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La Giornata Parlamentare. Il centrodestra mette in cantiere la legge elettorale

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Arrestato in Libia Almasri. Le opposizioni attaccano, il Governo “sapevamo”

L’affondo delle opposizioni sul caso Almasri appare “singolare” proprio perché l’affaire che ha coinvolto il generale libico, espulso dall’Italia e riportato in patria su un volo di Stato a gennaio nonostante un mandato di cattura internazionale, era già “tutto noto”. L’esecutivo italiano era bene a conoscenza dell’esistenza di un mandato di cattura emesso dalla Procura Generale di Tripoli a carico del libico Almasri già dal 20 gennaio 2025. E in quella data il Ministero degli Esteri italiano aveva ricevuto, pressoché contestualmente con l’emissione del mandato di cattura internazionale della Procura presso la Corte Penale Internazionale de L’Aja, una richiesta di estradizione da parte dell’Autorità giudiziaria libica. Questo dato ha costituito una delle fondamentali ragioni per le quali il Governo italiano ha giustificato alla CPI la mancata consegna di Almasri e la sua immediata espulsione proprio verso la Libia.

Arriva a sera, dopo un’intera giornata di silenzi, la difesa da parte di Palazzo Chigi agli attacchi delle opposizioni dopo il fermo in Libia di Osama Al-Masri Anjim, dirigente della polizia giudiziaria a Tripoli, accusato di tortura di alcuni detenuti e della morte di uno. Secondo le opposizioni è una vicenda per la quale il Governo “deve chiedere scusa” e che ha “umiliato” il Paese ma Giorgia Meloni si dice stupita proprio perché, è il ragionamento, era noto che i libici avevano chiesto di poter catturare loro Almasri; il fatto non porta a nulla di nuovo rispetto a quanto deciso nei mesi scorsi se non le prese di posizione e gli attacchi della sinistra. È evidente che per la procura in Libia il diritto internazionale non “vale solo fino a un certo punto”, affonda la segretaria del Pd Elly Schlein ripetendo le contestatissime parole pronunciate da Antonio Tajani in tv a proposito della Flotilla diretta a Gaza poche settimane fa. Peraltro, il Ministro degli Esteri, che solitamente non si sottrare al confronto con la stampa, interpellato in Parlamento ha declinato ogni invito a commentare la vicenda, rifugiandosi in un “non me ne sto occupando” al termine del question time alla Camera, segnale, osservano le minoranze, di un evidente “imbarazzo” dell’esecutivo che “si taglia a fette”, osserva il vicepresidente di Italia Viva Enrico Borghi

Una “vergogna” per l’immagine dell’Italia, insiste Giuseppe Conte, mentre di pagina “vergognosa” parla anche il leader di Iv Matteo Renzi. Tutto “facilmente riscontrabile da chiunque” sul sito della Corte e “ampiamente illustrato” sia al Tribunale dei ministri sia alla “Giunta per le Autorizzazioni” sia “in Aula”, spiegano ancora le fonti dall’esecutivo trovando “singolare” che si parli invece di una “assoluta novità per tanti esponenti delle opposizioni”.  

Nel centrodestra si discute sottotraccia di legge elettorale

La linea ufficiale continua a essere quella del “tutto è fermo, nessuna novità”. Eppure, di legge elettorale all’interno della coalizione di centrodestra si parla da settimane. Anzi, il nodo che condizionerà tutta la fine della legislatura è stato l’argomento dominante anche nelle trattative per i candidati delle regionali di fine novembre, soprattutto tra FdI Lega. Finora la questione è rimasta pubblicamente sottotraccia. Il leit motiv è che se ne parlerà almeno a gennaio, superato lo scoglio delle imminenti elezioni e poi della manovra. La base di partenza è un modello simile a quello delle Regionali con assegnazione del premio di maggioranza

Ma se è vero che due indizi fanno una prova, ormai non ci sono più dubbi che quel cantiere sia ufficialmente aperto. Il primo è un passaggio dell’intervista a Repubblica in cui il presidente del Senato Ignazio La Russa sostanzialmente ammette la concretezza dell’ipotesi che il premierato non sia più il piano A per ottenere una riforma in senso maggioritario del nostro sistema: “Se c’è la volontà politica, si può fare. Se poi non ci si arriva, c’è la legge elettorale”. D’altra parte, a differenza di quella della separazione delle carriere, la cosiddetta “madre di tutte le riforme” è impantanata alla Camera a ormai un anno e mezzo dalla prima approvazione in Senato né è prevista un’ipotesi di accelerazione. Il secondo indizio è una dichiarazione del Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che a margine del question time alla Camera decide di rispondere alle domande; a suo dire uno dei nodi del contendere è quello dell’indicazione del capo della coalizione: per FdI è la strada da seguire ma FI frena. Con molto pragmatismo, Lollobrigida spiega che tutto “è negoziabile”, persino quel punto che invece per i meloniani è storicamente dirimente. E, tuttavia, nell’aprire formalmente la trattativa, e persino nel fare un’apertura agli alleati, di fatto il ministro dell’Agricoltura lancia loro un avvertimento. 

