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La giornata parlamentare: Meloni, scintille con Schlein e Conte al Premier time

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Il terzo question time della Premier Giorgia Meloni è un concentrato di attacchi e scintille, con una serie di impegni annunciati: un milione di auto all'anno prodotte in Italia, privatizzazioni senza “regali miliardari".

Una Meloni a tutto campo al Premier time. Scintille con Schlein e Conte

Il terzo question time della Premier Giorgia Meloni è un concentrato di attacchi e scintille, con una serie di impegni annunciati: un milione di auto all’anno prodotte in Italia, privatizzazioni senza “regali miliardari” in stile oligarchi russi nel post-Urss, superamento del tetto di spesa per il personale sanitario, “azzeramento” del fenomeno dei “medici gettonisti” e lo sforzo diplomatico per uno Stato palestinese. Il tema di Stellantis lo solleva Azione: “Nel cda c’è un i non membro del governo francese, non a caso le scelte industriali tengono più in considerazione le istanze francesi rispetto a quelle italiane”, sottolinea Meloni attaccando implicitamente il ceo Carlos Tavares che, dopo l’affondo di lunedì della premier, definiva le critiche della politica ingiuste verso i dipendenti. La leader di FdI, “in tema di rispetto”, nota che “in Francia si produce più che in Italia”, dove “sono andati persi oltre 7mila posti di lavoro”. E aggiunge: “Se si vuole vendere un’auto nel mondo pubblicizzandola come gioiello italiano, allora deve essere prodotta in Italia”.

Il duello più acceso con Elly Schlein che le chiede come abbatterà le liste d’attesa: la premier spiega che il tetto alla spesa sanitaria fu introdotto nel 2009 e ora il Governo fa i conti “con una situazione stratificata in 14 anni”; “È un’implicita attestazione di stima chiedere a noi di risolvere i problemi che voi non avete risolto in 10 anni al governo”, dice la premier ringraziando con sarcasmo per la “fiducia”. Il centrodestra applaude, mentre Schlein affila la controreplica, in cui ricorda a Meloni che nel 2009 era ministra, accusandola di pensare più alla sanità privata. Il M5S ha chiesto alla Meloni perché abbia firmato un Patto di stabilità che “proprio non le piaceva, abbassando la testa davanti a Francia e Germania”. La riforma prevede “numeri sostenibili per un Governo serio”, la risposta della premier: “Nonostante l’eredita pessima abbiamo portato a casa un buon compromesso perché abbiamo mostrato che la stagione dei soldi gettati al vento per pagare le campagne elettorali è finita”. Il riferimento al superbonus è liquidato con una battuta da Giuseppe Conte: “Meloni è un re Mida al contrario, tutto ciò che tocca lo distrugge”, dice, e aggiunge: “La più grande truffa” non è il superbonus ma “il programma elettorale farlocco che stanno ribaltando”. “Le risorse per il comparto agricolturasono sensibilmente aumentate”, la risposta di Meloni a Italia viva, bocciata da Maria Elena Boschi, secondo cui “questo è il Governo delle tasse”. 

Sulla crisi a Gaza spiega di non condividere la posizione di Benjamin Netanyahu, contrario a uno Stato palestinese, ma sono scintille con Nicola Fratoianni: lei lo rimprovera di non aver condannato Hamas, lui le ricorda che Avs lo ha fatto “senza ma o però”. A Riccardo Magi (+Europa), sulle lentezze dei risarcimenti alle famiglie delle vittime delle stragi naziste replica che “non c’è intento dilatorio, ma l’Avvocatura dello Stato deve verificare i presupposti”. La Lega la interroga sulle politiche per gli anziani ma coglie l’occasione per chiederle una riforma delle pensioni con Quota 41. Noi moderati le dà modo di ricordare che le 600mila domande per l’assegno di inclusione hanno un importo medio di 635 euro “superiore a quello erogato con il Reddito di cittadinanza”. Dopo aver risposto a FI sulle privatizzazioni (“Saranno strategiche, non per fare cassa”), sul tema del Mezzogiorno sollevato da FdI Meloni assicura che “avrà non sussidi ma strumenti per competere ad armi pari nel contesto globale”. 

