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La Giornata Parlamentare. Trump sente Xi Jinping. Tajani: “Possibile accordo Ue-Usa entro 9 luglio”

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Dazi, distensione Trump-Xi. Tajani: possibile accordo Ue-Usa entro 9/7. Mattarella lancia l’allarme sulle guerre senza regole. FdI spiazza gli alleati e apre con forza sul terzo mandato.

La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.

Dazi, distensione Trump-Xi. Tajani: possibile accordo Ue-Usa entro 9/7

Il cancelliere tedesco è volato a Washington per tentare un accordo con il presidente Usa Donald Trump, che a sua volta chiama il suo omologo cinese Xi Jinping per allentare la tensione tra i due Paesi. L’Europa, intanto, attraverso il commissario al Commercio Maros Sefcovic prova ancora a rassicurare, promettendo di rafforzare il dialogo. Il risiko dei dazi si gioca ancora da un capo all’altro del mondo ma la strada sembra ancora in salita. La prima partita della giornata è quella tra Usa e Cina: una telefonata tra i due leader prova a trovare un accordo, ma non basta e anche se “si è conclusa con risultati molto positivi per entrambi i Paesi”, come spiega Trump, sarà necessario ora un incontro per mettere a punto l’accordo commerciale. Incontro che, assicura il tycoon, avverrà “a breve”. Xi Jinping ha sottolineato che è necessario “raddrizzare la rotta della grande nave delle relazioni sino-americane” “scartando con determinazione qualsiasi interferenza o tentativo di sabotaggio”. 

La buona riuscita delle discussioni tra le due super potenze “forse, sarebbe più importante dei risultati del negoziato tra Usa e Ue”, commenta il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Intanto il cancelliere Friedrich Merz può tirare un sospiro di sollievo: non è stato messo alle strette come altri leader stranieri da Trump, che lo ha ricevuto in modo molto cordiale, nonostante le divergenze sui temi dei dazi e dell’Ucraina. La battaglia commerciale è stata ovviamente al centro della visita. Sul piatto ha messo promesso di soddisfare entro l’inizio del 2030 la richiesta americana di aumentare la spesa per la difesa al 5% del Pil. Lato europeo, invece, la partita procede lenta, ma forse nemmeno troppo: i negoziati tra l’Ue e gli Usa, assicura Marcos Sefcovic, sono “complessi”, anche perché “pur condividendo obiettivi comuni, in particolare per quanto riguarda la reindustrializzazione e la leadership nei settori orientati al futuro, abbiamo scelto percorsi diversi”. Per Antonio Tajani “i colloqui non stanno andando male”, anzi, “è possibile che si arrivi a un accordo entro il 9 luglio”. Ottimismo anche da parte della premier Giorgia Meloni, secondo cui “il lavoro diplomatico che l’Italia ha fatto per favorire un avvicinamento” è stato “molto utile”.

Mattarella lancia l’allarme sulle guerre senza regole

“Sempre più si ripropone la forza come misura dei rapporti tra gli Stati, anziché il diritto. Le popolazioni civili sono vittime di conflitti armati senza regole e senza misura, in aperta violazione del diritto internazionale umanitario”. Nuovo intervento del Presidente della Repubblica per un ritorno alle regole internazionali anche in caso di conflitti. Ormai è chiara la preoccupazione di Sergio Mattarella per il disgregarsi delle regole del multilateralismo, per l’idea che sta passando in un mondo sempre più sfilacciato che il più forte possa attaccare il vicino più debole e violare le più elementari regole di protezione dei civili, di assistenza medica alla popolazione fino ad arrivare ad affamare sistematicamente anziani e bambini. 

