Finestra sul mondo

La May attacca l’Ue sulla Brexit, La Spagna vuole ridurre l’immigrazione irregolare, Presidenziali Usa 2020

di Agenzia Nova |
Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Regno Unito, premier May ricompatta conservatori e attacca l’Ue sulla Brexit

Il primo ministro britannico, Theresa May, sembra avanzare verso lo scontro frontale con la Commissione europea. In questo modo, la stampa britannica commenta le votazioni svoltesi nella serata di ieri, 29 gennaio, alla Camera dei comuni. Appena due settimane dopo la clamorosa sconfitta patita in parlamento sull’accordo per la Brexit concluso il 25 novembre scorso con il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ieri sera May è “risorta”: La maggioranza dei deputati (317 su 301) ha, infatti, approvato il “piano B” per la Brexit elaborato dal capo del governo britannico. In questo modo, May è risucita a riassorbire la ribellione dell’ala più anti-Ue del suo Partito conservatore, i cosiddetti “Brexiters”. Tuttavia, il prezzo pagato rischia di essere molto alto per il Regno Unito. Il “piano B” consiste, infatti, unicamente nella convinzione di Theresa May di poter tornare a Bruxelles e di strappare all’Ue non soltanto la disponibilità a negoziare modifiche all’accordo del 25 novembre, ma addirittura a rinunciare alla cosiddetta “back-stop”. Si tratta dell’assicurazione che anche dopo la Brexit in nessun caso torneranno i controlli di frontiera al confine terrestre tra l’Irlanda del Nord britannica e la Repubblica d’Irlanda, paese membro dell’Ue. Tuttavia, dall’Ue è già arrivata una salva unanime di “No”. Un “No” ufficiale alla riapertura del negoziato è stato scandito dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Un “No” ancora più netto è stato espresso dal primo ministro della Repubblica d’Irlanda, Theo Varadkar, alla richiesta britannica di rinunciare alle assicurazioni sul futuro della frontiera inter-irlandese. Da un lato, May ha riunificato i Conservatori, ma il parlamento e il Regno Unito restano profondamente divisi sulla Brexit. Dall’altro lato, l’Ue è più unita che mai nel respingere la proposte di May. ©

Germania, la “sfiducia reciproca” tra il ministro della Difesa von der Leyen e la Bundeswehr

Tra il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen, e la Bundeswehr, le Forze armate della Germania, si è sviluppato una “sfiducia reciproca” che sta raggiungendo “livelli allarmanti”. È quanto sostiene il quotidiano tedesco “Sueddeutsche Zeitung”, secondo cui all’origine della crisi tra von der Leyen e i militari vi sono gli scandali che stanno travolgendo il ministero della Difesa tedesco. Da un lato, vi sono i sospetti di corruzione legati ai lavori di manutenzione della Gorch Fock, la nave scuola della marina tedesca. La Gorch Fock è da anni alla fonda nei cantieri di Bremerhaven e il costo del suo risanamento è lievitato dai 10 milioni di euro originariamente previsti a 135 milioni di euro. Dall’altro lato, vi è poi lo scandalo dei presunti abusi nelle consulenze esterne al ministero della Difesa tedesco, che sarebbero costate ai contribuenti 93 milioni di euro. La questione è all’esame di una commissione parlamentare d’inchiesta, che sta indagando sulla stessa von der Leyen. Sono proprio le consulenze esterne al ministero della Difesa ad aver creato un clima di sfiducia reciproca e gli ufficiali superiori della Bundeswher, refrattari alle innovazioni apportate da von der Leyen al suo dicastero e alle Forze armate tedesche, evidenzia la “Sueddeutsche Zeitung”.