“L’indicazione del capo della coalizione, sul modello di quello che accade nelle Regioni, avvantaggia tutta la coalizione”, mentre “l’indicazione dei capi dei partiti, come stiamo già facendo, avvantaggia le liste e, nel nostro caso, potrebbe anche favorire FdI perché chi magari non ci vota ma vuole che il Governo continui il suo lavoro è probabile che voti per Meloni. Quindi per noi è win-win”. Un invito, o un monito, ai compagni di coalizione a fare un supplemento di riflessione. Per FI resta tuttavia il tema di essere fagocitati anche per la semplice motivazione che è impossibile togliere dal simbolo il nome di Silvio Berlusconi e quindi è necessario trovare un sistema, come appunto potrebbe essere quello dell’indicazione del leader di partito, per mettere in evidenzia il ruolo del segretario. A oggi nessuna riunione è stata fatta e non c’è nessuna convocazione programmata, ogni partito sta portando avanti i suoi approfondimenti prima del confronto. 

Scontro Fdi-Ranucci in Vigilanza sul ruolo di Fazzolari

Scontro in Commissione di vigilanza sulle rivelazioni di Sigfrido Ranucci in merito al ruolo del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che ieri avevano portato alla secretazione di una parte dell’audizione in Commissione Antimafia. La miccia si è accesa quando la deputata di FdI Sara Kelany si è opposta a una analoga procedura in Vigilanza, sostenendo che il tenore delle dichiarazioni di Ranucci non fosse tale da necessitare la secretazione, non essendoci nulla di particolarmente sensibile, e che quanto avvenuto il giorno prima in Commissione Antimafia, a seguito di una domanda del senatore M5S Roberto Scarpinato, potesse apparire come “una macchinazione per far aumentare l’alone di mistero su una vicenda destituita di fondamento”. Ranucci, di fronte a questa presa di posizione, ha quindi chiarito pubblicamente quanto di sua conoscenza: “Mi risulta che Fazzolari, dopo una nostra inchiesta sul ruolo del padre della premier Meloni che forniva droga al clan Senese, ha ispirato l’attivazione dei servizi per cercare di capire quali fossero le mie fonti e credo che qualcuno in questa Commissione lo possa confermare”. 

Il giornalista ha precisato di non aver mai detto che Fazzolari lo abbia fatto pedinare, aggiungendo che la scelta di chiedere la secretazione era dovuta alla volontà di “non rivelare in udienza pubblica nomi di persone che hanno fatto parte dei servizi segreti”. Poi ha risposto alla domanda sul perché non abbia denunciato la vicenda: “Sono un uomo figlio delle forze dell’ordine, non sono una verginella. Quando lo Stato, che è lì per la tutela anche della presidente del consiglio, dà informazioni che possono destabilizzarlo, trovo normale che i servizi possano essere attivati. Me lo sono tenuto per due anni, l’ho rivelato solo nel Parlamento europeo a seguito della domanda di un parlamentare, parzialmente perché non posso raccontare tutti gli elementi”. Al termine della seduta, la presidente della Commissione Barbara Floridia ha comunque dato via libera alla secretazione, che richiede l’unanimità dei consensi, dopo che la deputata di FdI Augusta Montaruli aveva sottolineato che il proprio partito non si sarebbe opposto alla richiesta se tutte le altre forze politiche fossero state d’accordo. 

La vittoria di Mamdani a NY galvanizza il centrosinistra 

La vittoria del socialista Zoharn Mamdani, primo sindaco musulmano di New York, galvanizza la sinistra italiana che vede nel trionfo del democratico negli Stati Uniti di Donald Trump una speranza di riscatto progressista anche a Roma. “Si torna a vincere con parole e programmi chiari su stipendi dignitosi, sanità davvero universale, sul diritto alla casa, sui trasporti e i nidi gratis per chi non ce la fa”, esulta la segretaria del Pd Elly Schlein, che rimarca come Mamdani abbia “vinto con una campagna collettiva di centomila volontari, contro i milionari che finanziavano i suoi avversari e una pesante campagna denigratoria guidata dallo stesso Trump”. “Ha vinto perché ha proposto l’università e i trasporti gratuiti, prezzi degli affitti bloccati e l’aumento delle tasse per i miliardari”, le fa sponda da Avs Nicola Fratoianni che, di slancio, rivendica: “È il nostro programma. E la vittoria di Zohran significa che si può fare, negli Usa come in Italia”. 

