La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.
La Meloni stringe su manovra dopo il vertice di maggioranza
Affitti brevi, estensione dell’iperammortamento, dividendi, l’ampliamento esenzione dell’Isee sulla prima casa, e misure per favorire l’emersione dell’oro da investimenti. Parte da qui il lavoro di ulteriore definizione della manovra. Il vertice di maggioranza mette nero su bianco i temi delle battaglie comuni. E serra i ranghi proprio mentre iniziano ad emergere i primi distinguo. Per serrare i ranghi e garantire uno svolgimento ordinato dei lavori in Senato, la premier Giorgia Meloni riunisce la maggioranza a Palazzo Chigi. Partecipano i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il leader di Nm Maurizio Lupi, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il suo vice Maurizio Leo e i capigruppo di maggioranza. Un confronto di circa due ore, che Palazzo Chigi definisce “proficuo e costruttivo”. E cui, per chiudere il cerchio, seguirà un altro appuntamento “conclusivo”, già fissato per la prossima settimana, “alla luce delle proposte emerse e su cui il governo sta proseguendo l’attività di approfondimento”. Tra le ipotesi emerse durante il confronto c’è un eventuale ulteriore aumento dell’Irap (di 0,5 punti) su cui preme la Lega.
Praticamente certa invece una riduzione della cedolare secca sugli affitti brevi al 21%: l’ipotesi sul tappeto è quella di applicarle l’aliquota ridotta fino a tre immobili. Il percorso della legge di bilancio in Parlamento certo è appena iniziato. I partiti sono reduci dal lavoro di scrematura dei segnalati. Ma tra i senatori c’è già chi rumoreggia e scalpita. FI fa sapere di aver indicato più emendamenti di quelli assegnati (70 rispetto ai 39 previsti) perché “per noi conta il confronto reale che avverrà in Commissione”, spiega Maurizio Gasparri. E visto che il regolamento del Senato mantiene di fatto in vita tutte le proposte, c’è già chi minaccia di sfoderare l’arma di mettere tutto in votazione. Tra i segnalati spuntano la proposta di FdI di ampliare la detassazione dei contratti, quelle della Lega per un Piano casa con 877 milioni di risorse e per dare tre mesi in più alle imprese per l’iperammortamento.
Da Forza Italia arriva la proposta di proroga al 2028 del bonus casa, ma anche alcuni emendamenti destinati a far discutere. A partire dalla riduzione delle sanzioni per mancato o ritardato pagamento dei contributi per i lavoratori: proposta del senatore Claudio Lotito, che firma da solo 13 proposte (30 insieme ad altri). Lotito propone poi di cancellare il divieto alle pubblicità indiretta di scommesse e di introdurre una stretta sulla partecipazione dei fondi nelle squadre di calcio. Fi segnala anche la tassa sull’oro, proposta che accomuna gli azzurri alla Lega, insieme ai ristori per gli ex azionisti della Popolare di Bari. Fi e Lega si dividono invece sul blitz del partito di via Bellerio per ridurre da 90 a 70 euro il canone Rai. Un altro screzio tra alleati si consuma sui condoni. FdI ne propone quattro, ma per il leader della Lega Matteo Salvini la soluzione è un’altra: 6 mesi di tempo alle PA, prima di far scattare il silenzio-assenso. Il partito della premier insiste infine sulle riserve auree della Banca d’Italia, trovando un alleato nel senatore leghista e relatore della manovra Claudio Borghi.
Ue al bivio su Unicredit. Tajani è chiaro: “evitare l’infrazione”
Le ore sono decisive, i contatti sotterranei più che mai vivi. Sulla procedura di infrazione dell’Ue contro l’Italia per la vicenda Unicredit-Bpm i giochi non sono chiusi. Il pacchetto delle infrazioni che la Commissione Ue aggiorna mensilmente è pronto, sulle scrivanie degli uffici del Palazzo Berlaymont. È in questo pacchetto che, in teoria, potrebbe esserci anche la procedura dell’esecutivo comunitario contro il Dpcm che interveniva su Unicredit-Banco Bpm. L’operazione bancaria è stata ritirata, il decreto è tuttavia in vigore. I termini per un intervento della Commissione restano attuali. Eppure, la possibilità di un ulteriore rinvio è viva. C’è un dato, innanzitutto, da sottolineare. L’aggiornamento delle procedure di infrazione viene comunicato di giovedì. Questa volta, invece, è stato rimandato inusualmente a venerdì. A questo aspetto vanno aggiunte le parole del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani “Adesso credo che il problema vada risolto e si possa poi alla fine evitare l’avvio della procedura d’infrazione e arrivare a trovare una soluzione positiva lavorando con Bruxelles, con il dialogo, con il confronto”, ha sottolineato.
