Key4biz

La Rai si apre al ‘sociale’: creata una nuova Direzione ad hoc

La Rai si apre finalmente al “sociale”, ovvero alla società civile, al volontariato, al terzo settore, alle tante belle realtà del nostro sistema socio-culturale?!

Sarebbe veramente ora, perché, da anni, si teorizza un ruolo della Rai come promotore, stimolatrice, amplificatore di un sistema ricco di energia, creatività, impegno civile, che viene trascurato dalle istituzioni, dalla politica, dai media, fatte salve rare eccezioni. Per quanto riguarda i media, deve essere segnalato – in materia di “sociale” – anzitutto l’apprezzabile supplemento del martedì del maggiore quotidiano nazionale, ovvero “Buone Notizie”, diretto da Elisabetta Soglio per il “Corriere della Sera”, così come testate qualificate quali “Vita” (che è una rivista mensile, ma anche un portale web) e l’agenzia stampa “Redattore Sociale”.

Abbiamo denunciato, venerdì scorso, su queste colonne, il silenzio totale che ha avvolto la messa a disposizione, in una sezione minore del sito web della Rai (sezione “Trasparenza”), del “Bilancio Sociale 2019” della nostra radio-televisione pubblica: “Key4biz” può farsi vanto (un rattristato vanto) di essere stata l’unica testata ad aver segnalato la notizia, proponendo una prima sommaria analisi critica di questo documento (vedi “Key4biz” del 24 luglio 2020, “Rai pubblica il bilancio sociale, ma solo per pochi”). Incredibilmente, nessun altro ne ha scritto, né sembra sia stato colto da un qualsivoglia deputato o senatore della Commissione bicamerale di Vigilanza sulla Rai (presieduta da Alberto Barachini, Forza Italia) l’invito a promuovere un pubblico confronto sul “Bilancio Rai”: non lo fa la Rai, perché non potrebbe farlo la Vigilanza, magari in una occasione di dibattito che fuoriesca dalle ovattate stanze di Palazzo San Macuto?!

Rai: “un ruolo da protagonista” per una migliore “accessibilità”?! Chi si loda, s’imbroda

La Rai non ha degnato il “bilancio sociale” 2019 di una riga una di comunicato stampa, ma lunedì 27 (forse stimolata dal nostro intervento su “Key4biz”?!) ha diramato un comunicato stampa, non ripreso da nessuna testata, nel quale si vanta di aver offerto una maggiore “accessibilità” al servizio pubblico, come emerso da una riunione di un Comitato Mise-Rai ad hoc. Si legge nel comunicato: “quasi 17 mila ore di programmi sottotitolati, l’incremento del 30 % dell’offerta multimediale e sempre più trasmissioni in diretta e destinate ai bambini sottotitolate e tradotte nella lingua dei segni. Ma non solo, l’impegno Rai nella battaglia per l’accessibilità del Servizio Pubblico ai cittadini con disabilità iposensoriali conta anche 1.510 ore di film, fiction e programmi in prima serata audio-descritti, la creazione di un Tg-Lis e l’aumento dei telegiornali tradotti in lingua dei segni e con sottotitoli”. Viale Mazzini si vanta anche che, durante l’emergenza Covid, avrebbe svolto “un ruolo da protagonista” (testuale, sic), rendendo disponibili in Lis gli interventi del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, nonché le messe del Papa.

Francamente ci sembra un po’ poco, per quanto certamente apprezzabile e sicuramente nella giusta direzione. Si tratta di un’offerta inferiore rispetto alle aspettative (diritti?!) delle comunità di riferimento, e non granché competitiva se raffrontata alle migliori esperienza dei “public service broadcaster” di Paesi come il Regno Unito, la Francia, la Germania… Ma – come suol dirsi – chi si loda s’imbroda.

