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La Giornata Parlamentare. Maggioranza divisa sul MES

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Sul Meccanismo europeo di stabilità voto in aula che divide la maggioranza, con FdI e Lega che votano contro e FI che si astiene.

La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.

A sorpresa la Camera vota e boccia il Mes, ma la maggioranza si spacca

La Camera mette fine al tormentato percorso del Mes. Dopo mesi di tensioni e rinvii a sorpresa la proposta di ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità presentata dalle opposizioni arriva al voto in Aula e viene bocciata da una parte della maggioranza che si divide, con FdI e Lega che votano contro e Forza Italia che si astiene. Ma anche l’opposizione si divide, con PdIvAzione +Europa che votano a favore, Avs che si astiene e i 5 Stelle, come ampiamente annunciato da Giuseppe Conte, che votano contro. Tutto si consuma già di prima mattina a Montecitorio, dove ancora è in ballo un parere della commissione Bilancio senza il quale non si poteva procedere al voto in Aula. L’ordine di scuderia sembrava quello di tenere ancora sospeso il parere e rimandare a gennaio in assemblea. Ma già nella tarda serata di ieri iniziava a circolare l’intenzione della maggioranza di arrivare invece al voto. I capigruppo di maggioranza, che si sono incontrati alle 8.30 del mattino, si presentano in commissione Bilancio con un “parere contrario” motivato con l’assenza di coinvolgimento delle Camere che perderebbero la possibilità di monitorare eventuali impatti sulla finanza pubblica (non riscontrati nel parere tecnico del Mef), che nella versione finale del parere diventano “intuibili”. 

Una forzatura, anche tecnicamente sbagliata, accusano Iv e Pd. Ma tant’è. Il parere contrario della Bilancio apre la porta alla bocciatura dell’Aula, che si consumerà di lì a poco grazie a una inaspettata inversione dei lavori proprio per consentire il voto sul Mes prima della pausa natalizia e prima dell’arrivo della manovra. La decisione sarebbe stata presa giorni fa e di “comune accordo” tra gli alleati e con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti praticamente “sconfessato” dalla sua stessa maggioranza, almeno secondo le opposizioni. Che il Mes non fosse di grande “interesse” italiano, che ha un sistema bancario “tra i più solidi” lo dicono anche da Palazzo Chigi, dove si “prende atto” del voto e si sottolinea che, anzi, “può essere l’occasione per avviare una riflessione” su “nuove ed eventuali modifiche” al Mes, “più utili all’intera Eurozona”, un ragionamento che Giorgia Meloni avrebbe già fatto a Bruxelles con Emmanuel Macron e con la stessa Ursula von der Leyen. É l’esito inevitabile di posizioni sempre “coerenti”, come rivendicano anche da Fratelli d’Italia. Se i parlamentari hanno saputo all’ultimo che si votava, della decisione non sarebbe invece stato informato preventivamente il Quirinale e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Giorgetti è pronto a sostenere il No al Mes: era ora di decidere

Se si fosse voluto tenere una porta aperta sul Mes, allora sarebbe stato meglio un rinvio. Ma quando Giancarlo Giorgetti ha preso atto della decisione politica del suo Governo di dire no, nelle varie riunioni ai vertici dell’esecutivo avrebbe spiegato che questo era il momento più adatto per sciogliere il nodo, ora che è stato chiuso il nuovo Patto di Stabilità, senza trascinare ulteriormente la questione e rispettando la scadenza del 31 dicembre. Le novità del Meccanismo non lo hanno mai entusiasmato, ma ora ci saranno delle conseguenze per l’Italia, è l’avvertimento che comunque il Ministro dell’Economia ha condiviso con i colleghi. Non si temono reazioni negative dei mercati, e ad esempio lo spread, dopo un minimo sussulto poco dopo il voto della Camera, ha chiuso quasi ai livelli di giovedì. Più che altro, non mantenere un impegno preso tre anni fa può avere ricadute sotto il profilo dell’affidabilità e della reputazione nei confronti dei partner. Quindi non è il caso di farsi illusioni sulle prossime partite europee, a cominciare dalla sede dell’Authority antiriciclaggio per cui è in corsa Roma. Negli incontri internazionali, per mesi il Ministro ha manifestato tutte le difficoltà a far convergere una maggioranza sulla ratifica. La scelta era stata devoluta al Parlamento e quindi la decisione va accettata, è la linea di Giorgetti, che è rimasto nei suoi uffici durante l’infuocata discussione a Montecitorio. 