Tajani era al Consiglio Affari Esteri Ue, ma non si esclude che abbia avuto contatti a più ampio raggio con la Commissione. Del resto, il leader di FI ha sempre sostenuto l’esigenza di rispettare il diritto comunitario sul tema golden power, ponendosi in una posizione ben diversa da quella dell’altro vicepremier Matteo Salvini. Le parole di Tajani potrebbero non essere state casuali. E a fargli idealmente da sponda ci sono le affermazioni della commissaria Ue ai Servizi Finanziari Maria Luis Albuquerque. Nel corso di una conferenza stampa, rispondendo a chi gli chiedeva di un possibile rinvio della decisione di Bruxelles viste invio le relazioni tra Ursula von der Leyen e la premier italiana Giorgia Meloni, Albuquerque ha replicato: “Ne ho già parlato in diverse occasioni e ribadisco quanto già detto: non commentiamo su decisioni che non sono ancora state prese”.
Il Governo riflette sulle armi a Kiev e apre sugli asset russi
I vertici del governo italiano aspettano la formalizzazione del piano di pace degli Usa e al momento non si sbilanciano in commenti sull’iniziativa di Donald Trump. Mentre a Washington il presidente Usa attende le risposte di varie capitali europee sul Purl, il meccanismo di acquisto di armamenti statunitensi da fornire all’Ucraina. A Roma si è ancora in fase di studio e riflessione, come sta accadendo in altri grandi paesi Nato, spiegano fonti italiane, precisando che comunque il sostegno a Kiev è immutato (così come esplicitato dal Consiglio supremo di difesa lunedì). E continua bilateralmente: con il dodicesimo pacchetto di aiuti militari in arrivo e con quello di forniture energetiche (a partire dai generatori), che per Volodymyr Zelensky non è meno importante con l’inverno alle porte. In questo quadro di attesa, dall’Italia si apre a sorpresa uno spiraglio per la soluzione sull’utilizzo dei beni russi congelati per sostenere l’Ucraina. “Siamo favorevoli” spiega il ministro degli Esteri Antonio Tajani “però bisogna individuare la base giuridica che permetta di fare questa scelta. C’è solo una questione giuridica, non è una questione politica. Bisogna vedere come si può fare e come garantire anche la stabilità dell’eurozona”.
Un’apertura che però il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini ritiene “estremamente pericolosa”. “Ci esponiamo a mille problemi in un momento in cui si legge di piani di pace, di proposte americane, di espropri non ritengo che sia il caso di parlarne”. In un contesto internazionale e interno tutto da definire, Giorgia Meloni riflette sulle prossime mosse da fare nella complessa partita ucraina e si prepara a partecipare al vertice del G20 in Sudafrica. È il primo G20 meno uno, senza gli Stati Uniti, e con vari grandi leader assenti, a partire dal cinese Xi Jinping. Ma è anche il primo in Africa. E questo bilancia un po’ il peso dell’agenda della premier, che in una missione di cinque giorni sarà prima al summit a Johannesburg e poi in Angola per il vertice Unione europea-Unione africana: un doppio appuntamento funzionale alla strategia di cooperazione avviata dal governo attraverso il Piano Mattei.
Dopo il chiarimento Mattarella Meloni è ancora tensione sul caso Garofani
Il colloquio fra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni ha scongiurato lo scontro istituzionale ai massimi livelli. Ma gli attacchi del centrodestra, in particolare di FdI e Fi, si concentrano sul consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani, al centro della polemica sollevata dal quotidiano “La Verità”. Le considerazioni che filtrano dal Colle sono di presa d’atto di un caso istituzionale che si è sgonfiato, che si è chiuso con le dichiarazioni dei capigruppo di FdI: “Si è sgonfiato il risibile complotto, stanno emergendo via via dettagli sempre più grotteschi della presunta spy story: cene conviviali, tavolate di tifosi, autori improbabili, mail notturne da indirizzi misteriosi e attribuzione di parole mai pronunciate come “scossone”. “Mi pare che l’incontro tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica abbia concluso questa vicenda” ha confermato il ministro degli Esteri Antonio Tajani “Il problema non era in ogni caso il Presidente della Repubblica, per il quale portiamo tutti grande rispetto”. Le affermazioni che La Verità attribuisce a Garofani, come l’auspicio di un intervento della “provvidenza” che eviti la vittoria del centrodestra nel 2027, “sono state un gesto chiaramente incauto e inopportuno”, insiste però il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (Fi).