Germania, rapporto annuale sulla Bundeswehr mette in luce problematiche delle Forze armate

La Bundeswehr, le Forze armate tedesche, sono un “mostro di burocrazia”, con “equipaggiamenti carenti, mancano di personale e “gli arruolamenti non sono mai stati così scarsi come ora”. Inoltre, “non è escludibile” che nella Bundeswehr militino estremisti di destra, mentre sono documentati casi di sessismo e razzismo. È quanto affermato dal deputato socialdemocratico Hans-Peter Bartels, commissario del Bundestag per la Difesa, quando ieri, 29 gennaio, ha presentato il suo rapporto annuale sulla Bundeswehr. Secondo quanto riferito dal quotidiano tedesco “Die Welt”, il documento, dal titolo “La cultura della responsabilità ai tempi dell’iperorganizzazione”, mette in luce le criticità delle Forze armate della Germania, come “i 21.500 effettivi mancanti o le evidenti carenze nell’equipaggiamento”. Secondo Bartels, la situazione della Bundeswehr è, dunque, “ancora insufficiente”.

Francia, i limiti del grande dibattito nazionale in un paese diviso

Il grande dibattito nazionale avviato in Francia il 15 gennaio scorso per risolvere la crisi dei gilet gialli ha il merito di far parlare i francesi tra di loro, anche se questa iniziativa potrebbe non bastare, date le fratture che attraversano il paese. È quanto afferma il quotidiano francese “Le Monde”, commentando i risultati di uno studio condotto dall’istituto demoscopico Ifop. La distanza tra le classi medie che hanno aderito al movimento dei gilet gialli e i ceti sociali superiori che rimangono lontani dalla protesta sembra essere incolmabile. Tuttavia, le divisioni riguardano anche la classe media stessa, che ha opinioni differenti a seconda del livello di istruzione. Più il titolo di studio ottenuto è basso, più l’adesione al movimento dei gilet gialli è forte. Ora, la scommessa in Francia consiste nel passare dal confronto al compromesso. Secondo un sondaggio Ipsos, solamente il 21 per cento dei francesi pensa che il dibattito nazionale permetterà di calmare le tensioni. Per “Le Monde”, questa situazione è il sintomo di una profonda crisi istituzionale che può essere risolta solamente ridando ai cittadini i mezzi per tornare a essere protagonisti della Quinta Repubblica. Questo bisogno si traduce con la rivendicazione sul referendum di iniziativa cittadina avanzata dai gilet gialli. Tuttavia, la situazione è resa ancora più complicata dalla sfiducia che i cittadini hanno nei confronti dei politici.

Francia, i Repubblicani puntano su un trio di candidati alle prossime elezioni europee

In vista delle prossime elezioni europee, il presidente dei Repubblicani, Laurent Wauquiez punta su un trio di candidati composto da François-Xavier Bellamy, Agnès Evren e Arnaud Danjean. Una strategia, spiega il quotidiano francese “Les Echos”, volta a riunire le differenti sensibilità della destra neo-gollista francese. A guidare la lista sarà Bellamy, saggista poco conosciuto dal grande pubblico con un profilo fortemente conservatore che non raccoglie l‘unanimità dei consensi all’interno del partito. Per equilibrare la lista, Wauquiez ha deciso di inserirvi Evren, vicepresidente della regione dell’Ile-de-France, e Danjean, eurodeputato uscente. Gli ultimi sondaggi danno i Repubblicani tra il 10 e il 12,5 per cento delle intenzioni di voto. “È un’elezione che ci può squalificare”, ha affermato un membro dei Repubblicani rimasto anonimo, anche se altri vedono nella lista un “progresso” rispetto al passato del partito. La “pressione” all’interno dei Repubblicani resta alta per i prossimi candidati che verranno nominati. In un’intervista rilasciata a inizio gennaio al settimanale francese “Le Journal de Dimanche”, Wauquiez ha affermato che non lascerà la guida del partito nel caso venga sconfitto alle prossime elezioni europee.

