Dopo le tensioni, Meloni e Macron tentano il riavvicinamento
Ieri, dopo mesi di tensione, si è tenuto a Palazzo Chigi l’atteso vertice tra il presidente francese Emmanuel Macron e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il bilaterale ha sottolineato che l’Italia e la Francia intendono rafforzare il loro impegno comune per un’Europa più sovrana, più forte e più prospera. Nel comunicato congiunto diramato al termine dell’incontro si evidenziano forti convergenze sull’agenda europea per la competitività e la prosperità, da attuare “in modo ambizioso e accelerato”, sulla semplificazione normativa, sugli investimenti pubblici e privati, sull’energia e sulla piena applicazione del principio di neutralità tecnologica e, più in generale, sulle condizioni necessarie a far concorrere le imprese europee ad armi pari. E questo vale anche per i settori in transizione, come l’industria automobilistica e siderurgica, che richiedono un forte impegno europeo, nonché per i settori più avanzati, come l’IA, le fonti di energia decarbonizzate rinnovabili come il nucleare e lo spazio, dove i nostri interessi bilaterali ed europei sono collegati.
E ancora, dall’incontro è emerso che il prossimo vertice bilaterale avrà luogo in Francia all’inizio del 2026, anche con l’obiettivo di valutare e aggiornare il programma di lavoro che specifica gli obiettivi della cooperazione bilaterale previsti dal Trattato del Quirinale entrato in vigore nel 2023. Il bilaterale ha infine toccato il tema del conflitto russo-ucraino: Italia e Francia hanno convenuto che, oggi, è ancora più necessario raggiungere una soluzione equa e duratura, presupponendo al contempo “un ambizioso cambiamento di scala nella difesa europea”, sia in termini d’investimenti che di sostegno alla base di difesa industriale e tecnologica europea. I due Paesi hanno affrontato anche altre questioni di sicurezza di rilievo per l’Europa, in particolare in Medio Oriente e in Libia, e di coordinamento delle proprie posizioni in tema di relazioni transatlantiche, nonché sulla sicurezza economica e commerciale dell’Ue.
In buona sostanza, Italia e Francia si riavvicinano dopo mesi complicati e lo fanno grazie a un incontro fra i loro due leader. Troppe le tensioni emerse nell’ultimo periodo ma che, tuttavia, il titolare dell’Eliseo sembrerebbe ora voler mettere da parte. Macron, d’altronde, si trova in una posizione di debolezza a livello interno ed europeo e, anche per questo motivo, un riavvicinamento con la Meloni potrebbe essere la vera carta da giocare per il presidente francese. In patria Macron guarda all’orizzonte temporale di giugno: il suo Governo di minoranza poggia sull’astensione del Rassemblement National di Marine Le Pen, ma dal mese corrente decade il periodo che impedisce lo svolgimento di elezioni parlamentari. Sebbene la leader della destra francese sia attualmente impossibilitata a candidarsi, non si può escludere che decida nuovamente di effettuare uno “strappo” e mettere in difficoltà il governo di centrodestra costruito lo scorso anno da Macron con il sostegno dei Repubblicani.
Anche nel contesto europeo la situazione del presidente francese non è semplice. La Germania sembra essere definitivamente tornata con l’ascesa di Friedrich Merz, che vuole riportare la Germania alla guida dell’Ue e, nonostante i rapporti con Macron siano positivi, è ovviamente più interessato a un’Europa a guida tedesca e non necessariamente “franco-tedesca”. La vittoria di Karol Nawrocky alle presidenziali polacche, d’altro canto, mette in crisi la prospettiva macroniana di ricostituire il cosiddetto “Triangolo di Weimar”, composto per l’appunto da Francia, Germania e Polonia. Per Giorgia Meloni il disgelo può rappresentare un’occasione per accrescere il suo ruolo e la sua centralità nella politica estera italiana ed europea.
Pd, M5S e Avs al rush finale per i referendum. La Schlein suona la carica
Le amministrative, il referendum e le regionali: se i risultati arriveranno per Elly Schlein, Giorgia Meloni “farebbe bene a preoccuparsi”. La segretaria del Pd lo dice all’inizio della settimana che segna la volata finale verso una consultazione referendaria che per i vertici dem appare come la “battaglia della vita”. E questo per almeno tre ragioni di cui la prima è senz’altro la “spallata” che un buon risultato alle urne rappresenterebbe per il Governo. Schlein e il suo stato maggiore vedono crescere l’interesse dell’opinione pubblica sui cinque quesiti sui quali Pd, M5S e Avs chiedono cinque sì. Raggiungere il quorum rimane un sogno ma il superamento della quota di 12 milioni di votanti sembra a portata di mano. Se dovesse essere raggiunta e superata, Schlein potrebbe rivendicare di avere portato alle urne, assieme agli alleati, lo stesso numero di persone che ha consentito a Meloni di arrivare a Palazzo Chigi. E, con questo, dimostrare che anche chi due anni fa ha votato per Meloni oggi guarda altrove.
“Meloni ha paura della partecipazione e ha capito che tanti italiani, anche quelli che hanno votato per lei, andranno a votare”, dice la segretaria commentando l’idea della premier di andare al seggio senza ritirare la scheda elettorale. La seconda ragione è che una vittoria o, anche, una buona partecipazione al referendum promosso dalla Cgil contro il Jobs Act segnerebbe un risultato importante nella partita interna al Pd, fra il nuovo corso rappresentato dalla stessa Schlein e l’ala riformista contraria all’abrogazione del Jobs Act renziano. Incassato un risultato positivo al referendum, la Schlein potrebbe presentarsi in Assemblea nazionale, da convocare prima dell’estate, per puntellare la linea del Pd rispetto alle fibrillazioni interne e suggellare, così, anche l’asse con il sindacato. Le occasioni d’incontro con il leader Cgil Maurizio Landini, assieme agli alleati progressisti Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, non sono mai state così frequenti, l’ultima ieri a Bari dove il fronte per l’abrogazione del Jobs Act si è ritrovato per il rush finale: un segnale positivo anche in vista del test regionali.
