La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.
È braccio di ferro tra Tajani e Salvini su armi a Kiev e Mes
Da una parte la Lega spinge affinché gli asset russi congelati vengano “restituiti a Mosca”. Dall’altra Antonio Tajani che ipotizza l’uso dei soldi del Mes “come garanzia”. Da una parte il partito di Matteo Salvini è gelido rispetto all’idea di prorogare al 2026 l’autorizzazione a cedere armi a Kiev. Dall’altra il vicepremier e ministro degli Esteri conferma che, come ha chiarito la premier Giorgia Meloni, “entro la fine dell’anno si approverà” il decreto-legge, rimarcando che la politica estera è di competenza di Palazzo Chigi e Farnesina. Continua il braccio di ferro nel governo sulla postura rispetto al dossier Ucraina. Il decreto per allungare di un anno la possibilità di fornire armamenti al governo ucraino per ora è slittato, dopo essere stato inserito e poi espunto dall’ordine del giorno della riunione preparatoria alla vigilia del Consiglio dei ministri di ieri. Giorgia Meloni, dal Bahrein, ha assicurato: “Il decreto entro la fine dell’anno viene fatto in ogni caso perché serve. Non vuol dire lavorare contro la pace. Vuol dire che finché c’è una guerra aiuteremo l’Ucraina a potersi difendere da un aggressore”.
Il provvedimento dovrebbe approdare in una delle ultime riunioni del Cdm del 2025, per ora previste giovedì 11, lunedì 22 dicembre e lunedì 29. “La posizione è quella indicata dal presidente del Consiglio che io condivido”, ha messo in chiaro Antonio Tajani, assicurando in sostanza che l’Italia continuerà a sostenere l’Ucraina, perché le armi servono a riequilibrare le condizioni in cui l’aggredito è costretto a difendersi. “Finora la Lega” ha osservato il ministro della Difesa Guido Crosetto “ha supportato tutto ciò che il governo ha fatto, sia gli aiuti all’Ucraina sia nelle posizioni internazionali nel campo della Difesa e penso che lo farà anche questa volta”. Intanto, ha aggiunto, “bisogna mobilitare tutto il mondo per costringere la Russia a sedersi al tavolo”.
In parallelo, mentre i negoziati proseguono senza svolte, la Lega ha preso una chiara posizione contro l’utilizzo degli asset russi congelati, su cui a Bruxelles si cerca una complicata soluzione. “Se la Bce non vuole garantire dei prestiti al governo Zelensky, quegli asset non vanno toccati”, ha dichiarato il senatore leghista Claudio Borghi a La Stampa, perché “se venissero usati si infrangerebbe una barriera: vorrebbe dire che nessun bene depositato in Europa è al sicuro”. Tajani, intanto, guarda al Mes, strumento da sempre osteggiato dal partito di Salvini. “Noi eravamo contrari per diversi motivi alla riforma del Mes, ma i soldi del Mes ci sono. Il Mes c’è, è vivo e usare quei soldi come garanzia potrebbe essere una soluzione. È un’idea, vedremo, però non è una decisione unilaterale quella di scongelare i beni, questa è una decisione dell’Ue”. “Vicepremier contro vicepremier, mentre la premier Meloni tace.
Proseguono le interlocuzioni sulla manovra. È scontro sui Lep e cannabis light
L’Autonomia torna terreno di scontro. Nonostante l’allarme degli enti locali e le proteste dell’opposizione, il governo non intende retrocedere: le norme sui Lep “rimangono in manovra”, ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Una scelta che i dem hanno definito “anticostituzionale”, perché “reintroduce la definizione da parte del governo dei Lep su scuola, sanità e trasporti, già bocciata dalla Corte costituzionale”. “Abbiamo dato la disponibilità alle opposizioni, in particolare al Pd che aveva chiesto spiegazioni rispetto a questo tema, di una audizione in sede tecnica del ministro Roberto Calderoli. Questa disponibilità rimane”, ha precisato Ciriani ma “i Lep sono un tema importante che non può essere stralciato. Il tema è perfettamente ammissibile ed è perfettamente costituzionale”. Il tema è sensibile, per l’opposizione ma anche dentro la maggioranza. “Sono il prezzo che il governo deve pagare alla Lega”, ribatte il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia, riferendosi ai maldipancia in particolare dentro FI.
Crea fibrillazione anche l’emendamento di FdI volto ad eliminare il bando per la cannabis light, facendo tornare legale ma supertassata: ai Monopoli il compito di indicare i punti vendita e prevedere accise per i prodotti da compustione e una imposta al consumo al 40% sui prodotti liquidi derivati dalle infiorescenze della cannabis sativa light. Una retromarcia rispetto alla stretta recentemente imposta dal decreto sicurezza. Da FdI viene chiarito che l’obiettivo “è contrastare la diffusione e la vendita di prodotti a base di cannabis light, introducendo una super tassazione al 40%. La proposta emendativa non nasconde alcuna volontà occulta di legalizzazione di questi prodotti, come sostenuto da alcuni, ma l’esatto contrario”. In serata, la retromarcia: la proposta verrà ritirata.