Nasce la nuova Direzione Rai per il Sociale

Altra notizia afferente alla incerta (in Rai) dimensione del “sociale” è emersa a seguito della riunione del Consiglio di Amministrazione che si è tenuto mercoledì 29 luglio: non è stato diramato un comunicato ufficiale da Viale Mazzini, ma le agenzie, nella serata di mercoledì (prima laPresse e poi Agi e più in dettaglio Adnkronos), hanno battuto: “Nasce la nuova direzione Rai per il sociale”. La struttura si occuperà di promuovere l’“inclusione” e la “coesione sociale”, valorizzando l’impegno del servizio pubblico, con tutte le attività Rai a favore delle fasce più deboli e dell’ambiente. Direttore “in pectore” Giovanni Parapini, attualmente “Senior Advisor” dell’Amministratore Delegato Fabrizio Salini per il Terzo Settore, la Coesione Sociale e la Responsabilità Sociale.

Come dire?! Quella che purtroppo sembrava essere destinata a restare l’ennesima “scatola vuota” di Viale Mazzini verrebbe finalmente elevata a “Direzione”. Se lo scopo della nuova Direzione è quello di promuovere e far conoscere tutte le attività di Viale Mazzini nel sociale, osservando che fino ad oggi analoga “mission” è stata coordinata dall’ex direttore della Direzione Comunicazione, Relazioni Esterne, Istituzionali e Internazionali Giovanni Parapini, si prospetta che egli assuma la responsabilità “de facto” della nuova struttura, senza necessità di una specifica nomina, ma tra “i misteri” del Settimo Piano può accadere di tutto.

Giovanni Parapini è infatti il Coordinatore di un “Tavolo sul Sociale” fortemente voluto da Salini, iniziativa di cui peraltro non si ha alcuna pubblica notizia, se non quel che si legge giustappunto nel “Bilancio Sociale 2019”: “sempre in tema di emergenza Coronavirus è stato definito un punto di raccordo aziendale con la nomina di un coordinatore per il contrasto alle fake news, ed è stato attivato uno specifico tavolo tecnico di coordinamento per l’armonizzazione delle attività aziendali nel campo del sociale” (ivi, pag. 113). Di più, non è dato sapere, così come del Coordinatore per il Contrasto alle Fake News… Si ebbe notizia che questo “coordinamento” sia stato affidato ad Antonio Di Bella, ma cosa abbia prodotto è rimasto chiuso – ahinoi – nelle stanze e cassetti aziendali. Peraltro, il Consiglio di Amministrazione di mercoledì 29 ha deciso – all’unanimità, su proposta dell’Ad Salini – che Di Bella lasciasse la Direzione di RaiNews, sostituito da Andrea Vianello, attuale Direttore di Rai3. Di Bella tornerà a ricoprire il ruolo di corrispondente dagli Stati Uniti dove seguirà le prossime elezioni presidenziali anche in tandem con Lucia Annunziata.

Ci si domanda se il “Bilancio Sociale” rientrerà tra le attività di questa nuova Direzione per il Sociale? In un’azienda normale, sarebbe del tutto naturale, ma Rai non è una azienda normale, e quindi… chissà!

Non soltanto “Responsabilità Sociale”, ma anche “Inclusione Digitale”…

Alcuni osservano che la nuova Direzione include sia le attività di “Responsabilità Sociale” sia quelle afferenti alla “Inclusione Digitale”: quindi dovrebbe interessarsi non soltanto di coesione sociale, di terzo settore, diritti umani, ambiente (tutte tematiche che sono oggetto – si noti bene – del succitato clandestino “Bilancio Sociale”), ma anche di “cultura digitale”. E qui un sussulto ci prende, superando la lieve sonnolenza che ci ha provocato quel che è finora emerso (in effetti da anni, ogni tanto Rai preme, a parole, sull’acceleratore del “sociale”, ma più per obbligo formale – vedi l’evanescente “contratto di servizio” – che per intimo convincimento spirituale ed etico): Viale Mazzini finalmente promotrice di una “cultura digitale”??? Ottimo, sarebbe ora, dopo anni ed anni di assenza su questo scenario: sia consentito osservare che non può essere la tanto decantata operazione “Viva RaiPlay!” a poter essere considerata il vettore di una significativa funzione Rai nello sviluppo di una cultura digitale del nostro Paese…

Una delle prime iniziative della nuova Direzione per il Sociale dovrebbe essere una “mappatura” delle attività esistenti, anche perché spesso Rai non ha piena coscienza delle proprie iniziative, frammentate tra diversi centri decisionali (emerge anche da una lettura critica giustappunto del “Bilancio Sociale”). Compito della Direzione sarà anche quello di elaborare proposte relative a contenuti, programmi, campagne, sensibilizzazioni, “call to action” che verranno messi a disposizione di reti, testate e direzioni della Corporate.

