Tajani e Crosetto ribadiscono: il 5% Pil in spese militari è compatibile
“L’Europa deve assumersi le proprie responsabilità e compiere un salto di qualità per realizzare il pilastro europeo della Nato e, in prospettiva, una Difesa europea integrata, che era il sogno di De Gasperi e Berlusconi. Per questo all’Aja è stato assunto un nuovo impegno in materia di spesa, più ambizioso rispetto al 2%. Il nuovo obiettivo del 5% del Pil è un passo coraggioso e necessario per proteggere la nostra libertà e i nostri valori, e per garantire maggiore sicurezza ai nostri cittadini”. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, in audizione alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato insieme al ministro della Difesa Guido Crosetto, parla degli esiti del vertice Nato dell’Aja rimarcando che il raggiungimento dell’obiettivo del 5%” del Pil per la difesa “sarà comunque graduale e compatibile con i vincoli di bilancio. Nessun euro verrà sottratto alla sanità, all’istruzione o alla spesa sociale. E nessun euro verrà tolto ai Fondi di coesione”.
“Abbiamo voluto che l’orizzonte temporale fosse esteso al 2035, perché sarebbe stato irrealistico fissare una scadenza anticipata. Così potremo aumentare la spesa gradualmente, senza compromettere la sostenibilità dei conti pubblici e senza mettere in moto dinamiche inflattive”, ha rilanciato a sua volta il Ministro della difesa ricordando che l’1,5% del Pil riguarda attività già presenti nel bilancio nazionale. ”La resilienza, la sicurezza cibernetica, la protezione delle infrastrutture critiche, il rafforzamento del tessuto industriale, le infrastrutture strategiche non riguardano nuove risorse ma un esercizio di rendicontazione coerente con l’approccio integrato alla sicurezza previsto dalla Nato e dal piano Ue Readiness 2023”.
“Già oggi, nei bilanci 2023-2025 c’è già parte di queste risorse con le quali dovremmo raggiungere il 5%. Per questo possiamo dire che non verrà toccata minimamente nessuna spesa sociale”. Giuseppe Conte ha risposto attaccando: “Andate in seno alla Nato e sottoscrivete un 5% di aumento del Pil. Venite qui a raccontarci che non ci saranno conseguenze per il nostro welfare. Ma perché prendete in giro gli italiani? Abbiamo 5,7 milioni di poveri” e “siamo in una situazione disastrata. Sono 445 miliardi fra l’altro non in 10 anni” ma “su 9 anni perché la prossima legge di bilancio ovviamente sarà fuori. Quindi i nostri statisti scaricano a futura memoria”, chiude il suo ragionamento l’ex premier.
La Danimarca spingerà sul contrasto all’immigrazione nel suo semestre europeo
Copenaghen conferma la linea dura sulla migrazione, da sinistra per giunta, visto che i Socialdemocratici danesi, sostenuti dai partner, governano da anni. E lo fa, tra le varie cose, con un assist al modello Albania di Giorgia Meloni: “Lavoreremo sul concetto di Paesi sicuri nell’ambito della direttiva rimpatri: non possiamo ammettere che i flussi irregolari indeboliscano la coesione europea”, ha dichiarato la Ministra per gli Affari Ue Marie Bjerre al debutto della presidenza. “Avremo un nuovo concetto di Paesi sicuri”, ha assicurato in un punto stampa, ribadendo che la Danimarca sostiene “i returns hub come quelli frutto dell’accordo Italia-Albania”. “Credo che questo debba essere fatto a livello europeo: le regole internazionali non devono proteggere i migranti più di quanto proteggano i cittadini europei”. Il vento, d’altra parte, in Europa è cambiato e l’Ue, come molti Stati membri, sta rivedendo l’approccio in senso restrittivo.
Basta vedere quanto accade in Germania, con i controlli alle frontiere per bloccare i migranti irregolari e le contromisure adottate dalla Polonia, che non vuole respingimenti all’interno dei propri confini. Insomma, un inasprimento che rischia, per effetto collaterale, di minacciare persino una delle conquiste maggiori dell’Ue: la libera circolazione dei beni e delle persone all’interno dell’area Schengen. L’Austria, ad esempio, ha espulso oggi un cittadino siriano con precedenti penali direttamente in Siria, diventando il primo Paese dell’Ue a farlo ufficialmente “negli ultimi anni”. “L’espulsione fa parte di una politica di asilo rigorosa e quindi equa”, ha dichiarato il Ministro dell’Interno Gerhard Karner. L’Austria, che è governata dl partito di estrema destra ÖVP, è stata d’altra parte tra i Paesi dell’Unione Europea che hanno sospeso tutte le richieste di asilo siriane dopo la destituzione di Assad e ha poi anche bloccato i ricongiungimenti familiari.
