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Crosetto apre ma le opposizioni attaccano su Flotilla e Palestina
Tra i leader di Pd, M5S e Avs è un rincorrersi in attacchi e accuse alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo le parole sulla Global Sumud Flotilla definita una “iniziativa pericolosa e irresponsabile finalizzata a creare problemi al Governo”. La cassa di risonanza dell’indignazione di Schlein, Conte e dei co-leader Avs Bonelli e Fratoianni diventa l’Aula di Montecitorio con l’informativa del ministro Guido Crosetto sull’attacco alla spedizione diretta a Gaza per rompere il blocco agli aiuti umanitari. “Ferma condanna” per un “attacco inaccettabile” è arrivata dal membro del Governo, che ha poi annunciato che saranno presto due le navi della Marina Militare che vigileranno sulla sicurezza delle imbarcazioni italiane della Flotilla, ma ha anche aggiunto: “C’è un clima preoccupante, lo dico a quanti sono a bordo, e noi non siamo in grado di garantire loro sicurezza al di fuori di acque internazionali, al pari di qualsiasi altro Paese”. Quindi l’offerta di mediazione: “Stiamo lavorando perché gli aiuti vengano portati a Cipro, con la mediazione della Cei e del Governo italiano. Spero che la Flotilla accetti questa soluzione che garantirebbe di far arrivare gli aiuti a destinazione e di non mettere a rischio la sicurezza delle persone a bordo”.
La mediazione si realizzerebbe con l’apporto del Patriarca Latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, che si farebbe garante della distribuzione degli aiuti, ma la proposta che sarà rifiutata. Nel frattempo, le opposizioni continuano ad attaccare la premier: “Davvero Meloni pensa che centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza e che tra loro non ce ne fosse nemmeno una che abbia votato per lei?”, dice la segretaria del Pd, “davvero pensa che la Flotilla è contro di lei? Esca dalla megalomania”. Il presidente del M5S, da Firenze dove è impegnato in un tour elettorale, rilancia con “un vittimismo cronico e manie di persecuzione” che attanaglierebbero la premier: “Abbiamo centinaia e centinaia di cittadini imbarcati sulla flottiglia da 44 Paesi che non sopportano più questo genocidio dopo 20mila bambini palestinesi trucidati e lei ne fa una questione personale”. Lo scontro prepara la sfida Parlamentare sul riconoscimento dello Stato di Palestina.
Le opposizioni respingono, al momento, la proposta di risoluzione messa in campo dalla premier all’Onu: riconoscimento dello Stato di Palestina condizionato all’esclusione di Hamas da qualsiasi ruolo e alla liberazione degli ostaggi israeliani. “Lo Stato della Palestina lo riconosci o non lo riconosci”, risponde Schlein: “Non esiste il riconoscimento condizionato. Noi chiediamo il riconoscimento immediato. Meloni non ha cambiato la sua posizione. Mesi fa diceva che era prematuro. Cosa sta aspettando? Che non ci sia più nessuno in Palestina?”. Pd, M5s e Avs si apprestano a presentare una risoluzione comune per ribadire la richiesta al Governo di riconoscere immediatamente lo Stato di Palestina, senza ulteriori condizioni. I contatti fra i partiti sono in queste ore sempre più fitti e l’obiettivo è quello di arrivare con una posizione unitaria all’appuntamento del 2 ottobre con le comunicazioni, e il voto conseguente, del ministro Antonio Tajani in Aula. Ma a dire di “No” alla proposta del governo son anche i centristi: “La proposta di riconoscimento della Palestina avanzata dal Governo non va bene. Lo si fa escludendo Hamas, ma è difficile dire a Hamas rilascia gli ostaggi. Vi invito ad agire su questo”, dice Carlo Calenda in Aula al Senato durante l’informativa di Crosetto. Anche Riccardo Magi di Più Europa ritiene che quello di Meloni sia “un bluff” finalizzato a prendere tempo e mettere in difficoltà le opposizioni.