È polemica sull’8×1000. Zuppi deluso e il Governo ribatte
Polemica aspra sull’8 per mille, con il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che ha espresso “delusione per la scelta del Governo di modificare in modo unilaterale le finalità e le modalità di attribuzione dell’8 per mille di pertinenza dello Stato”. È una scelta che va contro la realtà pattizia dell’accordo stesso, che ne sfalsa oggettivamente la logica e il funzionamento, creando una disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica che le altre confessioni religiose firmatarie delle intese con lo Stato”. Ma in serata è arrivata una replica da fonti del Governo dove si è precisato che in realtà è stata soltanto fissata una sesta finalità: “La modifica all’articolo 47 della legge 222/85 fu introdotta dalla maggioranza parlamentare che sosteneva il governo Conte 2 con la legge n.157 che convertiva il dl 124 del 26/10/2019. Si introdusse la possibilità per il contribuente di poter scegliere direttamente, in caso di scelta dell’8×1000 allo Stato, a quale delle cinque tipologie di intervento destinare il proprio contributo. Nel 2023 il governo Meloni ha semplicemente inserito una sesta finalità al fine di poter sostenere le comunità di recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche”.
Da Bologna Zuppi, come ha riferito il Sir, ha tuttavia tenuto a ricordare “che quella fonte di risorse ci permette di essere vicini alle esigenze delle persone e a coloro che sentiamo più vicini alle nostre preoccupazioni: la lotta alla povertà, l’educazione, le tante emergenze in Italia e nel mondo”. Queste “sono una parte importante del nostro sforzo, per tutti. Restiamo comunque fiduciosi nella composizione del contenzioso”. Duro il leader di Iv Matteo Renzi per il quale “la scelta del Governo di andare contro la Cei e contro la Chiesa Cattolica sull’8 per mille è l’ennesima dimostrazione di un modo di concepire le Istituzioni arrogante e sordo al confronto. Togliere alla Chiesa Cattolica quello che le spetta in virtù del Concordato e farlo perché magari non si condivide la posizione della Cei sui migranti è l’ennesimo colpo di testa del duo Meloni-Mantovano”.
Alla Camera
Dopo che ieri è stato approvato di decreto Pnrr e scuola, nella giornata di oggi e per tutto il resto della settimana l’Assemblea della Camera non si riunirà. I lavori dell’Aula di palazzo Montecitorio riprenderanno martedì della settimana prossima con l’esame del decreto sull’organizzazione e la gestione delle esequie del Santo Padre Francesco e la cerimonia per l’inizio del ministero del nuovo Pontefice.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Ambiente, assieme alla Trasporti, svolgerà delle audizioni sul decreto-legge per garantire la continuità nella realizzazione d’infrastrutture strategiche e nella gestione di contratti pubblici, il corretto funzionamento del sistema di trasporti ferroviari e su strada, l’ordinata gestione del demanio portuale e marittimo, nonché l’attuazione d’indifferibili adempimenti connessi al Pnrr. Tutte le altre Commissioni, invece, non terranno seduta e torneranno a riunirsi la settimana prossima.
Al Senato
L’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 10.30 per l’approvazione definitiva del decreto-legge sicurezza. Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali dibatterà sul ddl relativo all’ordinamento giurisdizionale e alla Corte disciplinare.
La Giustizia dibatterà sul decreto-legge per il differimento del termine in materia di responsabilità erariale, sul ddl sul procedimento sommario per la realizzazione del credito, sul ddl sull’Albo dei grafologi, sul ddl sul processo telematico, sul ddl in materia di successioni, sui ddl in materia di attribuzione del cognome ai figli, sul ddl per la determinazione del valore dell’immobile espropriato, sulla proposta d’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini e sul ddl in materia di consulenti tecnici d’ufficio. Proseguirà il ciclo di audizioni e si confronterà sul ddl per il contrasto alla violenza sulle donne.
La Affari Esteri esaminerà il ddl per la partecipazione italiana a Banche e a Fondi multilaterali di sviluppo. La Politiche dell’Ueesaminerà l’Atto Ue sugli aspetti istituzionali della strategia commerciale dell’Unione europea. La Cultura esaminerà il ddl sugli alunni con alto potenziale cognitivo. La Ambiente dibatterà su diverse proposte di nomine di Autorità portuali, sul ddl sulla legge quadro in materia di interporti e sul decreto alluvioni e Campi Flegrei. La Industria esaminerà i ddl sulla produzione e vendita del pane, il ddl sui tartufi, i ddl per la valorizzazione della transumanza e i ddl per la riduzione dello spreco alimentare.
La Affari Sociali esaminerà il ddl sui fondi di solidarietà bilaterali, il ddl sulla sicurezza del lavoro nelle scuole e per la tutela delle vittime amianto, i ddl sulla prevenzione e cura dell’obesità, i ddl per il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante, i ddl per la tutela delle persone affette da epilessia, il ddl sulla retribuzione dei lavoratori, i ddl sulla salute mentale, i ddl per l’inserimento lavorativo persone con disturbi dello spettro autistico, i ddl relativi ai disturbi del comportamento alimentare e il ddl per le semplificazioni in materia di lavoro e legislazione sociale.