Il suo nome in Aula è risuonato più volte e le opposizioni lo hanno chiamato in causa più volte persino invocandone le immediate dimissioni. “Dovrebbe ragionare sulle conseguenze di questo voto”, sostiene Elly Schlein. “Chi pensa che sia sfiduciato è male informato” assicura però il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo. Giorgetti, assicurano fonti a lui vicine, è tranquillo e pensa solo a portare all’approvazione la manovra entro la fine dell’anno. Il Ministro dell’Economia sul Mes rivendica un atteggiamento pragmatico. In quest’ottica vanno letti i ragionamenti condivisi ripetutamente con i colleghi di partito e di Governo, inclusi i rischi impliciti nella bocciatura della ratifica, da cui difficilmente si tornerà indietro; per sei mesi almeno non se ne parla, taglia corto una fonte di Governo. Nei consessi europei presto Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni ne misureranno gli effetti, a partire dall’Eurogruppo del 15 gennaio e dal Consiglio europeo del primo febbraio. Nel merito, Giorgetti è convinto che il meccanismo di salvataggio previsto dalla modifica respinta comunque non sarebbe servito al sistema bancario italiano. È vero, gli impegni presi con gli altri Stati andrebbero rispettati ma, è l’altra faccia della medaglia delle constatazioni del Ministro, certo ci sarà un motivo se Draghi in venti mesi non ha voluto procedere con la ratifica e perfino Conte, che aveva dato tre anni fa il via libera alla modifica sul Salva-banche, ora ha portato il M5S a votare contro. 

Le opposizioni attaccano sul Patto di stabilità ma per il Governo è una vittoria

Per il governo è la vittoria del “realismo”, per le opposizioni un flop clamoroso. La riforma del Patto di stabilità accende un dibattito ad alta tensione. Il punto di partenza è il compromesso votato a Bruxelles, che la premier Giorgia Meloni definisce “di buonsenso”. Secondo la presidente del Consiglio per l’Italia è “migliorativo rispetto alle condizioni del passato. Regole meno rigide e più realistiche di quelle attualmente in vigore, che scongiurano il rischio del ritorno automatico ai precedenti parametri, che sarebbero stati insostenibili per molti Stati membri”. Sulla stessa linea il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che sin dai primi minuti dopo il via libera dell’Ecofin aveva commentato: “Ci sono alcune cose positive e altre meno. L’Italia ha ottenuto però molto e soprattutto quello che sottoscriviamo è un accordo sostenibile per il nostro Paese”. Fin qui, toni non entusiastici ma comunque sintomatici di un clima più disteso rispetto alle ore che hanno preceduto il voto a Bruxelles. Di segno diametralmente opposto, invece, il commento dei partiti di opposizione: “Il trionfalismo con cui Fratelli d’Italia e Lega celebrano il nuovo Patto di stabilità, deciso da Francia e Germania e ratificato dall’Italia, è imbarazzante”, attacca il dem Andrea Orlando; e rincara la dose: “La stagione del Next Generation è una parentesi che si chiude quasi del tutto. Gli urrà olandesi la dicono lunga”. Anche il giudizio del M5S è tranchant: “Ci avevano raccontato che l’Italia era tornata centrale. La verità è che con questo governo siamo oltre l’essere isolati” scrive su Facebook il capogruppo M5S al Senato, Stefano Patuanelli

Per il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia l’esecutivo ha “solo trattato uno slittamento graduale degli impegni per i prossimi tre anni, fino alle prossime elezioni. Non hanno un’idea di Europa e l’Italia è sempre più ai margini”. Dura anche la reazione del co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs Angelo Bonelli: “Con questo Patto di stabilità si ritorna all’austerity e si fa un grande favore alle industrie per armamenti che ottengono che investimenti sulla difesa vengano scorporati dal rapporto deficit/Pil”. Ovviamente, di tutt’altro avviso sono i partiti di maggioranza: “I fatti dicono che il Governo ha portato a termine un negoziato complicatissimo sull’Europa sulla riforma di stabilità e crescita. Abbiamo scongiurato il possibile ripristino del precedente Patto e siamo riusciti a ottenere significativi margini di flessibilità che, per la prima volta, riconoscono uno spazio importante per la componente investimenti, per la spesa primaria sostenuta da quei Paesi che come noi sono impegnati nell’attuazione del Pnrr”, commenta in aula la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli. E Massimo Milani, deputato di Fratelli d’Italia, esprime “soddisfazione per l’approvazione del nuovo Patto di stabilità europeo, che porterà tre anni di flessibilità agli Stati membri, in particolare a quelli indebitati come Italia, Francia e Spagna. Si sarebbe potuto fare meglio ma per l’Italia si tratta di un buon risultato. Grazie al Governo Meloni s’inizia a contare di più in Europa e a migliorare alcune regole europee frutto del passato”. 

Al Senato

Dopo che ieri il Governo ha posto la questione di fiducia, l’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 10.00 per l’approvazione in prima lettura della legge di bilancio 2024 e del bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026. Una volta approvata, la manovra passerà alla Camera per essere approvata definitivamente entro la fine dell’anno.

Per quanto riguarda le Commissioni, la Politiche dell’Ue dibatterà sulla legge di delegazione europea approvata pochi giorni fa dalla Camera. Tutte le altre Commissioni invece non si riuniranno.