La Camera approva l’intesa con l’Albania sui migranti. Ora tocca al Senato

Ieri la Camera ha approvato in prima lettura con 155 voti a favore, 115 contrari, 2 astensioni la ratifica del protocollo Italia e Albania sui migranti. Il provvedimento, fortemente voluto dalla premier Giorgia Meloni, prevede la creazione di un hotspot presso il porto di Shengjin e un Cpr nell’entroterra presso Gjder. Nelle due strutture, con una capienza complessiva per non più di 3mila migranti, saranno condotti stranieri salvati in operazioni di soccorso in acque extra-Ue e il primo screening sarà effettuato, secondo quanto riferito dall’esecutivo durante i lavori sul provvedimento, in alto mare. Non dovranno essere portati in Albania soggetti vulnerabili come minori, minori non accompagnati, disabili, anziani, donne, genitori singoli con figli minori, vittime della tratta di esseri umani, persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali, persone per le quali è accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, vittime di mutilazioni genitali ha spiegato il sottosegretario agli Esteri Edmondo Cirielli. Uno screening non banale e non privo di incognite. 

Il ddl di ratifica equipara le aree concesse in uso all’Italia, di cui il nostro Paese avrà la concessione, la responsabilità e la gestione e di cui sosterrà tutti i costi, a zone di frontiera e di transito dove è prevista la procedura accelerata d’identificazione ed espulsione. Nel caso in cui venisse riconosciuto a qualcuno dei migranti il titolo di rifugiato, la persona dovrà essere condotta in Italia, così come coloro per i quali si dovessero oltrepassare i tempi massimi di detenzione amministrativa senza aver terminato le procedure necessarie. L’iter a Montecitorio ha visto la maggioranza compatta, sia in Commissione che in aula. Tutti gli emendamenti e anche gli ordini del giorno delle opposizioni sono stati infatti bocciati e alla fine non è servita la fiducia. Le opposizioni hanno protestato contro un “metodo” che ha “impedito il confronto nel merito”, che ha lasciato “senza risposte” i “dubbi e gli interrogativi” sui rischi sotto il profilo del “rispetto delle normative internazionali, europee e nazionali sui diritti umani”. Nonostante le critiche e le tensioni con i partiti di opposizione questo provvedimento, specie in un anno elettorale, è estremamente importante per la maggioranza. Ora passa all’esame del Senato per un esame che si annuncia estremamente veloce. L’obiettivo dichiarato del Governo è quello di approvarlo il prima possibile. Intanto in Albania si attende il pronunciamento della Corte costituzionale.

La Lega presenta un odg, poi riformulato, per lo stop alle armi all’Ucraina

Il decreto di proroga sul rinvio delle armi all’Ucraina è stato approvato dal Senato con 113 voti favorevoli e 18 contrari. Il provvedimento passa alla Camera per l’approvazione definitiva. Sotto i riflettori però sono finite le tensioni interne alla maggioranza: la Lega tenta un balzo in avanti e stavolta lo fa con un odg proposto dal capogruppo a palazzo Madama Massimiliano Romeo. Il leghista definisce una nuova strategia sulla guerra in Ucraina, punta all’impegno verso un percorso diplomatico per “arrivare a una rapida soluzione del conflitto” ma soprattutto mette nero su bianco che in questa guerra ormai nessuno vince e lascia intravvedere l’inutilità dei “numerosi sforzi della comunità internazionale” che si sono rivelati “essenziali ma non sufficienti per neutralizzare la minaccia russa”. Insomma, il testo viene letto come la richiesta di uno stop alle armi. D’altra parte, la contrarietà del partito di Matteo Salvini alle sanzioni a Putin e al procrastinarsi degli aiuti a Zelensky è nota. Immediatamente il M5S dichiara subito di voler sottoscrivere l’odg: “Ne condividiamo le premesse”, scandisce il capogruppo Stefano Patuanelli che aggiunge: anche se non viene specificato “un necessario stop alle armi lo riteniamo implicito”. 

