubblico…

Argomenti strategici ed essenziali (basti ricordare che la “coesione sociale” è stata richiamata recentemente anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e parrebbe vada a costituire uno degli assi del programma del Governo affidato da Mario Draghi), sui quali torneremo presto anche su queste colonne.