L'analisi

La guerra in Ucraina avanza e la globalizzazione si spacca in due blocchi

di Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione” |

Purtroppo quello che appare è il dominio dell’inganno, strumento imprescindibile della politica neoliberista, che ha ingannato i Paesi più poveri come l’Italia a favore dei Paesi più ricchi e che oggi è il principale strumento di propaganda bellica per la rappresentazione dei fatti che ci vengono offerti dall’una o dall’altra parte belligerante.

Gli orrori insopportabili della tragedia umana che si sta svolgendo in Ucraina dimostrano il crollo definitivo del pensiero neoliberista, il quale riteneva di incanalare gli istinti aggressivi insiti nella mente umana su una guerra economica che consentiva ai ricchi di diventare sempre più ricchi e ai poveri di diventare sempre più poveri.

Al contrario la storia odierna ci dimostra che lo scivolamento dalla guerra economica alla guerra reale è molto facile, e ora, oltre i danni provocati dalla prima, ci sono le tremende sciagure prodotte dalla seconda.

Ho più volte sottolineato la mia contrarietà piena ai principi neoliberisti, che hanno calpestato i sentimenti di solidarietà politica, economica e sociale sanciti dalla Costituzione, e ora non mi resta che invitare tutti a seguire un altro principio costituzionale, quello dell’articolo 11 secondo il quale “l’Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali”.

La vera tragedia sta nel fatto che il neoliberismo si fondava sulla stabilità della globalizzazione, o meglio la guerra fredda tra i due blocchi che si dividono il potere sul mondo, ma questa pseudo-pace si è dissolta di fronte al venir meno di quegli equilibri territoriali che l’una e l’altra parte non hanno più voluto riconoscere.

Durante il periodo cosiddetto della guerra fredda ho sempre sostenuto che ogni Popolo non dovesse svendere quella parte del territorio e dei beni che sul territorio esistono, indispensabili, sia per assicurare una vita libera e dignitosa, attraverso l’intervento dello Stato nell’economia, sia per fronteggiare situazioni di emergenza, come la pandemia e oggi la guerra.

Esporre gli italiani, come caparbiamente ha voluto Draghi sin dal 1992, sostenendo le privatizzazioni, le svendite, le concessioni di beni e servizi, ci ha posto alla dipendenza dagli stranieri per quanto riguarda la tutela dei beni essenziali per la vita comune e per la difesa della stessa, e ci ha condotto ora in una situazione tragica, per superare la quale certamente non è sufficiente quanto concordato ieri da Draghi e Macron, tenuto anche conto che ormai moltissime fonti di produzione di ricchezza italiana sono nelle mani proprio dei francesi, per non parlare di quanto hanno acquistato a prezzi stracciati multinazionali e fondi di investimento del mondo intero, ed è incredibile che proprio ieri, lo stesso Draghi ha privato gli italiani di una grande struttura pubblica come Rai Way (la società che detiene il controllo e la gestione delle torri di trasmissione del servizio pubblico, centinaia di postazioni realizzate e implementate in decenni di attività) affermando che lo Stato italiano possa scendere con le sue azioni al di sotto della maggioranza, impoverendo così ulteriormente e in modo grave il nostro patrimonio pubblico, nonché il controllo della veridicità dell’informazione.

Ora ci troviamo a piedi nudi di fronte a un’immane tragedia.

Potrebbe essere utile un’Unione europea reale, e non adagiata sugli schemi neoliberisti come è stata finora, ma anche questo è divenuto impossibile a causa della auto-definita frugale (fortemente egoista diremmo noi) Olanda, alla quale si è subito accodata l’Ungheria, facendo naufragare sul nascere una difesa comune europea, come già fece nel 1954 la Francia di Pierre Mendès France, che fece cadere la proposta di costituire la Ced (Comunità europea di Difesa) che ci avrebbe dotato di un esercito europeo.

Ora gli Stati membri dell’UE agiscono singolarmente, ciascuno per difendere i propri particolarissimi interessi, senza pensare che una spada di Damocle (cioè la guerra nucleare) pende sulla testa di tutti.

È diventato difficilissimo, nella situazione attuale, rendere l’Europa più solidale, comunque, a mio avviso, le diplomazie degli Stati membri dovrebbero quanto meno raggiungere l’obiettivo di espungere dai Trattati la possibilità che un singolo Stato possa porre il veto sulle deliberazioni assunte a maggioranza, dalla Commissione, dal Consiglio e dal Parlamento europeo.

È un punto centrale, molto trascurato nel passato, che oggi viene in piena evidenza nella situazione di emergenza in cui ci troviamo. Se non si supera questo primo ostacolo sarà impossibile pensare a un’azione politica europea in campo militare.

Purtroppo quello che appare è il dominio dell’inganno, strumento imprescindibile della politica neoliberista, che ha ingannato i Paesi più poveri come l’Italia a favore dei Paesi più ricchi e che oggi è il principale strumento di propaganda bellica per la rappresentazione dei fatti che ci vengono offerti dall’una o dall’altra parte belligerante.

Le nostre speranze diventano sempre più esigue, perché, come scivolando su una buccia di banana, sono venute meno all’improvviso la fiducia nei rapporti fra gli Stati e fra i singoli, che si fonda sulla verità nella quale nessuno può più credere.

Ricordo, in modo sempre più rattristato, che soltanto la Costituzione, oggi calpestata da tutte le parti, potrebbe offrire la via di salvezza anche in questa tragica situazione.

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