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La Giornata Parlamentare. L’oro della Banca d’Italia a chi appartiene? Chi lo deve gestire? Lo scontro Bce-FdI

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La Bce frena sull’oro di Bankitalia. Meloni è decisa, entro dicembre il decreto Ucraina. Critica la Lega. Meloni rilancia l’asse tra Paesi del Golfo e quelli del Mediterraneo.

La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui. 

La Bce frena sull’oro di Bankitalia. Si cercano intese sulla manovra

“Non è chiaro quale sia la concreta finalità” e per questo “le autorità italiane sono invitate a riconsiderare la proposta” anche per “preservare l’esercizio indipendente” dei compiti connessi al Sistema europeo di banche centrali, del quale Banca d’Italia fa parte. È di fatto uno stop quello che arriva dalla Bce alla norma di FdI che intende sancire che le riserve auree della Banca d’Italia appartengono al popolo. Il parere è stato richiesto dal Mef nei giorni scorsi. Nel documento firmato dalla presidente della Bce, Christine Lagarde, si sottolinea che è compito del Sistema europeo di banche centrali “detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri”. Viene anche precisato che un trasferimento delle riserve in valuta estera (comprese le riserve auree) di Palazzo Koch allo Stato eluderebbe il divieto di finanziamento monetario. Concetti ribaditi poi da Lagarde durante un’audizione al Parlamento Ue, in risposta a una domanda dell’eurodeputato del M5S Pasquale Tridico

“Il trattato è molto chiaro: la detenzione e la gestione delle riserve spettano esclusivamente alle banche centrali nazionali, e la Banca d’Italia non fa eccezione”, ha precisato. FdI però sembra al momento tenere il punto. “Sorprende l’allarmismo nato intorno all’emendamento”, replica il partito di Giorgia Meloni con il deputato Francesco Filini, responsabile del programma, “ribadisce un principio normale e cioè che le riserve auree sono di proprietà del popolo italiano” e “non mette in alcun modo in discussione l’autonomia della Banca d’Italia, al pari della stessa normativa francese, che infatti non è mai stata intesa come lesiva dell’autonomia della Banca francese”. Viene preannunciata una possibile riformulazione del Mef, dopo l’ultima limatura del testo entrata nel fascicolo della manovra, che precisa che lo scopo è una “interpretazione autentica”. 

“Sentiamo se ci sarà, vediamo qual è”, si limita a dire Lucio Malan, capogruppo di FdI a Palazzo Madama e primo firmatario dell’emendamento. “Ricorda l’oro alla patria, va ritirato”, attacca il Pd con Francesco Boccia. “FdI insiste su un tema che appartiene al bagaglio storico di una certa destra sovranista. Questo emendamento va tolto di mezzo molto rapidamente per non danneggiare la credibilità del Paese”, aggiunge il responsabile economia dem Antonio Misiani. E non è il solo tema su cui l’opposizione annuncia le barricate. Il Pd vuole risposte sulla richiesta di sopprimere dalla manovra le norme che riguardano i Lep, oggetto di una nota inviata dalle opposizioni al presidente del Senato Ignazio La Russa. Intanto la prossima settimana dovrebbero arrivare i pareri del governo e poi si potrà iniziare a votare in commissione, verosimilmente tra “giovedì e venerdì” della prossima settimana, secondo la previsione del presidente della commissione Bilancio del Senato, Nicola Calandrini (FdI). Il lavoro potrebbe andare avanti anche nel fine settimana del 13-14 dicembre. L’obiettivo resta quello di arrivare in Aula a partire da lunedì 15. 

Meloni è decisa, entro dicembre il decreto Ucraina. Critica la Lega

La linea di Giorgia Meloni è molto chiara: il decreto per rinnovare gli aiuti all’Ucraina si farà “entro fine anno”. Quella di Matteo Salvini lo è altrettanto, solo che va in direzione opposta. Da una parte la premier, tirando le fila della sua partecipazione al vertice dei Paesi del Golfo in Bahrein, ribadisce che, mentre è chiara la disponibilità di Kiev, Usa e Ue a trovare una soluzione al conflitto, “ad oggi” una inclinazione del genere “non è segnalata da parte russa”. Dall’altra c’è il vice premier che, inaugurando la sede dell’Enac, getta il cuore oltre l’ostacolo arrivando a sperare che “tra qualche mese, non anni” si possa “tornare a volare su Kiev e Mosca da Roma e Milano”. “A leggere i giornali c’è chi ha voglia di nuove guerre, io no, non ho voglia di nuove guerre. L’Italia non ha interesse a fare nuove guerre ma a riaprire ponti, magari prima di altri”. Non appare dunque causale il passaggio in cui la presidente del Consiglio sottolinea che approvare un decreto “non vuol dire lavorare contro la pace”. “Finché ci sarà una guerra noi faremo quello che abbiamo sempre fatto per aiutare l’Ucraina a difendersi”.