Si tratta di un’area – questa del “sociale” – che nei “public service broadcaster” esteri fa capo alla “Corporate Social Responsibility”, ma qui si torna alla questione già sollevata: esiste realmente una volontà della Rai di assegnare a questa nuova Direzione un ruolo realmente trainante, o si tratta di un’ennesima “foglia di fico”?!

Evitare il rischio delle nozze coi fichi secchi…Ufficio Studi sottodimensionato

Si teme il rischio di riprodurre la deriva che sembra purtroppo aver registrato quell’Ufficio Studi, istituito nel 2019 ed affidato a fine maggio 2019 ad un dirigente qualificato qual è Andrea Montanari (uomo di cultura umanistica alta, oltre che già Direttore del Tg1 della Rai): a quanto è dato sapere, all’Ufficio Studi – alle dipendenze dirette dell’Amministratore Delegato – è stato assegnato uno staff ridotto all’osso, ovvero meno di una decina di persone, ed un budget assolutamente inferiore a quelle che dovrebbero essere le funzioni e le potenzialità di una simile Direzione.

Perché?! Perché il “budget pesante”, in materia di ricerche e studi e consulenze, è in Rai in mano alla Direzione Marketing (diretta da Roberto Nepote), e peraltro le due strutture (Marketing / Ufficio Studi) interagiscono in modo assai limitato. Istituire un Ufficio Studi, senza dotarlo delle risorse adeguate, sembra veramente una logica da “nozze coi fichi secchi”: d’accordo, siamo in “tempi di vacche magre”, ma è quasi un controsenso.  

Tante volte abbiamo sostenuto – anche su queste colonne – che Rai dovrebbe piuttosto dotarsi di una potente Direzione Strategie, Studi e Marketing, che accorpi ed integri le attività delle due attuali direzioni, anche al fine di non subordinare l’attività di ricerca all’attività di marketing. Riteniamo che questa direzione dovrebbe rispondere al Consiglio di Amministrazione, oltre che – ovviamente – all’Amministratore Delegato: dovrebbe essere il vero “think tank” del Gruppo. Rai non è un “broadcaster” commerciale, e quindi le attività di ricerca strategica, di scenaristica, di analisi predittive non dovrebbero essere concentrate sul marketing e – come dire?! – su business di breve periodo e di prodotto (ed invece, da molti anni, purtroppo, è così).

Mediaset batte Rai, con il progetto editoriale “Link – Idee per la Tv”

Basti ricordare che è stata smantellata l’attività editoriale della Rai in materia di ricerche e studi, come la storica collana “Verifica Qualitativa Programmi Trasmessi” (Vqpt) poi divenuta “Zone”. Eppure la comunità scientifica (e non soltanto) serba bella memoria della storica collana editoriale della Rai “Vqpt”, nata nel 1984, e della sua evoluzione, nel 2005, in “Zone – Collana di studi e ricerche sui media” (Rai Eri).

Negli anni Novanta, la responsabilità della collana passò dalla Segreteria del Consiglio di Amministrazione (e lì – secondo noi – era ben allocata) alla Direzione Analisi, Studi e Ricerche di Mercato. 