Anche il verde Angelo Bonelli individua nell’esito delle urne newyorkesi “la prova che quando la politica torna a parlare degli ultimi, si può battere la destra”. Secondo il leader di Iv Matteo Renzi “Mamdani ha vinto sul ceto medio, ha portato tanti giovani e ha un’ansia rottamatrice”, ma “la vera notizia della notte elettorale americana è la Virginia” dove “ha vinto una donna che lavorava per la Cia, democratica e riformista: lì è il campanello d’allarme” per Trump. Anche negli Usa “la strada per battere il trumpismo è ancora lunga. Intanto ci godiamo questa bella vittoria”, dice il segretario di Più Europa Riccardo Magi. Per il M5S non interviene il leader Giuseppe Conte ma i capogruppo di Camera e Senato Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli, che plaudono ai programmi elettorali del neosindaco e auspicano anche qui una svolta, dalle politiche abitative a quelle fiscali, in favore dei più poveri. 

Opposta la lettura della maggioranza. “Socialista, pro-Pal, pro-gender, ha dichiarato che serve togliere fondi alla polizia, che non dovrebbero esistere i miliardari e nel 2021 aveva persino strizzato l’occhio all’abolizione della proprietà privata. Ecco i nuovi idoli della sinistra”, attacca il leader della Lega Matteo Salvini. E il suo vice Roberto Vannacci rincara: “Così l’occidente celebra la sua resa”. Anche FI punge l’opposizione: “Fa sorridere vedere come la Schlein e la sinistra cerchino di appropriarsi di simboli che simboli non sono” afferma Licia Ronzulli, “New York non è l’America. E il programma di Mamdani non sta in piedi”. La deputata meloniana Ylenja Lucaselli sferza il Pd: “Avendo innalzato una figura simile a modello, Schlein e soci confermano che di democratico hanno solo il nome, avendo confinato definitivamente il partito nell’estremismo demagogico”. 

Alla Camera

Dopo che ieri ha approvato la pdl costituzionale di modifica dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia e la proposta di ratifica del Trattato Italia-Libia sul trasferimento delle persone condannate a pene privative della libertà personale, l’Assemblea della Camera nella giornata di oggi non si riunirà; è convocata domani alle 9.30 per la discussione delle interpellanze urgenti.

Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali esaminerà il decreto-legge sull’ingresso regolare di lavoratori e cittadini stranieri, nonché di gestione del fenomeno migratorio, lo schema di DPR sull’organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’istruzione, lo schema di DM sul riparto dei contributi in favore delle associazioni combattentistiche e la pdl di riforma della polizia locale. La Giustizia svolgerà delle audizioni sullo Schema di decreto legislativo relativo agli ordini europei di produzione e agli ordini europei di conservazione di prove elettroniche nei procedimenti penali e alcune sullo schema di decreto legislativo sulla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Unione. Tutte le altre Commissioni non terrano seduta.

Al Senato

L’Assemblea del Senato per oggi e per tutto il resto della settimana non terrà seduta per via dell’avvio della sessione di bilancio. L’Aula di Palazzo Madama riprenderà i propri lavori martedì prossimo con l’esame del decreto-legge per assicurare la continuità delle funzioni dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA).

Per quanto riguarda le Commissioni, la Esteri e Difesa dibatterà sullo schema di DM relativo all’acquisizione di sistemi di difesa aerea a cortissima portata contro minacce Rocket, Artillery and Mortar per le unità di artiglieria controaerei dell’Esercito e sullo schema di DM relativo all’acquisizione di Veicoli blindati anfibi dell’Esercito, sullo schema di DM relativo al completamento delle capacità di difesa NBC del 7° Reggimento difesa CBRN Cremona e sullo schema di DM relativo al rinnovamento delle capacità di combattimento delle unità del Genio dell’Esercito. Si confronterà sullo schema di DM relativo all’acquisizione di Veicoli blindati anfibi dell’Esercito (VBA), sullo schema di DM relativo all’acquisizione di munizionamento guidato a lunga gittata e di precisione per obici da 155 mm dell’Esercito italiano e sullo schema di DM sulla Prosecuzione del programma navale per la tutela della capacità marittima della Difesa. 

Infine, ascolterà i rappresentanti dell’Associazione delle Organizzazioni Italiane di Cooperazione e Solidarietà Internazionale (AOI), di LINK 2007, del Coordinamento Italiano delle ONG internazionali (CINI), della Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana (FOCSIV) e della Fondazione Associazione Volontari per il Servizio Internazionale (AVSI).

La Bilancio, congiuntamente con la Bilancio della Camera, concluderà le audizioni nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del disegno di legge bilancio 2026. A partire dalle 9.00 ascolterà i rappresentanti di Istat, Cnel, Banca d’Italia, Corte dei conti e dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Alle 14.00 audirà il Ministro dell’economia e finanze Giancarlo Giorgetti.

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