Questa linea dura trova il sostegno della Danimarca, nonostante l’opposto colore politico: “L’attuale sistema di asilo è andato e dobbiamo essere molto franchi con chi viene: chi commette crimini e non rispetta i nostri valori non ha posto in Europa e deve essere espulso”, ha scandito la premier Mette Frederiksen in conferenza stampa con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen per l’avvio della presidenza di turno Ue. “Abbiamo delle proposte concrete sul tavolo, che possono aprire la strada agli hub per i rimpatri”, ha assicurato. Nei prossimi sei mesi, dunque, ci potrà essere senz’altro un’ulteriore accelerazione sul dossier migrazione.
FI rilancia sullo ius scholae. No categorico di Lega e FdI. Le opposizioni aprono
Forza Italia sfida gli alleati di Governo e rilancia sullo “ius Italiae”, annunciando di voler mettere ai voti la riforma della cittadinanza, nonostante la contrarietà di Lega e FdI. “Siamo pronti a discuterla con tutti” dice il vicepremier Antonio Tajani, “Il Parlamento è sovrano. Chiunque vuole votare la nostra proposta la voti”. Dunque, numeri permettendo, gli azzurri sarebbero pronti a far passare lo ius Italiae anche sganciandosi dal resto della maggioranza. Leghisti e meloniani, infatti, non tardano a ribadire la loro contrarietà: “Una proposta tecnicamente sbagliata”, “irricevibile” anche “dal punto di vista politico”, afferma il salviniano Rossano Sasso. La responsabile immigrazione di FdI Sara Kelany sottolinea: “La legge sulla cittadinanza per noi va bene così e, visto l’esito dei referendum, va bene così anche per i cittadini”. Sul fronte opposizione, il Pd apre con cautela chiedendo agli azzurri di calendarizzare il testo e iniziare a lavorare sui contenuti, mentre il M5S, per voce di Giuseppe Conte, sprona a fare presto: “Lo ius scholae è una nostra battaglia di anni, facciamolo subito”. Il timore principale è che si tratti di una “boutade”, una “chiacchiera estiva” ma, ciò nonostante, i parlamentari che si fanno avanti per accettare e rilanciare la sfida dei numeri in Aula non mancano.
“Se FI porterà al voto una legge sullo ius scholae Azione la sosterrà convintamente”, fa sapere Carlo Calenda. Matteo Renzi incalza Tajani: “Ha così tanta paura della premier da non portare in Aula quello che dice, quello che ha detto, un anno fa, al meeting di Rimini. Un po’ di coraggio, abbia la forza di difendere le sue idee!”. Per Riccardo Magi di Più Europa “ci confronteremo nel merito, anche se temiamo che ancora una volta FI non faccia sul serio”. Stesso dubbio insinuato da Avs. Nel Pd a spingere per l’apertura a Forza Italia sono i riformisti, ma poi è tutto il partito a dirsi pronto al dialogo: “FI calendarizzi subito il provvedimento e iniziamo a lavorare nelle Commissioni sui testi”, esorta la prima firmataria della proposta di legge del partito sulla cittadinanza, la deputata Ouidad Bakkali.
Ma c’è un primo ostacolo sulla strada della convergenza: Tajani si dice non intenzionato a trattare. “Quella sui dieci anni” di formazione scolastica per ottenere la cittadinanza “è una regola severa ma giusta”, la proposta del Pd è “di cinque anni e non va bene”, sottolinea. Se tutto il centrosinistra votasse con FI a favore dello ius Italiae la legge potrebbe passare, si ragiona in ambienti azzurri, dove qualcuno ipotizza anche una sorta di libertà di coscienza trasversale agli schieramenti per tirare la volata al provvedimento. Vedremo nelle prossime settimane quali saranno le iniziative di Fi e quali passaggi politici e parlamentari verranno avviati, nella consapevolezza che difficilmente la questione potrà condurre a una crisi nella maggioranza.