Nel 1999, la collana confluì all’interno della struttura “Studi e ricerche di mercato” della Direzione Marketing Strategico, Offerta e Palinsesti. Dopo altri passaggi, nel 2004 fu inclusa nell’Ufficio Studi della Direzione Marketing (e qui inizia la deriva e poi la morte dell’Ufficio Studi, “rinato” soltanto nel 2019: vedi “Key4biz” del 3 agosto 2016, “Dossier Rai: l’unica Tv pubblica europea senza ufficio studi”). Nel corso degli anni, la collana (che ha pubblicato ben 200 tomi, tra il 1978 ed il 2005 (ed alla cui direzione si sono avvicendati Loredana Cornero, Bruno Somalvico, Giovanna Gatteschi) allargò il suo raggio d’orizzonte: furono pubblicate monografie sui generi televisivi, sulle strategie di coinvolgimento dello spettatore, sulla rappresentazione della quotidianità da parte della televisione, sui nuovi formati. Nulla di tutto ciò ormai da un decennio: nel 2010, Viale Mazzini ha cancellato questa linea libraria – preziosa per le università e per tutti gli operatori del settore – per ragioni che restano incomprensibili…

Si osserva che, da anni, non viene più promosso un convegno o un seminario, un’occasione di auto-analisi di pubblico dominio, che metta in discussione il ruolo stesso della Rai nella socio-economia nazionale.

Paradossalmente è il principale “concorrente” ovvero Mediaset ad aver dedicato attenzione (e budget) ad un raffinato laboratorio di analisi critica del medium televisivo, con la bella rivista ovvero con il progetto editoriale “Link – Idee per la Tv”, creato dall’ex Direttore Marketing Marco Paolini (attualmente Direttore Generale Distribuzione Palinsesti), curato dalla Direzione Marketing affidata a Federico Di Chio (dirigente televisivo di lungo corso, ma anche qualificato studioso e saggista mediologico; è Senior Vice President Corporate Strategy and Marketing del Gruppo Mediaset). E che una simile iniziativa sia allocata, a Cologno Monzese, “presso” la Direzione Marketing ha ovviamente senso, trattandosi di un gruppo televisivo commerciale, ma si osservi che Di Chio dirige sia l’area “Corporate Strategy” che l’area “Marketing” del Gruppo. Giustappunto.

Istanze nobili e meno nobili?! Va superato il deficit identitario della Rai, accentuandone la funzione sociale

Alcuni addirittura malignano che decisioni come questa – la creazione di novelle Direzioni – siano dettate da istanze nobili e meno nobili: tra quelle nobili, la volontà di sviluppare un ruolo attivo della Rai in aree culturalmente e politicamente sensibili (ed oggettivamente importanti per la socio-economia del Paese); tra quelle meno nobili, l’esigenza di assegnare una “struttura” a dirigenti apicali che altrimenti vagano per l’azienda con inquadramento manageriale ben pagato (spesso veleggiano sulla “soglia” dei 240mila euro di compenso annuo), ma senza giustappunto una sottostante macchina operativa (staff e risorse economiche), correndo Rai il rischio di eventuali rilievi finanche da parte della Corte dei Conti (sempre latente l’eventualità di un richiamo per danno erariale). Queste dinamiche sono al limite dell’incredibile, ma purtroppo fanno parte di una patologia storica di Viale Mazzini, la quale, nella sua deriva conservativa, ri-produce errori e deficit che, confermati inerzialmente, sembrano poter divenire “fisiologici”. Ma tali non sono.

Ci si augura veramente che questa nuova Direzione riporti “ad unità” le tante frammentazioni di competenze, ovvero quell’abituale policentrismo aziendale che produce dispersione di energie, di risorse, di attività.

Non soltanto le fasce “più deboli” della popolazione meritano maggiore e migliore attenzione da parte della Rai, ma gli italiani tutti.

In un’intervista del 18 aprile 2020 al quotidiano della Cei “Avvenire”, Andrea Montanari ha sostenuto: “il futuro per la Rai deve avere fondamenta ben piantate nella tradizione dei migliori Servizi pubblici europei, focalizzati in primo luogo sulla creazione di coesione sociale”. Tesi condivisibile in toto, ma ne è realmente convinto l’Amministratore Delegato Fabrizio Salini, che pure ha assegnato ad Andrea Montanari la Direzione Ufficio Studi ed a Giovanni Parapini la Direzione per il Sociale?!

In verità, una forte connotazione sul sociale può essere l’unica salvezza strategica dell’ircocervo Rai, finalmente con la definizione chiara di un profilo identitario di autentico “servizio pubblico”.

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