Rush finale del centrodestra nelle Marche e per le decisioni sulle altre regionali
Prima il risultato nelle Marche, poi il completamento del risiko delle candidature nelle altre Regioni che andranno al voto. L’obiettivo è, riferiscono dalla maggioranza, chiudere subito dopo lo spoglio delle elezioni (e l’auspicata riconferma del meloniano Francesco Acquaroli). Il comizio dei leader Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini, Maurizio Lupi e Antonio De Poli in programma martedì a Lamezia Terme a sostegno del governatore uscente Roberto Occhiutopotrebbe suggellare l’intesa. In pole, per il Veneto resta il vice 32enne di Matteo Salvini Alberto Stefani mentre si pensa a candidati civici in Puglia e in Campania. Per quanto riguarda il governatore uscente Luca Zaia, bloccato dalla legge che vieta il terzo mandato, i manifesti lanciati in settimana sono eloquenti, un segnale incontrovertibile che il suo “impegno” per il Veneto “continua”. Il leghista si candiderà capolista della Liga veneta alle regionali e il suo nome sarà inserito nel simbolo del partito (come già successo alle regionali in Friuli-Venezia Giulia con Massimiliano Fedriga, e in Liguria con Marco Bucci, anche se questi ultimi erano candidati alla presidenza, Zaia no).
Dal canto suo Zaia starebbe riflettendo su alcune opzioni rispetto al suo futuro: se candidarsi alle suppletive per il seggio lasciato vacante da Stefani, come vorrebbe Salvini, o valutare altri incarichi di nomina governativa. Un eventuale accordo su Stefani potrebbe poi comportare un riequilibrio con gli alleati della Lega riguardo l’attuale composizione del Consiglio regionale. Resta in stand by il dossier sulla Lombardia: in un’intervista il presidente del Senato Ignazio La Russa ha detto di “non escludere” che il Veneto resti alla Lega ma ha subito precisato che nella Regione attualmente governata da Attilio Fontana le personalità di Fdi sono “prevalenti” rispetto a quelle del partito di via Bellerio, se si escludono i ministri lombardi. La seconda carica dello Stato ha anche auspicato che il voto lombardo si tenga in anticipo di un anno, in coincidenza con le politiche, nella primavera del 2027. “In Lombardia si dice calma e gess. La Regione sta lavorando molto bene con il suo presidente Fontana e la sua squadra. Le elezioni regionali saranno nel 2028, ci sono ancora quasi tre anni davanti e sono molti i dossier sui quali si sta lavorando”, ha replicato il segretario della Lega lombarda Massimiliano Romeo. “Non mi sembra il momento delle provocazioni” ha poi tagliato corto il leghista “visto che siamo alla vigilia di elezioni regionali importanti e sappiamo bene che non è all’ordine del giorno la futura guida della Lombardia”.
In attesa del voto, il clima politico è sempre più teso. La maggioranza attacca
Il clima politico alla vigilia del voto nelle Marche resta incandescente. “Meloni come Kirk”: l’hanno scritto come minaccia. Ma chi vive di odio e intimidazioni” ha scritto oggi il presidente del Consiglio sui social “non sarà mai come Charlie Kirk, perché non conosce il valore del dialogo, del confronto e della democrazia. Essere accostata a lui è motivo di orgoglio: Kirk ha fatto della sua vita una battaglia per la libertà di pensiero. Chi scrive minacce sui muri resterà sempre prigioniero della violenza. Noi continueremo a camminare liberi, forti delle nostre idee”. “Mi piacerebbe che tutta la sinistra condannasse chi con la mano destra agita la bandiera della pace in Palestina e con la sinistra lancia pietre ai poliziotti”, ha affermato il leader della Lega Matteo Salvini nel suo tour nelle Marche. Riguardo al risultato di lunedì “ho dato una sbirciata a qualche numero e siamo avanti”.