Spagna-Venezuela, Sanchez definisce Maduro un “tiranno” e incoraggia l’opposizione

La crisi venezuelana sta monopolizzando, fin dal primo minuto, il viaggio ufficiale che il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, ha intrapreso in America Latina. Lo scrive il quotidiano “El Pais”, spiegando che il leader socialista ha incontrato ieri, 29 gennaio, l’opposizione venezuelana appena messo piede a Santo Domingo, prima tappa della sua visita di Stato. Intervenendo al congresso dell’Internazionale socialista, chiuso nella capitale dominicana, Sanchez non ha esitato a definire Nicolas Maduro come un “tiranno” e a incoraggiare apertamente l’opposizione guidata dall’autoproclamato presidente, Juan Guaidò. “Noi siamo socialisti perché difendiamo la libertà. Chi risponde con proiettili e arresti al desiderio di libertà e democrazia non è un socialista, è un tiranno. I venezuelani devono sentire il respiro dell’Internazionale socialista”, ha dichiarato il premier spagnolo. “Siamo molto grati. Il premier Sanchez è emotivamente e spiritualmente impegnato con la lotta del Venezuela. Ci ha detto che c’è un vuoto di potere che deve riempire l’Assemblea nazionale. Ci ha assicurato di riconoscere Guaidó come il leader della transizione perché è il presidente legittimo dell’Assemblea nazionale che guiderà il processo elettorale”, ha dichiarato Carlos Valero, deputato di “Un Tiempo Nuevo”. Domani Sanchez si recherà in Messico, l’unico grande paese latinoamericano che non ha riconosciuto Guaidó e non intende farlo. Difficilmente il leader socialista e il capo di Stato messicano Andres Manuel Lopez Obrador riusciranno a raggiungere un accordo sulla questione, ma entrambi cercheranno di avvicinare le reciproche posizioni.

Spagna, il governo elabora un piano per ridurre la migrazione irregolare del 50 per cento

La Spagna si è prefissata per quest’anno un obiettivo molto ambizioso nell’ambito della lotta contro la migrazione irregolare. Lo scrive il quotidiano “El Pais”, spiegando che il governo mira a ridurre del 50 per cento il numero di arrivi che, nel 2018, ha raggiunto la cifra record di 64.298 persone. A tal fine, l’esecutivo ha delineato un piano che prevede tre punti essenziali: evitare il pattugliamento attivo della Guardia costiera a largo delle coste meridionali; impedire la partenza delle navi delle organizzazione non governative che si dedicano al soccorso di migranti in difficoltà nel Mediterraneo; rafforzare il pressing sull’Italia affinché apra i porti alle imbarcazioni vicine al suo territorio. La migrazione è diventata una delle priorità del governo di Pedro Sanchez, dopo le cifre record dello scorso anno che hanno reso la Spagna la principale porta di accesso all’Europa per i disperati che attraversano il Mediterraneo. Secondo fonti interne, i ministeri più colpiti dal fenomeno hanno quindi elaborato un piano operativo che ha l’obiettivo di ridurre i flussi del 50 per cento. I dettagli sarebbero stati discussi in una recente riunione della commissione delegata alle questioni migratorie, guidata dalla vicepremier Carmen Calvo e integrata dai titolari dei dicasteri dell’Interno, degli Affari esteri, del Lavoro e dello Sviluppo.

Stati Uniti, partiti chiedono a industria farmaceutica di calmierare prezzi

Entrambi gli schieramenti del Congresso federale statunitense hanno inviato ieri un avvertimento alle industrie farmaceutiche, dichiarando concluso il tempo degli aumenti incontrollati dei prezzi dei farmaci. La medesima linea è emersa nel corso di audizioni separate presso le commissioni di Camera dei rappresentanti e Senato, dove i parlamentari hanno affermato che i continui aumenti dei prezzi sono insostenibili e inaccettabili. “Esiste un forte consenso bipartisan sul fatto che dobbiamo fare qualcosa per frenare gli aumenti dei prezzi fuori controllo”, ha affermato il deputato democratico Elijah Cummings, presidente della commissione della Camera per la il Controllo e le riforme. “Le compagnie farmaceutiche fanno soldi innalzando i prezzi dei loro farmaci – spesso senza giustificazione e da un giorno all’altro – mentre ai pazienti resta da saltare il conto”. Al Senato, il senatore Charles Grassley, presidente repubblicano della commissione Finanza, e il democratico Ron Wyden, membro della stessa commissione, hanno fatto il nome di dirigenti delle compagnie farmaceutiche che hanno rifiutato di testimoniare volontariamente di fronte al Congresso. Al momento, i parlamentari sono lontani dal raggiungere un accordo sulle soluzioni legislative. Sui tetti ai prezzi, infatti, sono sicuri di dover affrontare la resistenza di un piccolo esercito di lobbisti dell’industria farmaceutica. Le udienze di ieri hanno rappresentato però un’apertura in quella che promette di essere un’indagine lunga un anno sui prezzi dei farmaci. Il tema potrebbe aprire anche un terreno di cooperazione con il presidente Donald Trump, che aveva promesso di “riportare sulla Terra i prezzi vertiginosamente alti dei farmaci”.