Col passare delle ore, è venuto a galla qualche malumore anche nel Pd. Perché, secondo La Verità, durante quella cena romana, il collaboratore del Capo dello Stato avrebbe anche auspicato la nascita di un nuovo Ulivo, con l’azione dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, e “un intervento ancora più incisivo di Romano Prodi”. Parole che suonano come stoccata al campo largo e, soprattutto, alla segretaria Pd Elly Schlein, che negli ultimi tempi è stata più volte al centro delle critiche di Prodi. “Garofani”, ha sintetizzato il senatore meloniano Scurria “dice che la segretaria del Pd non è in grado”. “No, è stato proprio FdI ad aprire il caso” è l’interpretazione del presidente M5S, Giuseppe Conte “e lo ha fatto per una distrazione di massa, perché non vogliono parlare della legge di bilancio, delle difficoltà delle imprese, delle famiglie”.
Non solo, con questa vicenda, ha aggiunto la dem Chiara Gribaudo, “mi pare che si voglia distrarre anche rispetto alle divisioni del centrodestra sulle grandi questioni, come la tenuta sul fronte ucraino e russo”. L’accenno è alla riunione di lunedì del Consiglio supremo di difesa, presieduto proprio da Garofani, quando Mattarella avrebbe usato, si racconta in ambienti parlamentari, toni decisi nel chiedere al governo continuità sugli aiuti all’Ucraina, anche alla luce delle diverse posizioni all’interno della maggioranza, con la Lega che frena. Insomma, un clima non disteso, su cui avrebbero influito le perplessità del ministro della Difesa Guido Crosetto, si racconta ancora nei medesimi ambienti, sull’adeguatezza di Garofani a ricoprire un ruolo così delicato. Il vertice fra Meloni e Mattarella pare comunque aver allontanato i dubbi del centrodestra sul Colle. “Mi sembra che si siano chiariti”, ha detto il segretario della Lega, Matteo Salvini.
L’Ilva accende lo sprint di Decaro in Puglia, Pd attacca il Governo
Le ombre sull’Ilva che verrà e l’eco della mobilitazione a Taranto incombono sul rush finale della campagna elettoralein Puglia. E nel giorno in cui gli operai occupano l’acciaieria della città sui due mari e il governo allarga, all’impianto tarantino, il tavolo con i sindacati (convocato il 28 novembre), la politica si dà battaglia. Tema che, insieme alle “liste pulite”, sembra rianimare un po’ una sfida vissuta in sordina. Pesa il buon vento che soffia per Antonio Decaro, l’eurodeputato Dem che corre per il “campo largo” e premiato dai sondaggi rispetto a Luigi Lobuono, l’imprenditore prestato al centrodestra. A smontare, sarcastico, la vulgata ci prova Maurizio Gasparri: “Gli altri si sentono favoriti, a noi ci danno per sfidanti ma a volte vince lo sfidante”. Sul futuro dell’ex Ilva, Antonio Decaro spinge per l’intervento del governo. Al suo fianco Matteo Renzi, che lo raggiunge a Bari e sentenzia: “L’Ilva è l’esempio del fallimento del governo”.
Ma è soprattutto la segretaria del Pd a battere sulla vertenza. Elly Schlein chiama in causa la premier: Giorgia Melonisi assuma direttamente la responsabilità politica e istituzionale della partita “senza ulteriori scaricabarile” mentre il ministro delle Imprese, Adolfo Urso “si faccia da parte”. Chiede inoltre a Palazzo Chigi di ritirare il piano industriale, che ha fatto infuriare i lavoratori, e di guidare “urgentemente” una cordata che, insieme alle grandi partecipate pubbliche, investa soldi “per avviare davvero il percorso di decarbonizzazione e garantisca continuità produttiva e la salute dei cittadini”. Un po’ a sorpresa e quasi pro domo suo, Matteo Salvini si allinea sull’azione dello Stato. “Lo Stato deve esserci”, dice il vicepremier leghista. Non spiega come, respinge al mittente le lezioni della sinistra ma guarda al suo ministero delle Infrastrutture e argomenta: “Io sto aprendo una marea di cantieri e ho bisogno di acciaio. Ci sono 200 miliardi di opere pubbliche aperte e non vorrei costruire opere andando a prendermi l’acciaio in Turchia o altrove”. Anche il leghista è tornato in Puglia e chiude simbolicamente la sfida delle regionali “La partita è aperta, non ci sono missioni impossibili, non bisogna rassegnarsi”.