Il Governo propone un patto per la sicurezza sul lavoro. Troppi 100 morti al mese
Il Governo punta a un patto nazionale per la sicurezza che possa ridurre in modo significativo gli incidenti sul lavoro: la ministra Marina Calderone, intervenendo alla presentazione della Relazione annuale dell’Inail alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Mattarella, ha sottolineato che il dato sugli infortuni sul lavoro nel 2024 anche se sostanzialmente stabile rispetto al 2023 è “moralmente inaccettabile”. Nell’anno sono arrivate 593mila denunce di infortunio con 1.202 casi mortali, circa 100 al mese, dati definiti una “sconfitta collettiva”. E su questo ha insistito anche la presidente del Consigli, Giorgia Meloni che ha sottolineato come la sicurezza del lavoro sia “una delle priorità di questo Governo” e come voro non debba mai essere considerata un costo da tagliare ma invece “un diritto di ogni lavoratore”.
Prosegue quindi il confronto con le parti sociali con l’obiettivo, ha spiegato Calderone, di una “alleanza permanente fra tutti gli attori del mondo del lavoro” per arrivare a un patto che sia fondato “su quattro pilastri: trasparenza, formazione, prevenzione e innovazione”. Nel 2024 gli infortuni denunciati all’Inail sono stati 593mila con una crescita dello 0,4% sul 2023 legata alla crescita delle denunce degli studenti, che sono salite a 78mila (+10,5%), di cui 2.100 per infortuni occorsi nei Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto). Le denunce di casi mortali sono state 1.202, una in più rispetto al 2023. Per i lavoratori si registrano quattro decessi in meno, da 1.193 a 1.189, mentre i 13 casi mortali rilevati tra gli studenti sono cinque in più rispetto agli otto dell’anno precedente.
Le Europee costano care, conti in rosso per Lega, FdI e Iv
Le Europee sono costate care alle casse di alcuni partiti, ad esempio a Lega, FdI e Italia viva, che hanno chiuso in rosso i conti del 2024. In attesa delle pubblicazioni di quelli di Pd, M5S, Forza Italia e Noi moderati, i bilanci già noti di alcuni partiti evidenziano anche un forte impatto dei contributi dal 2xmille, in particolare per Sinistra italiana, Europa verde e +Europa. Il disavanzo più significativo è quello di Iv e Lega: 1,4 milioni di euro ciascuno. La campagna per le Europee, finita senza eletti all’Europarlamento, ha “impegnato una parte più che rilevante delle risorse del partito” di Matteo Renzi, si legge nella relazione al rendiconto, che nel 2024 ha sostenuto oneri per quasi 3,5 milioni, inclusi quasi 1,7 milioni per “pubblicità e propaganda”. Troppo, a fronte di 2 milioni di euro di proventi.
E il leader nella relazione annuncia che “è stato predisposto un piano di riequilibrio economico-patrimoniale e finanziario”. Il disavanzo della Lega è peggiorato rispetto a quello del 2023 (85mila euro), e anche le contribuzioni sono calate, da 4,5 milioni a 3,82 milioni di euro. Sono aumentate le quote associative annuali, da 58.624 euro a 63.227, ma anche gli oneri di gestione, da 5,6 a 6,1 milioni di euro. Soffrono anche i conti della Lega Nord per l’indipendenza della Padania: il partito fondato da Umberto Bossi ha un disavanzo di 72.908 euro, nonostante i 481mila euro di contributi, di cui 230mila dalla Lega guidata da Matteo Salvini, 36mila da Giancarlo Giorgetti e altrettanti da Igor Iezzi.
FdI passa da un avanzo di 4,9 milioni nel 2023 a un disavanzo di 681mila euro, una flessione “attribuibile principalmente alle spese sostenute per le diverse campagne elettorali” che non rappresenta “alcuna criticità nel proseguo della gestione ordinaria dell’associazione”, si assicura nella nota integrativa al rendiconto. Gli oneri superano gli 11 milioni. Dal 2xmille sono arrivati al partito della premier Giorgia Meloni contributi per 5,65 milioni di euro, e 2,7 milioni di euro sono quelli venuti da persone fisiche e giuridiche. FdI ha versato 200mila euro a Gioventù nazionale, la formazione giovanile del partito, e 110mila euro a Ecr, la famiglia dei conservatori europei a cui appartiene. Dal 2xmille è arrivata una spinta alle casse delle due forze di Avs: i contributi sono passati da 816mila euro nel 2023 a 1,4 milioni nel 2024 (oltre 40mila contribuenti) per Sinistra italiana, che vanta un avanzo di 552mila euro, nonostante un aumento dei costi di circa mezzo milione di euro, metà dei quali per le Europee. Anche a Europa verde quei contributi sono serviti per avere un bilancio in positivo per 386mila euro. Il 2xmille rappresenta oltre metà delle entrate di +Europa (in avanzo di 191.841 euro e proventi complessivi per 1,45 milioni), che nel 2024 ha avuto 6.160 iscritti, di cui un terzo under 25.