La virata “pacifista” della Lega appare al Governo come una sfida. L’Esecutivo chiede e ottiene una riformulazione dove a saltare sono soprattutto le premesse: via il riferimento alle parole del Ministro Guido Crosetto sulla “controffensiva estiva dell’Ucraina” che “non ha dato i risultati attesi” e dunque “dopo quasi due anni, il conflitto presenta le caratteristiche di una tradizionale guerra di posizione”; eliminata anche la parte sugli Stati Uniti e sulla “fase di stallo” per un ulteriore pacchetto di aiuti a causa dell’assenza di fondi; depennata infine la parte sull’opinione pubblica italiana che “non supporta più pienamente gli aiuti militari che il nostro Paese continua a inviare” e “auspica una soluzione pacifica e diplomatica del conflitto”. Svuotato dalle posizioni meno in linea con la maggioranza, rimane l’invito al Governo a un impegno per “giungere a una pace nel ripristino del diritto internazionale”. In Aula l’odg riformulato passa con 110 voti favorevoli e 7 astenuti e nessuno contrario. M5S e Avs non partecipano al voto, tutti gli altri votano a favore. Chi non vorrebbe raggiungere la pace con un’azione diplomatica? “Un odg sterilizzato politicamente”, spiega Patuanelli per chiarire il successivo no dei 5 stelle all’ordine del giorno rimodulato. Il capogruppo leghista Romeo minimizza, la riformulazione “non modifica l’impegno”, rivendica la paternità dell’iniziativa “presentato a titolo personale” e chiede di “non tirare in ballo Salvini e la Lega”. Poi punta l’indice su “una strumentalizzazione” della stampa. 

Alla Camera

Dopo che ieri il Governo ha posto la questione di fiducia, l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 18.10 per il voto di fiducia e la successiva approvazione del decreto per la sicurezza energetica del Paese, la promozione del ricorso alle fonti rinnovabili, il sostegno alle imprese a forte consumo di energia e sulla ricostruzione nei territori colpiti dagli eccezionali eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023. 

Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari costituzionali svolgerà delle audizioni sulle pdl per la separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura. La Esteri alle 13.30 ascolterà il Sottosegretario per gli affari esteri e la cooperazione internazionale Giorgio Silli sulle recenti missioni istituzionali in Australia e nel Pacifico e alle 14.15 ancora il sottosegretario Silli nell’ambito dell’esame della proposta di legge per la destinazione agli uffici diplomatici e consolari di una quota dei proventi derivanti dal rilascio dei passaporti all’estero. La Finanze si confronterà sul decreto sulle agevolazioni fiscali.

La Trasporti svolgerà delle audizioni sullo schema di decreto legislativo sul codice delle comunicazioni elettroniche. La Lavoro proseguirà le audizioni sul ddl governativo in materia di lavoro. La Affari Sociali svolgerà delle audizioni sulle risoluzioni per la promozione e sostegno dell’allattamento al seno e sulla situazione della medicina dell’emergenza-urgenza e dei pronto soccorso in Italia. La Politiche dell’Ue svolgerà delle audizioni sull’atto Ue relativo alla relazione annuale 2022 della Commissione Ue sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità e sui rapporti con i parlamenti nazionali. 

Al Senato

Dopo che ieri ha approvato in prima lettura il decreto per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, nella giornata di oggi l’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 10.00 per la discussione delle interrogazioni e alle 15.00 per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Per quanto riguarda le Commissioni, la Politiche dell’Ue dibatterà sulla legge di delegazione europea e sull’Atto Ue sui servizi di sicurezza gestiti. La Ambiente e Lavori Pubblici proseguirà le audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’utilizzo delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale nella pianificazione, nella costruzione e nel monitoraggio delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali e logistiche. Tutte le altre Commissioni, invece, non terranno seduta e torneranno a riunirsi la settimana prossima.