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La guerra continua la sua escalation e la situazione economica europea è sempre più difficile

Paolo Maddalena

La tensione tra i belligeranti (da una parte la Russia e dall’altra l’Ucraina aiutata dagli USA e dai Paesi della Nato) sta pericolosamente arrivando al punto di rottura totale. È stato chiesto a Biden di parlare con Putin, ma egli ha risposto che non vede perché debba dialogare con un criminale di guerra.

Una risposta inaccettabile, perché se Putin è certamente un criminale, egli è pure il capo di una federazione che tende illusoriamente a riprendersi i territori dell’antica Unione Sovietica.

La trattativa deve venire dai capi di Stato perché sono loro che decidono in merito, qualunque sia il loro atteggiamento morale e il loro pensiero su come esercitare i poteri dei quali sono in possesso. Dunque quella di Biden è solo una risposta evasiva che non promette nulla di buono.

Sul piano economico è da ricordare che l’Arabia Saudita ha deciso di diminuire la produzione di petrolio e ha accettato di farsi pagare, non in dollari (come finora è avvenuto), ma in Yuan da parte della Cina.

Questo atteggiamento ha irritato Biden, il quale ha posto in evidenza la necessità di rivedere i rapporti commerciali con l’Arabia.

In sostanza Biden si rende conto che oramai il dollaro (che da oltre 70 anni è stato lo strumento per il dominio commerciale degli Stati Uniti) non è più accettato come moneta universale per gli scambi economici.

Inoltre è da sottolineare, per quanto riguarda l’Europa, che la commissaria Kadri Simson oggi illustrerà ai ministri dell’Energia dei 27 Paesi Ue, riuniti a Praga per un consiglio informale, i punti principali della proposta legislativa che sarà presentata dalla Commissione la prossima settimana per affrontare la crisi dei prezzi del gas.

Quello che è trapelato in merito a queste dichiarazioni è che la Commissione UE, in pieno accordo con la politica della Germania, non toccherà minimamente gli extra-profitti (dovuti alla speculazione) delle industrie del settore energetico (multinazionali e simili). Pertanto essa rifiuterà fermamente la proposta di mettere un tetto al prezzo del gas, avanzata dal nostro Presidente del Consiglio Mario Draghi, il quale ha anche emanato un decreto legge, formulato purtroppo in modo errato dal Ministero dell’Economia, che impone un contributo di solidarietà ai produttori e ai distributori dell’energia pari al 25% degli extra-profitti.

La commissaria Simson ha anche detto che si sta lavorando a un modello obbligatorio, in base al quale l’acquisto del gas sarà effettuato in modo comunitario soltanto dall’Unione europea, la quale distribuirà a ogni singolo Paese la quota loro spettante, invitandoli poi, in caso di emergenza, a una riduzione dei consumi.

Come si nota imperversa in questo campo il distruttivo principio neoliberista, secondo il quale la determinazione del livello dei prezzi spetta al mercato, e agli Stati sovrani non resta che accettare le decisioni del mercato medesimo, anche se si tratta di evidentissime speculazioni.

La strada giusta, a mio avviso, è quella di tassare, in via provvisoria, da parte di ogni Stato, gli extra-profitti (provenienti dalla speculazione) con una tassazione del 100%, per poi arrivare a stabilire che le imprese che gestiscono le fonti di energia devono passare nella mano pubblica di ogni Stato membro, e cioè diventare aziende pubbliche che agiscono fuori dal mercato, perseguendo soltanto l’interesse dei cittadini. Come era in Italia prima della privatizzazione, effettuata da Giuliano Amato del 1992, e poi dalla svendita del gas e dell’energia elettrica, effettuate rispettivamente con decreto Letta (2000) e con decreto Bersani (1999).

Per quanto ci riguarda, come più volte ho affermato, deve essere attuato l’articolo 43 della Costituzione, secondo il quale: “le fonti di energia devono essere in mano pubblica o di comunità di lavoratori o di utenti”. Come si nota è sempre e solo la Costituzione che ci consente di difendere i diritti fondamentali del Popolo.

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