Tornano subito alla mente le parole su Israele pronunciate dal Capo dello Stato in occasione del 2 giugno: “S’impone subito il cessate il fuoco a Gaza. È disumano che venga ridotta alla fame un’intera popolazione. L’esercito israeliano renda accessibili i territori della Striscia all’azione degli organismi internazionali per la ripresa di piena assistenza umanitaria alle persone”, disse davanti al Corpo diplomatico accreditato in Italia, parole che sembrano essere state raccolte dall’esecutivo, tanto che ieri la premier è stata molto più decisa che in passato nei toni rispetto al Governo di Benjamin Netanyahu: “Ha assunto contorni inaccettabili la risposta di Israele, che deve fermarsi immediatamente, tutelando la popolazione civile”, ha detto Giorgia Meloni

“Gravi attacchi sono in atto in tante parti del pianeta e colpiscono, in modo drammatico, diritti umani fondamentali”, ha spiegato Mattarella in un messaggio inviato al presidente della Società Italiana di Diritto Internazionale e di Diritto dell’Unione Europea. Per questo il presidente è tornato ancora una volta a sottolineare l’importanza dell’ancoraggio dell’Italia all’Europa, baluardo della difesa dei diritti umani. “La pace è un principio divenuto cardine del diritto internazionale e rappresenta il fondamento dell’ordine giuridico globale, come solennemente affermato dalla Carta delle Nazioni Unite. La Repubblica Italiana è impegnata a promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi cittadini, come recita l’art. 3 del Trattato UE al quale aderiamo”. 

FdI spiazza gli alleati e apre con forza sul terzo mandato

Discutere “senza preclusioni” del terzo mandato dei governatori, e farlo subito, anche prima della tornata autunnale di elezioni regionali. FdI riunisce l’esecutivo del partito e apre alla possibilità di mettere mano agli anni di carica dei presidenti delle Regioni superando l’attuale limite dei due mandati. La mossa rimette in pista Luca Zaia in vista della prossima scadenza elettorale, ma anche il dem Vincenzo De Luca, ma spiazza gli alleati; arriva con due interviste parallele di Francesco Lollobrigida, capodelegazione Fdi nell’esecutivo, e di Giovanni Donzelli, che tiene le redini del partito. Difficile pensare che ciò sia potuto avvenire senza un benestare di Giorgia Meloni. Intanto la premier davanti alla platea amica della kermesse de La Verità minimizza l’impatto dei risultati delle regionali: “non sono dirimenti per la tenuta della legislatura”. 

E anzi, ribadisce di essere intenzionata a fare “tutto il possibile” per battere ogni record e arrivare al 2027 con la stessa squadra di governo. “Siamo compatti”, ribadisce, mentre gli alleati reagiscono in ordine sparso alla novità lanciata dal responsabile organizzazione di Fdi. “Non c’è una preclusione ideologica ad affrontare il tema del terzo mandato se viene posto dalle Regioni” perché “sbagliato” era che “ciascuna Regione scegliesse il numero dei mandati”, non che si faccia “una riflessione nazionale” dice Donzelli, sorprendendo tanto Fi (che lo dice apertamente: “Ne parlerò con lui, noi restiamo contrari”, commenta a caldo Maurizio Gasparri) quanto la Lega.  Ora bisognerà capire quale sarà la strada che la maggioranza deciderà di intraprendere. Un decreto-legge, che pure sarebbe stato preso in considerazione, viene escluso, perché la materia elettorale è troppo “sensibile”. 

La via potrebbe essere quella del disegno di legge. Ma c’è chi non esclude che, alla ricerca dello strumento più adatto, non si possa alla fine optare per un emendamento a qualche provvedimento già in dirittura di arrivo. Si vedrà nelle prossime ore, anche perché sarà necessario un passaggio “tra i leader”, come sottolinea Gasparri. Poco prima Matteo Salvini, dallo stesso palco dove poi avrebbe parlato la Meloni, aveva assicurato che la scelta dei candidati nelle sei Regioni al voto in autunno (Valle D’Aosta, Veneto, Campania, Puglia e Toscana e Marche dove è già in cerca del bis il meloniano Francesco Acquaroli) è questione di “giorni”, anche perché “ogni giorno che passa è un giorno perso”. Ora ogni ragionamento potrebbe essere azzerato. E a sorpresa si potrebbe ricominciare da Luca Zaia. 