“Riteniamo che possa rafforzarsi nelle Marche il buon governo del centrodestra”, ha sostenuto il segretario di FI Antonio Tajani che nel fine settimana riunirà i Ministri (ci sarà anche il responsabile dell’Interno Matteo Piantedosi e quello del Lavoro Elvira Calderone) e tutti i big del partito a Telese per lanciare il “Manifesto della Libertà” insieme con il “Pantheon di alcuni grandi personaggi della storia che rappresentano un punto di riferimento per il nostro movimento”. Si parte con “Benvenuti in Campania”, con – tra l’altro – l’intervento del segretario generale del Ppe Dolors Montserrat (in un panel presente anche Luigi Marattin, segretario del Partito Liberaldemocratico). Sempre venerdì capitolo “emozioni” con Mogol e Gianmarco Carroccia. Sabato previsti anche gli interventi di Manfred Weber, presidente del Ppe, e di Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo. Si chiude con un concerto di Gigi Finizio. Domenica ci sarà il regista Pupi Avati al tavolo sul Manifesto della libertà, prima della chiusura affidata a Fulvio Martusciello, capodelegazione FI al Parlamento Europeo, a Maurizio Gasparri e Paolo Barelli, capogruppo di Senato e Camera, a Stefano Benigni e Deborah Bergamini, vicesegretari FI, ai governatori Alberto Cirio e Roberto Occhiuto e soprattutto al vicepremier Antonio Tajani.
Giorgetti torna sulle banche e la Lega rilancia sulla rottamazione
Dopo l’upgrade del rating dell’Italia, diverse istituzioni finanziarie si sono viste migliorare il giudizio. E questo beneficio dovrebbe ora tradursi in uno “sforzo di sistema”. È il richiamo che arriva dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che torna a sferzare le banche, ma non solo, affinché traducano le loro migliori condizioni in un contributo da affiancare allo sforzo su cui il Governo è al lavoro, a partire dalla prossima legge di bilancio, per aiutare famiglie e imprese. “Una serie di istituzioni finanziarie, a cominciare dalle banche, sono state a loro volte beneficiate di un miglioramento del rating grazie al miglioramento del rating del Paese. L’auspicio è che queste istituzioni che hanno beneficiato di un’azione collettiva partecipino a uno sforzo di sistema per migliorare le condizioni, ad esempio alle imprese, per l’accesso al credito e quant’altro”, è il messaggio lanciato dal Ministro dell’Economia in videocollegamento con un evento a Venezia.
E in risposta alla frenata arrivata dall’Abi, che ha chiarito che le banche “non hanno rendite di posizione”, Giorgetti tiene il punto: “Non ho mai visto nessuno favorevole a pagare le tasse”, che per definizione sono “un sacrificio”: ma proprio per questo “dobbiamo dare un sollievo più possibile in base alla capacità di ciascuno di sopportare purtroppo questo sacrificio”. Il messaggio è chiaro, ciascuno deve contribuire per quanto può. Ma nel mondo bancario c’è preoccupazione. Il tema è spinoso anche politicamente, con la maggioranza divisa tra Forza Italia che boccia gli extraprofitti e la Lega che invece punta proprio sul contributo dalle banche come copertura per una nuova rottamazione. La proposta leghista di una rateizzazione in 120 rate su 10 anni, concretizzata in un ddl all’esame del Senato, sembra tuttavia essere avviata a un ridimensionamento in manovra. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha già messo le mani avanti, spiegando che va fatta “cum grano salis” e infatti la copertura su cui lavorano i tecnici dovrebbe aggirarsi intorno a 1,5-2 miliardi. Per questo sono allo studio dei paletti che potrebbero limitare l’ingresso ai recidivi, ovvero i contribuenti “furbetti” che aderiscono alla definizione agevolata e versano solo una o due rate per garantirsi lo scudo da pignoramenti o dagli strumenti coercitivi di riscossione.
Ma il deputato della Lega Alberto Gusmeroli, padre della proposta di legge, sostiene che alla nuova rottamazione potranno aderire anche i decaduti dalle precedenti rottamazioni. Sul fronte dei conti pubblici, intanto, Giorgetti conferma l’impegno a continuare a lavorare per “ridurre al massimo” la “spesa improduttiva”, ovvero gli interessi sul debito pubblico che sono “la spesa più odiosa in assoluto”, in modo da “creare gli spazi per la spesa produttiva meritoria o per ridurre le imposte”. La ricetta usata finora ha funzionato, spiega il titolare del Mef: migliorando le condizioni di fiducia del mercato finanziario nei confronti del Paese, infatti, “sono migliorate” le condizioni di finanziamento del nostro “enorme debito”, garantendo “un risparmio degli interessi”. Ad aiutare in questo momento è anche la riduzione dello spread, ma se oltre a quello “i tassi di interesse diminuissero guidati dalla Bce saremmo più contenti tutti quanti”, dice il Ministro.