Il governo intende andare avanti anche sull’emendamento di FdI sull’oro della Banca d’Italia, su quale la Bce in un parere della presidente Christine Lagarda ha avanzato forti riserve. È ancora il ministro Ciriani a confermarlo: “si può migliorare, correggere, però il tema rimane”. È probabile che entri a far parte di un pacchetto di emendamenti del governo, che arriverà non prima della prossima settimana. E questo, secondo diversi senatori, potrebbe portare a uno slittamento dell’approdo in Aula, al momento previsto per lunedì 15. Data che al momento resta confermata. Difficile, secondo l’opposizione, che si chiuda entro domenica. Il calendario della manovra si incrocia con gli appuntamenti politici: il 14 è prevista la chiusura di Atrju, la kermesse di FdI. È possibile quindi che i voti sugli emendamenti si chiudano lunedì stesso, facendo slittare la road map di qualche giorno. Intanto con le riformulazioni, i gruppi provano a far rientrare emendamenti decaduti per inammissibilità. Ci riprova FdI con Opzione donna, riproponendo la proroga e indicando nuove coperture.
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La fiamma olimpica arriva al Quirinale
Vent’anni dopo Torino 2006, la fiamma olimpica passa nuovamente nelle mani dell’Italia, pronta a ospitare a febbraio i Giochi di Milano-Cortina, i primi diffusi su un territorio così esteso, un’edizione molto attesa che segna il ritorno delle Olimpiadi Invernali in Europa, culla degli sport della neve, dopo due edizioni in Asia tra PyeongChang 2018 e Pechino 2022. Dopo l’accensione del sacro fuoco ad Olimpia dello scorso 26 novembre, la staffetta greca si è conclusa ad Atene con il passaggio di consegne alla delegazione di Milano-Cortina, nello specifico al presidente Giovanni Malagò che più di chiunque altro ha creduto in questa sfida nel lontano 2019, anno dell’assegnazione. È stato proprio lui, insieme a Jasmine Paolini, a scendere per primo dall’aereo che ha portato la fiamma a Roma, da dove sabato 6 dicembre scatterà il viaggio italiano della torcia, che toccherà tutte e 20 le regioni tra luoghi iconici e siti Unesco.
Prima, però, il sacro fuoco olimpico alloggerà al Quirinale: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel tardo pomeriggio ha accolto la lanterna che custodisce la fiamma e ha ricevuto la delegazione italiana composta, tra gli altri, da Paolini, Malagò, i due sindaci di Milano e Cortina Giuseppe Sala e Gianluca Lorenzi, il presidente e il segretario generale del Coni Luciano Buonfiglio e Carlo Mornati. Il Capo dello Stato ha posizionato la fiamma all’interno del Palazzo del Quirinale, dietro la Vetrata che si apre sul Cortile d’Onore, dove rimarrà accesa per tutta la notte. Oggi, in piazza del Quirinale, alla presenza tra gli altri della premier Giorgia Meloni e della presidente del Cio Kirsty Coventry, ci sarà la cerimonia di accensione della Fiamma e di inaugurazione del suo viaggio in tutta Italia. La torcia viaggerà fino al 6 di febbraio, si porterà questa fiamma in due calderoni, uno a Milano e l’altro a Cortina.
È scontro nel centrosinistra e nel Pd su un Ddl dei riformisti sull’antisemitismo
Scintille nel Pd sul disegno di legge a prima firma di Graziano Delrio sul contrasto all’antisemitismo. Il testo, cofirmato da un folto gruppo di riformisti dem, è stato assegnato martedì alla commissione Affari costituzionali del Senato. E ora, ad accendere la miccia, ci pensa il leader di Avs Angelo Bonelli. Che parla di un ddl “sconcertante”. “La proposta adotta la definizione di antisemitismo scritta dall’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), che qualifica come antisemita ogni critica radicale contro Israele”. Attacco dal lato sinistro del campo largo che genera non poche tensioni tra i dem, con i riformisti che alzano gli scudi. “Critiche strumentali che sanno di giustificazionismo e ipocrisia dai soliti inquinatori di pozzi”, è la difesa dell’eurodeputata Pina Picierno. Ma la controffensiva di chi è più vicino all’area della segretaria Elly Schlein non si fa attendere. “Consiglierei vivamente di non legiferare su questioni delicatissime”, dichiara il deputato Arturo Scotto in un convegno organizzato dai deputati del Pd dove vengono espresse posizioni critiche sul piano Donald Trump. Al suo fianco, il responsabile Esteri Peppe Provenzano parla di “antisemitismo da respingere con forza, ma con un’azione politica coerente”. A margine, preferisce non esplicitare la posizione della segreteria sul ddl. E neppure Schlein entra nel merito.