La parola d’ordine nel governo continua a essere minimizzare. Tanto che Meloni definisce banalmente una questione “logistica” l’eliminazione del decreto dall’odg del Cdm che si terrà domani alle 17.00. Un decreto per “prorogare l’autorizzazione a cedere mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina” che dal 2022, subito dopo l’inizio della guerra, è stato rinnovato di anno in anno e che finora ha coperto l’invio dei 12 pacchetti di aiuti. Prima della fine dell’anno, è il ragionamento della presidente del Consiglio, “c’è più di un Cdm che lo consente e quindi cerchiamo sempre di spalmare i provvedimenti in maniera tale da lavorare su quello che è più urgente”. Più o meno la linea che è stata fatta filtrare da Palazzo Chigi per negare che a mettersi di traverso fosse stata proprio la Lega. E tuttavia, a portare sulla scena il retroscena, ci pensa il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo. “Un conto è difendere l’Ucraina, altra cosa è alimentare una guerra: su armi a lungo raggio siamo contrari”. Insomma, spiega “una semplice proroga rischia di non essere allineata al percorso negoziale”. 

Fonti vicine alla premier mettono l’accento sul tempismo delle uscite di Salvini, perché sarà pure vero che c’è un lavoro diplomatico in corso sul quale bisogna scommettere ma è altrettanto vero – fanno notare i meloniani – che finora a dimostrare scarsa volontà di chiudere la guerra è stata proprio Mosca. Per questo, dalle parti di via della Scrofa c’è la convinzione che l’insistenza di Matteo Salvini sia dovuta al fatto che si sia “ringalluzzito” per l’ottimo esito della Lega alle Regionali in Veneto e si sia messo in modalità elettorale, soprattutto sui temi su cui può più distinguersi dagli alleati. 

Meloni rilancia l’asse tra Paesi del Golfo e quelli del Mediterraneo

 “L’Italia sarà per il Golfo la porta d’accesso all’Europa, darà un impulso ancora più forte a una cooperazione economica che oggi vale 35 miliardi di dollari l’anno, ma che non esprime ancora il vero potenziale della nostra relazione”. Dopo dieci anni, un leader europeo è stato invitato alla riunione del Consiglio di cooperazione del Golfo che, oltre al Bahrein, riunisce Emirati Arabi unitiQatarArabia sauditaOman e Kuwait. Per la premier Giorgia Meloni si è trattato di “un riconoscimento” del lavoro portato avanti dal governo, anche nel ruolo di mediazione svolto in Medio Oriente. E dei rapporti che è riuscita a crearsi con i Paesi del Ccg, una organizzazione creata nel 1981 a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, per rafforzare il coordinamento economico, politico e sociale tra i sei paesi che si affacciano sul Golfo arabo-persico e che si confronta separatamente con Stati Uniti ed Ue. La premier è stata accolta come ospite d’onore. Ed ha proposto di tenere a Roma un prossimo summit al quale far partecipare i Paesi del Golfo e quelli del Mediterraneo. Altra proposta: “Vogliamo porre le basi” ha detto dopo aver firmato alcuni memorandum di intesa tra l’Italia e il Bahrein “di una nuova diplomazia energetica per moltiplicare le opportunità di cooperazione tra Europa, Africa, Italia e Golfo, e offrire opportunità decisive per il successo della transizione”. 

La premessa è stata che l’Italia è “una Nazione che porta nel proprio Dna caratteristiche come il dialogo, la capacità di confrontarsi con tutti e il rispetto per i suoi interlocutori”, anche se “il dialogo non deve mirare all’omologazione o alla cancellazione delle differenze. Tutt’altro”. Ma la cooperazione tra l’Italia e i Paesi del Golfo “che alcuni vorrebbero rendere impossibile” può “prosperare riccamente per molto tempo ancora” ed essere più strutturata. Martedì sera la premier ha incontrato il re del Bahrein, Hamad bin Isa Al-Khalifa, insieme al principe ereditario e primo ministro, Salman bin Hamad Al-Khalifa e ieri ha avuto altri incontri bilaterali, tra questi con l’emiro del Kuwait, il sultano dell’Oman e il primo ministro dell’Arabia Saudita. Prima di lasciare Manama ha, infine, visitato la cattedrale di Nostra Signora d’Arabia, la più grande cattedrale dei Paesi del Golfo, diocesi che raccoglie quasi due milioni di fedeli e che comprende Arabia Saudita, Kuwait e Bahrein. 