Meloni rivendica l’astensione sui referendum e assicura: il Governo tiene

Rivendica che “l’astensione al referendum è un diritto”, si dice “fiera” delle norme del decreto sicurezza, annunciando che ne arriveranno altre, assicura che il Governo arriverà a fine legislatura e che non ci saranno “ribaltoni”, anche nel caso di un risultato negativo alle regionali. Giorgia Meloni interviene alla festa del quotidiano La Verità a Roma e intervistata dal direttore Maurizio Belpietro tocca molti dei temi dell’attualità. Sul voto dell’8-9 giugno, che considera “tutta una questione interna” alla sinistra che “chiede di abrogare norme fatte da loro”, conferma che andrà al seggio “per rispetto per l’istituto del referendum” ma non ritirerà la scheda. “L’astensione è un diritto di tutti”, sostenuto anche da partiti di sinistra nel passato. Oppure, chiede polemicamente, “è un diritto solo di lavoratori e non lavoratori di sinistra?” Nel merito dei quesiti, comunque, si dice “contrarissima a dimezzare i tempi della cittadinanza”. 

Meloni smentisce poi le ricostruzioni che parlano di contrasti all’interno del Governo e si dice anzi “fiera” del lavoro dei Ministri e in particolare dei vice Antonio Tajani e Matteo Salvini che, assicura, non ha “bacchettato” come una “maestrina”. La premier farà “tutto quello che posso per arrivare alla fine della legislatura con questo Governo” e “le tante speranze di ribaltoni mi pare restino speranze di persone che poi si devono confrontare con la realtà”. Sul decreto sicurezza risponde alla sinistra che la accusa di comprimere le libertà: “Sono fiera di queste norme”, assicura, e anzi “penso ne servano altre. L’autoritarismo è una contrazione delle libertà: quali sono le libertà che comprimiamo? La libertà di fare i borseggi? La libertà di truffare gli anziani? Se la sinistra considera queste libertà sono fiera di stare dall’altra parte”. 

Il Pd suona la carica, sfratto al Governo se votano più di 12 milioni di italiani

Ultime ore di campagna in vista dei referendum dell’8 e 9 giugno. Partiti e comitati promotori dei quesiti sono al rush finale. L’obiettivo è tenere alta l’attenzione sull’appuntamento e spingere sulla massima partecipazione. I leader moltiplicano gli appelli al voto. Elly Schlein si lancia all’attacco della presidente del Consiglio: “Giorgia Meloni abbia il coraggio di dire che è contraria ai referendum sul lavoro. L’ho sentita arrampicarsi sugli specchi, dire che sono tutte questioni di rese dei conti della sinistra. Niente di più falso. Se è così contraria perché non va a votare no? Perché vuole affossare questi referendum”. Quindi, la bordata: “È grave e vergognoso che Giorgia Meloni inviti all’astensione, vuol dire che ha paura del voto degli italiani”. Schlein assicura che siamo impegnati per raggiungere il quorum, che rende effettivo il risultato del referendum”, spiega la segretaria a chi chiede se una cifra di circa 12 milioni di votanti possa già considerarsi un risultato soddisfacente. Si ragiona su questo numero perché fu proprio quella la base di consenso che tre anni fa portò la leader di FdI a Palazzo Chigi. La leader dem continua a ripetere che l’obiettivo principe resta il quorum. Ma c’è chi, tra le fila delle opposizioni, usa questa asticella per alzare la tensione e mettere il fiato sul collo al Governo. 

Il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia lo dice chiaramente: “Se andasse a votare tanta più gente di quella che ha sostenuto il centrodestra, saremmo di fronte a un avviso di sfratto per il Governo”: “Meloni ha preso alle elezioni 12 milioni e 300 mila voti, se al referendum andassero a votare 12 milioni e 400 persone significherebbe che un pezzo di Paese sul lavoro e sulla cittadinanza le sta dicendo non ci piace come stai governando e su questo hai il dovere di cambiare tutto”. Nessuno, per ora, evoca le dimissioni del Governo. Ma le opposizioni sperano che dalle urne arrivi comunque un segnale chiaro all’esecutivo. Il raggiungimento del quorum, con un’asticella fissata a 25,7 milioni di votanti, rimane comunque uno scoglio difficile da superare. Anche se da più parti si ripete il mantra: “Non è impossibile”. E il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni suona la carica: “Sono convinto che ci sarà una grande risposta di partecipazione anche perché si sente che è cambiato il clima. L’obiettivo del quorum è alla portata e bisogna fare di tutto per i cinque sì”. 

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