Ma è il capogruppo al Senato Francesco Boccia a perfezionare un contrattacco che sconfessa di fatto il disegno di legge. “Il senatore Delrio ha depositato, a titolo personale, il ddl che non rappresenta la posizione del gruppo né quella del partito”. Parole dure che sembrano non attenuare lo scontro in vista dei lavori nelle commissioni parlamentari. Tra Camera e Senato, infatti, sono ben sei le proposte depositate che insistono sulla definizione di antisemitismo e sulle strategie di contrasto al fenomeno. Ma è soprattutto la definizione di antisemitismo dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto, che si ritrova in tutte e sei le proposte, a scatenare la polemica. I più critici puntano il dito non tanto sulla definizione in sé, di poche righe, ma su alcuni esempi che vengono forniti dall’IHRA. Tra questi, “fare paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei Nazisti”, “negare agli ebrei il diritto dell’autodeterminazione, per esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo”, “applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico”.
Ma la definizione di antisemitismo non è il solo aspetto del ddl Delrio a non convincere la sinistra del partito e della coalizione. Il ddl, incalza Angelo Bonelli, “delega il governo Meloni a varare uno o più decreti legislativi in materia di prevenzione, segnalazione, rimozione e sanzione dei contenuti antisemiti diffusi sulle piattaforme online di servizi digitali in lingua italiana. Gli articoli 3 e 4 prevedono che ogni università nomini una sorta di controllore che vigili su eventuali attività interne, anche didattiche, considerate illegittime”. “Non si possono colpire e perseguire le opinioni di chi critica Israele”, aggiunge il leader di Avs. Tra i cofirmatari del ddl ci sono i riformisti dem Simona Malpezzi, Alessandro Alfieri, Alfredo Bazoli, Pier Ferdinando Casini, Tatjana Rojc, Filippo Sensi, Walter Verini, Sandra Zampa, Andrea Martella e Beatrice Lorenzin. Ma è soprattutto il primo proponente Delrio a replicare. “La definizione di antisemitismo è usata perché assunta dal Parlamento Europeo nel 2017 e dal governo Conte nel 2020, peraltro non le diamo forza di legge, a differenza degli altri progetti, proprio perché molto discussa sia da chi la giudica debole e da chi la giudica eccessiva”. dichiara. “Rafforziamo gli strumenti esistenti”, precisa la dem Simona Malpezzi.
Dopo lo scandalo si dimette da rettrice del Collegio d’Europa Mogherini
Federica Mogherini lascia l’incarico di rettrice del Collegio d’Europa. Nominata alle guida del prestigioso collegio che firma i futuri funzionati Ue nel settembre 2020, l’ex ministra degli Esteri ed Alta rappresentante Ue per la politica estera, pur esprimendo fiducia nella magistratura, non vuole trascinare l’istituzione accademica nel tritacarne delle notizie dell’inchiesta sulla presunta frode in un appalto del Servizio per l’azione esterna dell’Ue. “In linea con il massimo rigore e la massima correttezza con cui ho sempre svolto i miei compiti, oggi ho deciso di dimettermi dalla carica di Rettrice del Collegio d’Europa e di Direttrice dell’Accademia Diplomatica dell’Ue” annuncia in una nota Federica Mogherini, in seguito all’indagine sulla presunta frode negli appalti tra Seae e l’istituzione accademica. “Sono profondamente grata per la fiducia, la stima e il supporto che studenti, docenti, personale e Alumni del Collegio e dell’Accademia mi hanno dimostrato e mi stanno dimostrando”. Attestati di stima per la “sua dedizione e il suo impegno” sono arrivati anche dall’Associazione degli Alumni del Collegio d’Europa.
Il passo indietro dell’esponente italiana arriva dopo quello di Stefano Sannino, che lascia anticipando la pensione l’incarico di direttore generale della Commissione Ue per il MO, Nord Africa e Golfo. Nonostante tutte le accuse, che riguardano il presunto passaggio di informazioni dal Seae al Collegio d’Europa per un bando per avviare il progetto per l’Accademia diplomatica per i futuri diplomatici Ue, siano da provare, l’Ue vuole evitare di uscire indebolita da un ulteriore scandalo, dopo quello del Qatargate. Poco importa se le indagini del primo abbiano portato a ridurre la portata delle accuse e degli accusati. I sovranisti anti-Ue e gli attori esterni nemici dell’Europa non perdono occasione per attaccare il centro di potere di Bruxelles. La portavoce del ministero degli Esteri della Russia è tornata ad attaccare: lo scandalo è insignificante rispetto ai casi di corruzione su larga scala nell’Ue. “Mogherini non è nemmeno la prima goccia”.


