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La NATO accelera il programma DIANA con AI, quantistica, automazione, Spazio e 6G

La NATO punta alla competizione tecnologica avanzata “dual-use”

Le tecnologie dual use, ovvero quelle applicabili sia a scopi civili che militari, stanno emergendo come un nuovo paradigma, con una crescente attenzione alle loro implicazioni per la sicurezza e la geopolitica. Questo cambiamento sottolinea l’importanza di una gestione responsabile delle tecnologie e di una maggiore consapevolezza dei rischi associati alle loro applicazioni.

Per questo, il programma della NATO chiamato “Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic” (DIANA) ha lanciato dieci nuove call volte a individuare la prossima generazione di tecnologie a duplice uso per proteggere nel migliore dei modi il miliardo di cittadini che ricadono sotto lo scudo difensivo dell’Alleanza occidentale.

Gli innovatori potranno partecipare ed inviare proposte fino al prossimo 11 luglio.

Ma di quali tecnologie parliamo? Ovviamente si tratta di soluzioni tecnologiche avanzate che rispecchiano le esigenze e le priorità della NATO, che da un lato devono avere una spiccata potenzialità militare e difensiva, dall’altro anche evidenti potenzialità commerciali, di mercato a 360 gradi.

Leggendo l’invito a presentare proposte, si trovano diverse sezioni a cui gli innovatori potranno candidare i progetti dall’energia alle tecnologie di comunicazione avanzata (quindi reti terrestri e satellitari), biotecnologie e infrastrutture critiche, logistica e ambienti sottomarini, sistemi di pilotaggio autonomi e automazione robotica in generale, solo per citarne alcune.

Che cos’è DIANA?

In un’epoca segnata dal ritorno della guerra convenzionale in Europa, dalle tensioni indo-pacifiche e dalla competizione tecnologica globale, la NATO ha deciso di rilanciare la propria proiezione strategica attraverso un’iniziativa senza precedenti: DIANA.

Dietro un acronimo quasi mitologico, si cela una vera e propria rivoluzione nei rapporti tra ricerca scientifica, industria dell’innovazione e difesa collettiva.

Tecnologie dual-use per un mondo ibrido: AI, robotica, quantistica e nuove reti (dal 6G ai satelliti)

DIANA nasce per un obiettivo chiaro: “intercettare, finanziare e accelerare lo sviluppo di tecnologie dirompenti (“emerging and disruptive technologies”) con applicazioni civili e militari, rafforzando la superiorità tecnologica dell’Alleanza Atlantica”, in un contesto dove il confine tra minaccia convenzionale e cyber, tra intelligenza artificiale e conflitto ibrido, è sempre più labile.

Non è un caso che le aree tecnologiche di interesse di DIANA siano anche quelle al centro della nuova corsa globale all’innovazione:

Dietro ogni parola chiave, scenari che sembrano usciti dalla speculative fiction ma che sono già reali in laboratorio — e sempre più prossimi all’impiego operativo.

Un’infrastruttura transatlantica dell’innovazione e le “industry challenges”

Lanciata nel 2023 con i primi progetti pilota, DIANA è oggi una rete in piena espansione, con hub e sedi regionali in Regno Unito, Estonia e presto in Canada, e una costellazione di oltre 20 acceleratori e 180 centri di test tra Europa e Nord America.

Non semplici incubatori, ma laboratori ad alta tecnologia ospitati da università e centri di ricerca strategici, dove le start-up possono testare e validare le proprie soluzioni in ambienti realistici e supervisionati da esperti della difesa.

Al cuore del modello DIANA c’è un meccanismo competitivo: le “industry challenges” (le prime tre sono state avviate proprio nel 2023). Ogni sfida è costruita su un problema concreto di sicurezza e chiede agli innovatori di proporre soluzioni tecnologiche dual-use.

Le imprese selezionate ricevono finanziamenti non diluitivi, accesso a testbed, mentorship e – aspetto cruciale – la possibilità di entrare in contatto con utilizzatori militari e decisori pubblici della NATO.

Un ponte tra start-up e riarmo europeo

Nel contesto del crescente riarmo europeo – accelerato dalla guerra in Ucraina e dalla necessità di ridurre la dipendenza industriale dagli Stati Uniti – DIANA si propone come un ponte tra l’innovazione tecnologica e le esigenze militari degli Alleati.

Non solo, grazie al NATO Innovation Fund, un fondo VC da 1 miliardo di euro lanciato al vertice NATO di Madrid 2022 e sostenuto da 24 Paesi, le start-up accelerate da DIANA possono ottenere anche capitali privati per crescere e scalare il mercato.

Questo fondo rappresenta una svolta sistemica: è il primo fondo di venture capital multi-sovrano della storia e sancisce il passaggio da una NATO centrata sulla deterrenza militare a una NATO come piattaforma di innovazione tecnologica condivisa.

La tecnologia come nuova arena geopolitica

In un mondo dove la supremazia militare passa sempre più dal silicio che dalle divisioni corazzate, iniziative come DIANA riscrivono il modo in cui l’Occidente affronta la concorrenza tecnologica globale.

La sfida con la Cina per il dominio del 5G e dell’AI, la resilienza cyber contro attacchi russi, l’autonomia strategica europea, tutto converge al cuore della missione di DIANA.

Il suo successo non sarà solo misurabile in brevetti o prototipi, ma nella capacità di costruire una cultura della sicurezza che integri scienza, industria e strategia e che allo stesso tempo sappia garantire e rendere possibile maggiore trasparenza e dialogo tra attori civili, militari e scientifici.

I rischi e le sfide del “dual-use”

Ovviamente, dal punto di vista etico, i problemi sono innumerevoli. Certamente, almeno in questa parte di mondo, parlare di soluzioni militari non è mai una questione di poco conto (in Europa si sono combattute due Guerre mondiali, le più distruttive e sanguinose che la Storia ricordi). Soprattutto, in termini di “dual-use”, la separazione tra “scienza buona” e “uso malevolo” diventa sempre più sottile.

Uno dei pericoli più evidenti è che tecnologie nate in ambito commerciale o accademico – come intelligenza artificiale, biotecnologie, droni o comunicazioni quantistiche – vengano riconvertite per scopi offensivi o coercitivi da parte di attori statali o non statali (quindi terroristi, milizie, gruppi criminali che possono ottenere componenti o software ad alto potenziale distruttivo.

Molte tecnologie dual-use sono sviluppate in ecosistemi privati globalizzati. Questo crea un paradosso strategico: gli Stati e le forze armate possono dipendere da tecnologie critiche fornite da aziende straniere (es. semiconduttori, cloud, software AI). La cybersicurezza delle supply chain dual-use, in aggiunta, è spesso carente.

Tutto questo genera vulnerabilità sistemiche, che un avversario può sfruttare in tempo di crisi, ma anche occasione per sabotaggio o azioni di guerra ibrida.

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