La Camera approva ddl sull’educazione sessuale. Ira delle opposizioni

L’educazione sessuale sarà possibile a partire dalle scuole medie e solo con il “consenso informato” dei genitori. È il succo del ddl Valditara che ieri ha incassato il primo via libera della Camera tra le polemiche dell’opposizione. Se il ministro dell’Istruzione plaude ad un provvedimento che “ha a cuore la crescita equilibrata dei giovani”, il centrosinistra insorge inscenando, con oltre 50 deputati, un flash mob fuori da Montecitorio. “Più educazione, meno violenza”, “Educare per prevenire”, “L’educazione sessuo-affettiva è un diritto!”, le frasi scritte sui cartelli in piazza. Dura la segretaria del Pd Elly Schlein, che prende parte in prima persona alla protesta: “Quello che ha votato la destra è molto grave ed è il contrario di quello che servirebbe in questo Paese per contrastare la violenza di genere e per prevenirla”. “Fandonie” la risposta tagliente del relatore Roberto Sasso (Lega) “Il segretario del Pd, già nota per i suoi balletti nei carri dei gay pride, mente sapendo di mentire”. Immediata la replica del Pd attraverso una nota di tutte le deputate dem: “la destra, invece di utilizzare toni indegni per le istituzioni, dovrebbe imparare a rispettare gli avversari. Dopo le parole volgari, offensive, irridenti, omofobe pronunciate oggi, non accetteremo più lezioni di nessun tipo da chi non conosce l’alfabeto istituzionale. Sasso chieda scusa”. Vicenda chiusa? Per nulla. Sasso in serata replica postando un video nel quale si vede la segretario del Pd ballare a un pride. 

Tornando al provvedimento, il succo sta nella richiesta del consenso informato preventivo dei genitori (o degli stessi studenti se maggiorenni) per poter partecipare alle attività che riguardano i temi della sessualità. Le scuole dovranno mettere a disposizione il materiale didattico utilizzato per i progetti e richiedere loro un’autorizzazione scritta. In assenza di essa, saranno chiamate a garantire ai ragazzi “attività formative alternative”. Altro perno della norma, che attende l’approvazione definitiva del Senato, è lo spartiacque tra materne e elementari da una parte e medie e superiori dall’altra. Nei primi due casi, “fermo restando quanto previsto dalle indicazioni nazionali”, le attività sui temi della sessualità sono escluse; dalle scuole secondarie sono, invece, possibili con il benestare delle famiglie. Altro capitolo è l’individuazione dei “soggetti esterni” coinvolti nelle “attività formative”: sarà subordinata alla deliberazione del collegio dei docenti (che dovrà tener conto del “livello di maturazione” e dell’età degli studenti) e all’approvazione del consiglio di istituto. 

Alla Camera

Dopo che ieri ha approvato la legge di delegazione europea 2025 e il ddl in materia di consenso informato in ambito scolastico, nella giornata di oggi l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 per esaminare la pdl in materia di equiparazione del regime fiscale nell’applicazione dell’imposta municipale propria e dell’imposta di registro relativamente a immobili posseduti nel territorio nazionale da cittadini iscritti nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero.

Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali si confronterà sul ddl costituzionale su Roma Capitale. La Giustizia con la Finanze e le rispettive del Senato, svolgerà audizioni nell’ambito dell’esame dello Schema di Dlgs in materia di società di capitali. Alle 8.30, la Difesa, con la rispettiva del Senato, ascolterà il Ministro della difesa, Guido Crosetto, nell’ambito dell’esame del Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2025-2027. Tutte le altre Commissioni torneranno a riunirsi la settimana prossima.

Al Senato

Dopo che ieri ha approvato, in prima lettura, ddl costituzionale in materia di incompatibilità tra la carica di assessore regionale e l’ufficio di deputato della Regione siciliana, nella giornata di oggi l’Assemblea del Senato non si riunirà. I lavori dell’aula di Palazzo Madama riprenderanno martedì 9 dicembre con l’esame del decreto-legge per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di protezione civile e del ddl per la revisione delle modalità di accesso, valutazione e reclutamento del personale ricercatore e docente universitario.

Per quanto riguarda le Commissioni, la Giustizia svolgerà audizioni sul ddl per la riforma della disciplina degli ordinamenti professionali. La Politiche dell’Ue dibatterà sull’atto Ue sulle accise sul tabacco e sui prodotti correlati. La Bilancio proseguirà l’esame della Legge di Bilancio 2026, anche se i voti sono previsti dalla metà della settimana prossima e dibatterà sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di tributi regionali e locali e di federalismo fiscale regionale. Tutte le altre Commissioni torneranno a riunirsi la settimana prossima.

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