Stati Uniti, sondaggio “Wp-Abc News”, Trump in difficoltà ma Democratici divisi in vista delle presidenziali 2020

Nuovi segnali di pericolo per le speranze di rielezione del presidente statunitense Donald Trump. La corsa dell’opposizione per sostituirlo è molto aperta, riferisce il quotidiano “Washington Post”, che ha commissionato un sondaggio insieme all’emittente “Abc News”. Secondo il sondaggio, la maggioranza degli elettori democratici non è in grado di nominare il proprio candidato preferito. Alla domanda su chi sosterrebbe ad oggi alla nomina presidenziale democratica, il 56 per cento degli elettori dem e degli indipendenti non ha offerto un nome. Nessun candidato ha ricevuto un supporto a due cifre, a cominciare dall’ex vicepresidente Joe Biden e dalla senatrice Kamala Harris. Le difficoltà dei Democratici ad esprimere un candidato convincente risultano evidenti proprio nel momento in cui l’attuale inquilino della Casa Bianca appare più vulnerabile, anche in vista delle primarie del Partito repubblicano (Gop). E ancora, il 56 per cento di tutti gli intervistati dichiara che “sicuramente non voterà” per Trump, nel caso questi vincesse le primarie repubblicane, mentre il 14 per cento lo confermerebbe alle urne e il 28 per cento voterebbe sicuramente per lui. La maggior parte degli indipendenti (59 per cento), delle donne (64 per cento) e degli abitanti delle aree suburbane (56 per cento) esclude di votare l’imprenditore di New York per un secondo mandato.

Libia, Sanalla (Noc) chiede una “forza nazionale” per proteggere le installazioni petrolifere

Il presidente della National Oil Corporation (Noc), la società petrolifera statale della Libia, Mustafa Sanalla, ha chiesto la creazione di una forza “nazionale” incaricata di proteggere le installazioni petrolifere vitali per l’economia del paese nordafricrano. In un’intervista rilasciata oggi al quotidiano britannico “The Guardian”, Sanalla afferma che una tale forza dovrebbe essere posta sotto il comando diretto del governo di unità nazionale del premier Fayez al Sarraj riconosciuto dalle Nazioni Unite. Per il presidente della Noc, inoltre, la forza a protezione degli impianti petroliferi in Libia dovrebbe disporre di un bilancio annuale di almeno 10 milioni di dollari (8,7 milioni di euro). Soprattutto, per essere veramente efficace, la forza auspicata da Sanalla dovrebbe coinvolgere anche l’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica ed è rivale di Al Sarraj. Soltanto in questo modo, sostiene Sanalla, questa forza sarebbe in grado di contrastare le milizie che a più riprese si sono impadronite delle installazioni petrolifere essenziali per l’economia della Libia al fine di estorcere denaro dalla Noc. Nell’intervista al “Guardian” Sanalla ha poi sollecitato una “nuova generazione di giovani politici libici” a farsi avanti e a proporre nuove idee per la pacificazione del paese. Il presidente della Noc ha, quindi, chiesto alle grandi potenze di rinunciare alle loro “affrettate e insostenibili” proposte per la soluzione della crisi in Libia. Infine, Sanalla ha accusato la Francia e l’Italia di litigare sul futuro della Libia solo per ragioni tutte interne alla politica europea, piuttosto che per ricercare il bene del paese nordafricano.